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Essere un vampiro è una figata o una merda?

Essere un vampiro è una figata o una merda?

In questi giorni sto giocando a Pathfinder: Wrath of the Righteous, un ponderoso BGIIRPG basato sull’ancora più ponderoso sistema di regole omonimo. È un gioco basato sui demoni, pieno di demoni, popolato di demoni, insomma ci sono demoni ovunque, di ogni tipo, da Baphomet agli incubi e alle succubi, dai ghoul al Babau (giuro!). Nonostante quest’abbondanza demoniaca, sono intorno alle sessanta ore di gioco e solo ieri sera mi è capitato di incontrare finalmente il mio primo vampiro. Stava in un dungeon, addormentato nella sua bara, e avvicinandomi ho ricevuto l’invito a “premi X per uccidere vampiro”. L’ho fatto e mi sono beccato del grasso loot, poi ho proseguito i miei viaggi e sono andato a fare a botte con un minotauro. Mentre usavo le sue stesse corna per cavargli gli occhi, però, continuavo a ripensare a quel povero vampiro. Chi era? Quanti anni aveva? Se l’avessi incontrato di notte sarebbe stato sveglio? Cosa te ne frega della differenza tra giorno e notte se vivi in un dungeon sotterraneo e senza finestre? E soprattutto: essere un vampiro è davvero una figata come ti dicono, oppure è una merda come sembra dimostrare l’anonimo succhiasangue che ho freddato in Wrathfinder: Right of the Patheous?

Non è in realtà una domanda estemporanea suscitatami da questo patetico episodio; è una cosa che mi chiedo da anni, e d’altra parte c’è una buona fetta di letteratura (in senso lato, non solo “i libri”) vampirica, quella che sta dalla parte del mostro e non dell’uomo, che di fatto esiste esclusivamente per rispondere a questo quesito. Ogni volta che giocando a un giochino (o guardando un film, ma qui mi interessano i giochini per ragioni di interazione) mi capita di avere a che fare con un vampiro, o di avere la possibilità di diventare io stesso un vampiro, mi ritrovo di fronte alla stessa domanda: chi/cosa gli/me lo fa fare? E in quello stesso istante, dall’altro lato di quella wunderkammer che è il mio cervello, una voce ulula: “FIGATA! FACCIAMOLO!”.

I vampiri sono immortali, dicono, e questo è sufficiente per far pendere la bilancia dalla parte del FIGATA, aggiungono. Immortali ma non invulnerabili né invincibili, e se da un lato il vivere per sempre o comunque molto a lungo è un gancio narrativo sempre efficace (pensate a Spike, Angel, Drusilla e Darla in Buffy, che sono praticamente i Forrest Gump del mondo vampiro), all’atto pratico interpretare un personaggio che può vivere potenzialmente all’infinito non è poi questo gran vantaggio – prima o poi mi capiterà di morire nella vita vera, e allora a cosa mi serve che il mio avatar possa andare avanti senza di me? In generale, a cosa serve l’immortalità nei videogiochi? Se in questo momento mettessi su il primo Zelda potrei lasciare Link nella prima schermata per i prossimi centovent’anni senza vederlo invecchiare di una briciola: significa che anche lui è un vampiro?

Come dicevo, poi, il vero dramma è che “immortale” non significa né “invulnerabile” né “invincibile”, cioè: bello vivere per sempre, se però ti fai dei nemici è probabile che non succeda. La vulnerabilità d’altra parte è componente fondamentale del mito: un vampiro impossibile da sconfiggere è una divinità, non un mostro; un’intera genìa di creature immortali non sarebbe stata credibile, perché avrebbe dovuto già conquistare l’intero pianeta. È proprio sapere che puoi sconfiggerlo che rende il vampiro più credibile, e dunque più spaventoso. E quindi: aglio, crocifissi, paletti di frassino (o di legno generico, non so come funzioni con il compensato IKEA, per dire), il solito armamentario che in un videogioco serve a indicare che stai per incontrare un vampiro, e che raramente è interessante di per sé – ci vuole almeno un guizzo per trasformare questi oggetti in una meccanica interessante, che sia il crocifisso di Castlevania o la Bibbia del clamoroso Vampire Survivors.

E poi c’è la debolezza definitiva, quella sì sufficiente a definire un intero gioco se usata con criterio: i vampiri non possono esporsi al sole, pena la morte/esplosione/trasformazione in mucchio di cenere/altre fini orribili (vedasi). Che a parte tutto, al di là del discorso giochini – ma che merda è? Il buio è bello, intendiamoci, ma non ci vivrei, non per il 100% del mio tempo; quanto è scomodo non vederci mai un cazzo?! “Eh ma il vampiro ha la vista a raggi infrarossi/ultravioletti/ci vede al buio/usa l’ecolocazione come un pipistrello”. Ah wow, quindi dovrei accettare di vedere la realtà a tinte verdastre in cambio di cosa? dell’immortalità? vivere per sempre o vivere stravaccato in giardino in un pomeriggio di maggio sorseggiando del vino e contemplando la futilità dell’esistenza?

Nei giochini questa roba del sole che ti uccide è sempre stata una mezza delusione, perché di fatto si traduce sempre in un gioco a rimpiattino con le texture, l’equivalente ludico di quando ti impegni per non calpestare le righe che ci sono per strada. Texture scure = sei al sicuro, texture chiare = IL SOLE!, con poi l’aggravante delle differenti interpretazioni di questo divieto eliofobico: ci sono vampiri che esplodono appena vengono sfiorati da un raggio del nostro astro, altri ai quali basta coprirsi il capo per farla franca. Ho sempre pensato nella mia ingenuità che il concetto di “NO AL SOLE” fosse più che altro simbolico, qualcosa di legato all’alba e al tramonto per dire, non alla presenza o meno di luce diretta; cioè: se è mezzogiorno ma il cielo è nuvoloso, un vampiro può uscire all’aperto o rischia comunque?

