La mensola di Shin X #4: Duke Nukem Forever
Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “forzato bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra, chi lo fa con i sottotitoli e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola. L’unico luogo nel quale possono diventare cigni.
Un Duca è per sempre. Saltando a piè pari le diatribe sui lustri del travagliato sviluppo, arriviamo direttamente alla carne (di porco), che per quanto troppo cotta o troppo al sangue, con un litro di vino e una mezza dozzina di amici, va giù che è una meraviglia. Il tamarro più maschilista del web rappresenta fuor d'ogni dubbio un’icona videoludica statuaria, e poco possiamo aggiungere: così è (se vi pare).
I quasi quindici anni di attesa per questo capitolo sono stati teatro di immani polemiche, e le aspettative sono diventate, nel tempo, del tutto "scaramantiche". Alla sua uscita, quindi, diverse testate giornalistiche si sono sbizzarrite a sparare due e tre come stizzite zitelle frigide. Duke Nukem Forever ha preso addirittura uno clamoroso ZERO, sintomo di un andazzo da parte della critica videoludica un tantino esagerato. Certo, il Duca si presenta molto male, con caricamenti asfissianti, texture che appaiono in ritardo e un numero di poligoni a schermo non proprio esaltante. Eppure i guizzi "artistici" non mancano: effetti di luce, orizzonte visivo, atmosfera generale. Su PC, poi, diventa quasi guardabile. Ehi, Dypa77! Ho detto quasi!
Pur carico di difetti macroscopici, Duke Nukem Forever è pregno di quell'elemento cardine presente in ogni buon videogioco: è fo**utamente catartico e divertente. Certo, potremmo dire lo stesso di una gara di scoregge, ma non è quello il punto, benché gli si avvicini parecchio.
Il level design offre momenti platform piacevoli, molti scontri risultano serrati e impegnativi, la standardizzazione della componente ludica (due armi ed energia rigenerante) è comunque subordinata ad un design che punta dritto a varietà e distruzione. La struttura di gioco, quindi, è semplice, ma non semplicistica. Se nelle opzioni eliminate gli aiuti, spesso dovrete guardarvi bene intorno per poter proseguire. Le varie uccisioni non apriranno danze in motion capture come in altri titoli più blasonati, ma una bella fucilata a pompa fa saltare i nemici con sommo gaudio. Se a tutto questo aggiungete la marea di mini-game, le frasi irriverenti del Duca e gli easter egg sparsi per tutto il gioco, allora eccolo: sfolgorante e ricreativo, il bicchiere mezzo pieno. O forse un cicchetto di whisky.
Il Duca, che vi piaccia o no, è sempre lo stesso e non potrete non accorgervene: lui ama mangiare chewing-gum, si sollazza con due gemelline dalla... mentalità aperta, ha un bel localino dove si sprecano signorine vogliose, risponde alla merda delle recensioni prendendone lui stesso dai water e tirandola sui muri. Oh Shit!
E ancora: giocherella con dei vibratori, inneggia al sesso sicuro, piazza topi di fogna nei forni a microonde, entra in anfratti alieni del tutto simili ad orifizi solleticandoli con l’indice. Si fa di steroidi, solleva 600 kg alla panca (!!) e schiaffeggia tette aliene in stage a tema (!!!!). Gioca a punching ball con i testicoli di un boss e urla: “Assaggia la mia palla”, mentre usa una gru demolitrice. E non ho elencato che una minima parte di questo grandioso (e\o osceno) repertorio.
Insomma, quell'idolatria continua al maschilismo più becero e volgare, quel citazionismo estremo; quell'irriverenza cafona, rendono Duke Nukem Forever uno sfarzoso inno a se stesso. Un'onanismo ludico senza precedenti. È un po’ come sentire gli effluvi dei i propri peti: nessuno lo ammetterà, ma i nostri ci piacciono sempre un po’.
Duke Nukem Forever è una fiera montagna di merda che sorprende comunque per la sua grandezza. Attenzione, però: nessuno qui vuol premiare produzioni scarse in nome dell’effetto nostalgico o di un po’ di politica scorretta. Il punto è: bisogna avere un minimo d’onestà intellettuale, oltre che professionale. Posare lente di ingrandimento, bisturi e ranocchia (poverina!) e valutare un prodotto nel suo insieme. Il Duca è un po' come una serata in una bettola: volgare, magari scomoda, sicuramente chiassosa, ma non è detto che organizzandovi una rimpatriata fra amici non ci si possa divertire lo stesso. Soprattutto se il prezzo è di quelli che non fanno male al portafoglio.
Ah, coprofagia canaglia!