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La mummia: Quando Brendan Fraser fece molto meglio di Tom Cruise

La mummia: Quando Brendan Fraser fece molto meglio di Tom Cruise

Sarà il perenne effetto nostalgia che mi pervade ogni volta che devo scrivere di qualcosa appartenente agli anni Novanta a cui sono affettivamente legato, sarà che ormai l’età adulta non mi fa più vedere le cose con l’entusiasmo di un tempo, sarà che è cambiato il modo di realizzare i prodotti d’intrattenimento, ma non riesco davvero a ricordare un film d’avventura più riuscito e funzionale del primo La mummia di Stephen Sommers.

Il film, remake dell’omonima pellicola del 1932 (che non ho mai visto), vede il protagonista Rick O’Connell, ex membro della legione francese, andare alla ricerca del leggendario tesoro nascosto ad Hamunaptra, meglio nota come “La Città dei Morti”, insieme ai fratelli Evelyn e Jonathan Carnahan, rispettivamente bibliotecaria e archeologo alcolista caduto in disgrazia, con i quali stringe un patto comune per raggiungere il tanto agognato obiettivo. A mettere i bastoni fra le ruote all’insolito trio, un gruppo di mercenari ansiosi di arrivare anch’essi al tesoro, e un gruppo di guerrieri che vogliono preservare la quiete della città fantasma, che nasconde un segreto con cui faranno tutti i conti molto presto: infatti Evelyn risveglia involontariamente la mummia del titolo, il sacerdote Imhotep, morto secoli prima a causa dell’omicidio del Faraone Seti, attuato per poter stare con Anck – Su – Namun, amante del Faraone con la quale aveva una storia clandestina. Imhotep si risveglia dal lungo sonno visibilmente alterato (d’altronde era stato segregato in un sarcofago e dato in pasto a un’orda di scarafaggi carnivori) con l’intenzione di scatenare le celebri dieci piaghe d’Egitto, dopo aver resuscitato l’amore della sua vita. Inutile dire che toccherà a O’Connell e soci tentare di fermarlo.

La mummia ha una ricetta tanto semplice quanto efficace: pur ricalcando a grandi linee la trama del film degli anni Trenta, la pellicola di Sommers prende una direzione completamente diversa, mettendo da parte tensione e orrore per concentrarsi su tanta azione condita da un bel ritmo e una sana dose d’ironia, complice anche quella faccia da schiaffi di Brendan Fraser e la buona alchimia con il resto del gruppo: una Rachel Weisz che ricopre il ruolo della damigella in pericolo che non potrà fare a meno di prendersi una cotta per l’eroe, un John Hannah azzeccatissimo come spalla comica, e un Arnold Vosloo che ha l’espressione da cattivo perfetta. Il tutto mescolato sapientemente con una dose di effetti speciali che all’epoca – si parla del 1999, ormai ben ventiquattro anni fa – erano notevoli.

La mummia fu un grosso successo all’epoca – forse anche inaspettato – che lanciò la carriera di Brendan Fraser (che ricordo sempre con affetto soprattutto per il piccolo ruolo del cognato del Dr. Cox in Scrubs) e creò di fatto un’icona alternativa al più celebre Indiana Jones, nonostante ne ricalcasse la figura (e mi gioco la camicia che ha influenzato anche Naughty Dog per il personaggio di Nathan Drake, soprattutto per l’aria da simpatico sbruffoncello che li accomuna), generando due seguiti: La mummia – Il ritorno che riprendeva praticamente la formula del primo film con il cast originale, e, molti anni dopo, un terzo film, La mummia – La tomba dell’imperatore dragone, che vedeva questa volta Rick O’Connell alle prese con un’entità malefica che aveva le fattezze di Jet Li. Se il secondo film, pur non brillando particolarmente, aveva consolidato il successo e le potenzialità della saga, il terzo film, arrivato forse anche con troppi anni di distanza rispetto al secondo, mise mestamente fine alla serie, che nel frattempo aveva visto nascere una serie di pellicole spin-off basate sul personaggio del Re Scorpione, antagonista del secondo film. Dopo un primo omonimo film con protagonista Dwayne “The Rock” Johnson, ancora agli inizi della sua carriera attoriale, vennero prodotti ben quattro film per il mercato Home Video, produzioni a basso costo assolutamente dimenticabili (e in una c’è finito inspiegabilmente dentro Ron Perlman).

I tre film della serie La mummia e Il re scorpione hanno goduto ciascuno di un tie-in videoludico: titoli abbastanza mediocri, sviluppati sfruttando l’onda dei film dai quali erano tratti.

Il mito della mummia è stato poi rispolverato in quel mezzo disastro del 2017 con Tom Cruise, pietra tombale del progetto Dark Universe del quale dovevano far parte pellicole dedicate a Dracula, Frankenstein, uomo lupo e via dicendo.

Tornando al film del 1999, ci sono due correnti di pensiero: c’è chi, forse spinto anche dall’affetto e dalla nostalgia per il periodo in cui è uscito, lo considera un cult e chi, invece, un film tutto sommato valido ma non certo indimenticabile. Inutile dire che per me, nonostante non rientri certo fra i miei film preferiti di sempre, La mummia rimane forse non un cult assoluto ma uno dei più perfetti esempi di quanto alcune pellicole degli anni Ottanta e Novanta che hanno generato saghe di successo avrebbero tranquillamente potuto fermarsi al primo o al massimo secondo capitolo, non fosse che a Hollywood hanno questo strano e inspiegabile vizio di voler guadagnare montagne di soldi con prodotti che piacciono al pubblico. Per me La mummia va di pari passo con pellicole quali Alien, Terminator, Terminator 2, Predator, Jurassic Park e Matrix, film che rimangono, ancora a distanza di anni, freschi, emozionanti e appaganti, in barba a qualche effetto speciale magari invecchiato male.

Nonostante abbia un fattore di originalità pari allo zero, ho sempre preferito La Mummia a un qualunque capitolo di Indiana Jones, forse per via di quell’aura da film divertente e scacciapensieri che aleggia attorno alla pellicola di Sommers, in cui c’è molta più anima rispetto alle due pellicole della serie National Trasure con Nicolas Cage e al tristissimo adattamento di Uncharted.

Dopo essere tornato alla ribalta con l’Oscar vinto grazie alla sua performance in The Whale, Brendan Fraser si è detto pronto a un eventuale quarto capitolo del franchise, ipotesi che per adesso non ha trovato fondamento. Ma che prima o poi una nuova mummia farà ritorno sul grande schermo è cosa certa: in questo caso, anche i morti sono duri a morire.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Indiana Jones, che trovate riassunta a questo indirizzo.

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