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La mia compagnia dell'Anello

La mia compagnia dell'Anello

Oggi fanno esattamente vent’anni dall’uscita de Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'Anello, inteso come primo capitolo della trilogia di Peter Jackson in seguito diventata un’esalogia, volendo prendere per buono l'affaire Lo Hobbit, e non vedo perché no. In realtà, a essere pignoli, in Italia il film sbarcò solo nel gennaio del 2002, e ricordo che quando andai a vederlo saltò fuori un battibecco con dei tizi di Forza Nuova che distribuivano volantini a tema “Tolkien di destra!” (“Tolkien fascista”, nella lingua di Mordor).

Comunque, normalmente, quando Maderna mi segnala gli anniversari tendo sempre a restare basito perché, insomma, non è mica possibile che siano già passati tot. anni da coso, lì, gioco a caso che mi pare di aver comprato ieri l’altro. Ma a ‘sto giro nada, maschera di ghiaccio, semplicemente perché i vent’anni de La compagnia dell'Anello li ho contati tutti in via di una tradizione non poi così singolare in termini di vita nell’universo, ma relativamente atipica per quanto riguarda il mio giro di amici, ossia la Maratona. Scritto proprio così, con l’iniziale in maiuscolo.

Come spesso succede quando ci son di mezzo i miti, parlare di origini è complicato: capace sia nato tutto per caso e senza troppa poesia ai tempi de Le due torri, con un innocente rewatch del primo film tanto per rinfrescare la memoria. Ma la cosa a un certo punto deve essere sfuggita di mano, perché nel giro di qualche anno siamo finiti a dedicare interi weekend a quel mattacchione di Jackson e ai suoi nanetti, come li chiama mia zia.

Mia zia.

Ricordo bene, però, che durante le primissime edizioni della Maratona, intesa come visone consecutiva della trilogia dell’Anello, eravamo in pochi, con gente che eventualmente passava a fare un saluto nel corso della giornata beccandosi i vaffaculo dei fissi; perché insomma, non è che puoi piombare così nel bel mezzo di un rituale costringendo laggente a mettere in pausa il videoregistratore sballando i tempi di visione.

Eh, sì, ho scritto “videoregistratore” perché effettivamente quello passava il convento, all’inizio, anche se poi siamo fortunatamente passati ai DVD e da lì progressivamente ai Blu-ray, all’HD Ready da 32 pollici, ai 1080p, fino ad arrivare ai 55 pollici 4K HDR che ormai paiono una poracciata pure quelli, ma tocca tenere conto che la pandemia ha congelato la tradizione impedendoci di evolvere ulteriormente.

“Mi stai dicendo che non dobbiamo più riavvolgere il nastro?".

Eravamo in pochi, dicevo, ma col passare del tempo la compagnia è diventata sempre più numerosa, fino a toccare picchi di almeno quindici persone, anche tenendo conto degli improvvisati, cosa che inevitabilmente generava tra noialtri fondatori infinite discussioni riguardo a chi e a quali condizioni potesse eventualmente partecipare.

Nel caso di fidanzatə, ad esempio, si valutava la stabilità della relazione, mentre qualcuno era arrivato a proporre addirittura una sorta di test d’ingresso basato su una conoscenza minima della Terra di Mezzo o, perlomeno, degli eventi salienti della Terza Era. Voglio dire: a un certo punto la Maratona era diventata talmente mainstream che la gente passava giusto per salutare, magnare e finanche azzardare critiche sui film. Una cosa che non era cosa.

Film che intanto diventavano sempre più lunghi in via delle edizioni estese, facendo lievitare l’impresa a ben settecentoventisei minuti, ovvero la bellezza di dodici ore. E mi rendo conto che messa così, soprattutto in tempi di binge-watching, sembra ancora una roba decente; il problema sono i pasti, le interruzioni, i ritardi, le disgrazie e, insomma, tutte le varie perdite di tempo, e vi garantisco che raramente siamo riusciti a sbaraccare prima delle due del mattino. Le cose si sono ulteriormente complicate quando quel pazzo insaziabile di Jackson ha finito il fieno in cascina pensando bene di dedicarsi a Lo Hobbit; a quel punto, una volta che sei in ballo, che fai? Ti limiti a tirare fuori una roba relativamente agile come il romanzo di riferimento?.

