Outcazzari

I colori dell'anima si merita la gita al cinema con passione e belle emozioni

I colori dell'anima si merita la gita al cinema con passione e belle emozioni

Il tema della musica è molto sentito nel mondo degli anime e dei manga. Io stesso, che non mi reputo un grande appassionato di musica, nel senso che non seguo in modo assiduo band o generi musicali, ma ascolto un po’ quel che mi capita, mi sono ritrovato più volte ad appassionarmi tantissimo a diverse serie animate che parlano di musica e musicisti, sin dai tempi di Beck e K-on! (che nella mia testa sembrano roba di quattro o cinque anni fa, ma che in realtà risalgono a oltre quindici anni fa, e non voglio essere più preciso di così per non sentirmi ancora più vecchio di quanto non mi senta già).

Tornando alla musica nei manga e negli anime, dobbiamo riconoscere che gli autori giapponesi sono in grado di coinvolgerci con qualsiasi tipo di storia, anche trattando di tematiche di cui nella vita reale non ci importa assolutamente nulla. Ho letto manga sul football americano e sul gioco del Go appassionandomi tantissimo a quelle storie, per poi ignorare completamente la materia nella mia vita quotidiana. Il loro segreto è un tipo di narrazione di cui, nel paese nipponico, sono maestri: quello basato sulle emozioni, che spingono il lettore a immedesimarsi e ad affezionarsi ai personaggi, volendo poi seguire la loro storia fino alla fine.

Proprio queste emozioni sono alla base del nuovo film di animazione che verrà distribuito nelle sale italiane il 24, 25 e 26 febbraio, ossia I colori dell’anima - The Colors Within. Già che parliamo di titoli, fatemelo pure dire in giapponese (almeno posso menarmela un minimo per le mie conoscenze di lingua nipponica studiata all’università, anche se ormai sono molto arrugginito): nella versione originale il film si chiama Kimi no Hiro, ossia, letteralmente, il tuo colore, ma la parola “Kimi”, oltre a significare “Tu” è anche il nome di una delle protagoniste, e da qui nasce un gioco di parole che trovo molto carino.

Tornando alle emozioni e alla trama del film: la storia è ambientata a Nagasaki, città purtroppo tristemente famosa per lo scoppio della seconda bomba atomica durante la Seconda Guerra Mondiale. Prima di questo terribile evento, però, fu l’unico porto del Giappone aperto al resto del mondo durante il lungo periodo Edo (che andò dal 1603 al 1868) e per questo le sue architetture risentirono delle influenze europee molto più che nel resto dell’arcipelago nipponico. OK, prometto che questa era l’ultima digressione storica e culturale, anche perché poco ci importa che il film sia ambientato a Nagasaki; anche se fosse stata una scuola giapponese a Bari vecchia, la trama non sarebbe cambiata (o forse sì?).

La protagonista di questa storia è Totsuko Higurashi, studentessa delle superiori che frequenta una scuola cattolica gestita interamente da suore (che sono convinto esistano anche a Bari) e ha “l’abilità” di vedere le persone come colori. Non sono un esperto in materia, ma questo fenomeno di percezione esiste veramente e si chiama sinestesia, quindi non è un potere particolare e non c’è niente di sovrannaturale in questo. Totsuko è particolarmente affascinata dal colore di una sua compagna di scuola, Kimi appunto, che è vista da tutti un po’ come la studentessa modello della scuola, quasi inavvicinabile.

Kimi sembra perfetta in tutto quello che fa, sia negli studi che nello sport, ed è anche molto rinomata per le sue abilità canore nel coro della scuola. Tutto questo fino a quando un giorno, misteriosamente, si ritira da scuola. Totsuko inizia allora una ricerca per tutta la città, fino a quando non trova la compagna all’interno di una libreria parecchio defilata. Mentre le due parlano, con una imbarazzata Totsuka che non sa cosa dire, arriva anche un ragazzo dall’aspetto molto hipster che si chiama Rui. I tre si ritrovano a parlare di musica e così, de botto, Totsuko prende la decisione di formare una band: gli altri due la seguono a ruota e da qui il trio inizia a vedersi in una chiesa abbandonata sull’isoletta in cui vive Rui, in mezzo all’oceano (vabbè, in realtà non così lontano dalla città, dai) e a far pratica insieme.