Secondo me rischia, perché la differenza tra giorno e notte è un concetto prima ancora che una realtà fisica. Nei giochini questa cosa non vale quasi mai, il sole è letteralmente lava solo se ti tocca direttamente e la sua presenza smette di essere filosofica per diventare semplicemente geometrica, più platform che immersive sim. Ultimamente ho dedicato un po’ di tempo a V Rising, che è un perfetto rappresentate di questa scuola di pensiero: è carino, ma ci mette un attimo a diventare goffo e meccanico nel momento in cui “sopravvivere al sole cocente” significa di fatto schizzare da una macchia d’ombra all’altra o campeggiare sotto le fresche frasche di un albero in attesa della notte. Sapete chi lo faceva bene? Morrowind (ne ho scritto qui), che ti impediva di uscire di casa dalle sei del mattino alle otto di sera pena un DOT costante, rapidissimo e potenzialmente letale. E sapete cosa? Era una rottura di palle, perché passavi la maggior parte del tempo a dormire per far trascorrere la giornata, dopodiché poi avevi un tempo limitato per giocare effettivamente al gioco. “Ma è quello che succede ai vampiri!”, certo, ma i vampiri hanno davanti a loro l’eternità, non 50/70 ore di gioco a seconda che tu faccia le quest secondarie o meno.

Ammettiamo però che questa storia del sole sia sopportabile e addirittura aggirabile scegliendo con cura il proprio luogo di residenza (cfr. il sullinkato 30 giorni di buio, o anche Lasciami entrare). Un vampiro ha i superpoteri! Di certo questo basta per dichiararlo superiore a un essere umano, no? Vediamo, cos’è che fanno i vampiri di solito? Per esempio volano, e a volte per farlo si trasformano in un nugolo di pipistrelli. E sì, questo è una figata, e lo è fin da quando avevo sette anni e mi regalarono Kid Dracula per Game Boy, nel quale il piccolo vampiro non solo poteva trasformarsi in pipistrello ma anche fare robe non da vampiro tipo tirare palle di fuoco, e di congelare i nemici sul posto. Che è poi l’equivalente pratico del fatto che i vampiri ti ipnotizzano e possono controllare la tua mente: questo è senza dubbio un potere utilissimo, ma non credo sia necessario diventare un non-morto per imparare a padroneggiarlo.

Anche perché lo sappiamo, è cosa nota: ipnotizzare, charmare, convertire alla tua causa nei videogiochi è, nove volte su dieci, una di quelle robe che ti vengono offerte ma che nessuno usa mai, perché le mazzate in faccia sono sempre più comode. È un potere da hipster, “uuuh riesco a influenzare il tuo pensiero”, ma fino a cinque minuti fa non ti stavi mica vantando del fatto che sai volare e puoi trasformarti in una nuvola di pipistrelli? E mo’ stai qui a pontificare sulle psyop, e non sul fatto che hai una forza sovrumana, riflessi impossibilmente rapidi e denti impossibilmente bianchi?

Il vampirismo dovrebbe essere una power fantasy, tanto è vero che fino a qualche anno fa i pochi giochi che ti permettevano di interpretarne uno (Legacy of Kain, Bloodrayne, non so, sono veramente pochi) erano roba action di menare duro, e occasionalmente risolvere puzzle. Il problema con le power fantasy è sempre lo stesso e cioè che tendono a diventare noiose, e il risultato è che c’è sempre qualcuno più forte di te – e allora la domanda non è più “vorrei davvero essere un vampiro?”, ma piuttosto “perché non posso essere quell’altra creatura che ha appena fatto il culo al vampiro per dieci tentativi di fila”? Uso ancora Buffy come riferimento, in quanto Bibbia Assoluta: non è un caso che nella serie di Whedon i vampiri siano visti come esseri inferiori anche dagli altri demoni, perché ibridati (ancestralmente, originariamente) con gli imperfetti umani. Cioè fighissimo il vampiro, ma per sua stessa natura c’è sempre qualcuno più fighissimo di lui.

Ed è per questo, credo, che esiste una delle più grandi invenzioni della storia del paraculismo videologico: l’idea di “abilità vampiriche”, cioè di prendere selettivamente solo le cose che ci interessano dei draculi e applicarle ad altre entità. Voglio dire, basta mettere “vampirico” nel nome per aver già spiegato tutto: è una magia/arma/altro implemento che sottrae la salute all’avversario per trasferirla a te, proprio come i vampiri succhiano il sangue. Mi vengono in mente un milione di esempi, e in questo momento in particolare mi viene in mente l’esempio di Slay the Spire, dove uno degli eventi che possono capitare ti permette appunto di diventare un vampiro, perdendo una porzione della tua salute massima e sostituendo tutti gli attacchi base con I MORSI, ciascuno dei quali funge sia da danno (per i nemici) sia da cura (per te).

Insomma ho l’impressione che la generica risposta che abbiamo collettivamente dato alla domanda “essere un vampiro è una figata o una merda?” sia “alcuni aspetti della condizione sono una figata, per cui ci teniamo quelli per i protagonisti e gli altri li lasciamo ai cattivi”. O anche, più in breve, la risposta alla domanda è “sì”.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vampiri, che trovate riassunta a questo indirizzo.

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