Insomma, uno non fa nemmeno a tempo ad abituarsi all’idea, che nel giro di qualche altro anno si ritrova a dover gestire più di venti ore di visione, sempre tenendo conto delle versioni estese.

Personalmente, quando si è presentato il problema ho votato per la fruizione consecutiva con relativo accampamento, ma purtroppo sono stato messo in minoranza e di conseguenza le Maratone sono diventate due: la prima, dedicata a Lo Hobbit, da consumarsi preferibilmente prima di Natale, mentre quella del Signore, il piatto forte, da tenere in serbo per la fine delle vacanze invernali, in modo da garantire un briciolo di conforto durante gennaio, “il mese senza perdono” per antonomasia.

Un’altra evenienza che ha contribuito a dilatare lo svolgimento del rito riguarda l’ascesa di smartphone, tablet e cose così. Dovete sapere che l’andamento della Maratona segue tendenzialmente un suo ritmo più o meno affine a quello dei film: si parte con l’esaltazione per Sauron che spacca tutto seguita dalla confortevole parentesi nella Contea, ma col proseguire della giornata la concentrazione subisce dei momenti di flessione che possono generare due effetti: la siesta, normalmente spalmata in zona Entaconsulta, oppure le elucubrazioni spigolose riguardo a dove si trova cosa o a chi è più forte di chi.

All’inizio, e vi ricordo che si parlava di videoregistratori, l’accesso a internet era limitato se non del tutto escluso, e di conseguenza l’unico modo per farci le pulci a vicenda perteneva libri, cartine e appendici varie, a cominciare dalla classica edizione Rusconi de Il Signore Degli Anelli, quella del 1970 tradotta da di Vittoria Alliata di Villafranca e rimaneggiata da Quirino Principe.

Capite bene che scartabellare tra le pagine costituisce sempre un discreto sbattimento, di conseguenza osservazioni e scaramucce varie erano relativamente limitate; tuttavia, con l’arrivo degli smartphone si sono trasformate in veri e propri bagni di sangue, dei buchi neri capaci di ingoiare intere mezzore rallentando sensibilmente la visione. E OK che il bello della Maratona sta anche in quel genere di cose, ma spesso è difficile fermare il flusso di cazzate, soprattutto se c’è di mezzo il sottoscritto.

Ma che ne sanno… .

In chiusura, vorrei dedicare una breve appendice ai pasti: tolti snack, bibite e birre, sulle prime il pranzo veniva gestito al volo attraversi cibi pronti tipo 4 Salti in Padella, per non perdere tempo, mentre la cena diventava l’occasione per sfondarsi di pizze, kebab, cinese o roba di McDonald's e Burger King, a seconda dei casi.

Prima che anche dalle mie parti venissero sdoganate le consegne a domicilio, uno o più volontari abbandonavano il divano per fare il giro dei take away; al plurale, ché per regola ognuno aveva diritto a scegliere quello che voleva, nei limiti della logistica.

“Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo. Sette ai Principi dei Nani nell'Aule di pietra. Nove agli Uomini Mortali dal fato crudele. Uno al Nero Sire sul suo trono tetro”.

Durante le evoluzioni più mainstream dell’evento, saltava sempre fuori qualcuno in vena di cucinare, ma fortunatamente è durata poco, giusto il tempo di familiarizzare con Deliveroo, Just Eat e altre faccende di gig economy, prima che la pandemia ci chiudesse tutti in casa bloccando le Maratone e rendendoci sospettosi gli uni verso gli altri che nemmeno i nani e gli elfi, guarda.

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