Mi fermo qui con il racconto della trama, sennò vi spoilero tutto, anche se in realtà non c’è poi chissà cosa da spoilerare, essendo questo un film dai ritmi molto rilassati e che alla fin fine non si focalizza soltanto sul desiderio dei protagonisti di fare musica. Per quanto la musica sia infatti una grande passione per i tre ragazzi, risulta soprattutto un modo per stare insieme e costruirsi dei bei ricordi in un periodo della vita pieno di incertezze come è quello dell’adolescenza.

Nella prima metà di film, il ritmo è abbastanza lento, con la storia che ci mette un po’ a ingranare, ma la seconda parte compensa perfettamente, soprattutto con le performance musicali. Viene dato molto spazio alla vita quotidiana dei protagonisti, mostrandoceli nel loro avvicinarsi l’un l’altro, ma la storia pecca un po’ di profondità nel raccontarli, lasciando a volte alcune questioni importanti, come i legami e i conflitti che hanno con le rispettive famiglie, solo accennate e senza una vera risoluzione, specialmente nel caso di Kimi, su cui avrei gradito un maggiore approfondimento.

Con questo non voglio dire che sia un brutto film, anzi, l’ho trovato molto godibile e ben fatto e alla fine tutti i personaggi sono gradevoli e funzionano bene insieme, anche Rui, che è chiaramente un hipster incredibile perché suona il theremin.

I colori dell’anima è stato curato dallo studio d’animazione Science Saru, famosi ultimamente per un certo DanDaDan (che amo sin da quando lessi il primo volume un paio d’anni fa). Questo film li riconferma come uno fra i migliori studi emergenti degli ultimi anni; nel film non ci sarà tanta azione, ma i colori, l’atmosfera e la sequenza del concerto sono gestiti ottimamente. Alla regia abbiamo invece Naoko Yamada, ex veterana di Kyoto Animation che ha dei precedenti legati ad anime che parlano di musica, avendo diretto il bellissimo e tenerissimo K-On! e anche Sound! Euphonium. Nella sua carriera ha anche diretto il film animato che adattava il manga A Silent Voice, conosciuto in Italia come La forma della voce.

Ad accompagnarla alla sceneggiatura troviamo Reiko Yoshida, che in passato ha lavorato con la regista a tantissimi altri lavori, come appunto K-On! e La forma della voce, oltre a molti altri. Insomma, una coppia che a quanto pare si trova molto bene a lavorare insieme, e in effetti non sono mai rimasto deluso dalle opere che ho visto a cui hanno lavorato entrambe.

Per concludere questo lungo sproloquio, diciamo che forse I colori dell’anima non è il lavoro più riuscito della coppia, ma è sicuramente meritevole di essere visto al cinema. Alla fine, è una storia semplice e piena di passione, con un bel cast di personaggi che riesce a emozionare lo spettatore, specialmente nella parte finale. Merito anche delle animazioni di Science Saru e della musica: le canzoni proposte sono molto orecchiabili e ho continuato ad ascoltare quella principale per diversi giorni dopo la visione del film, prova che, essendo questa una storia costruita intorno al tema musicale, sia riuscita a colpire nel segno.

Nota a margine: se vi fa storcere il naso il pensiero che ci sia troppa retorica cattolica in un anime e siete degli anticlericali come me, non preoccupatevi. Questo elemento è molto di sfondo e le suore risultano persino simpatiche! Cosa rarissima nella realtà.

I colori dell’anima - The Colors Within verrà proiettato nelle sale cinematografiche italiane il 24, 25 e 26 febbraio 2025.

I Goonies - Gioventù pirata

I Goonies - Gioventù pirata