Librodrome #1: Ehi, aspetta, ma esistono dei libri su The Witcher?
Attenzione. In questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.
Attenzione, oggi facciamo rivelazioni forti, un po’ come quella di Luke che scopre chi è suo padre o Berlusconi che fiuta che Ruby non è la nipote di Mubarak. Oggi vi sveliamo che Dante’s Inferno è tratto da un libro. E anche The Witcher. Sia il primo che il secondo episodio. Ma se nel caso di Dante tutti quelli con più della terza media alle spalle sanno di che scempio si tratti - un po’ per l’importanza della Commedia, un po’ per l’insulsità del videogioco - nel secondo l’unico a storcere il naso è Andrzej Sapkowski, la penna dietro Wiedźmin, The Witcher. Un po’ per la bellezza di entrambi titoli CD Projekt, un po’ perché in fondo parliamo di libri fantasy che, per quanto belli, vengono catalogati tra l’onesta narrativa e nulla più.
A partire dal 2010, Editrice Nord ha cominciato a portare in Italia l’opera dello scrittore polacco. A cadenza annuale hanno infatti raggiunto le librerie Il guardiano degli innocenti, La spada del destino e Il sangue degli elfi, vale a dire i primi tre libri dedicati alle gesta di Geralt di Rivia, lo strigo protagonista sia dei libri, sia dei videogiochi. Il principale pregio dell’edizione italiana, oltre ai discreti materiali utilizzati e alla buona rilegatura (trovo invece terribili le copertine simil-emo di Gabriele Sina), è la traduzione a cura di Raffaella Belletti, tratta dai testi originali, quindi direttamente dal polacco. In questo modo si è evitato l’impoverimento lessicale derivante dalla duplice traduzione dall’inglese (Metro 2034 l’ha letto nessuno?), senza considerare che quest’ultima non è comunque eccezionale. Questo per dire che alcuni luoghi o nomi non saranno gli stessi del gioco. Un esempio su tutti Dandelion, il simpatico bardo amico di Geralt, che in Italia è conosciuto come Ranuncolo.
Un’altra particolarità dei romanzi di Sapkowski è il loro approccio piuttosto originale al genere. Nessun heroic fantasy o simil Il signore degli anelli, ma un tentativo più moderno e originale di approccio al fantastico. Ci sono sempre elfi, nani, mostri e magia, ma questi faranno quasi da sfondo a violente passioni, amicizia, invidie e un contesto sociopolitico ben definito, con lo spettro della guerra sempre in agguato e la necessità di Geralt di rimanere neutrale. Ad ogni costo. Come se non bastasse, il mondo magico è in costante declino, le razze antiche vengono discriminate e quest’intolleranza porterà alla luce argomenti troppo attuali per non vedere in questi libri una denuncia, anche piuttosto cruda, alla società contemporanea.
Il primo libro, Il guardiano degli innocenti, è forse il meno maturo. Si tratta infatti di una collezione di diversi episodi apparentemente scollegati tra di loro, ricuciti assieme tramite un espediente narrativo, che vede Geralt raccontare le vicende che lo hanno condotto al tempio di Melitele. In questo libro si iniziano a conoscere personaggi come Ranuncolo, Nenneke e Foltest, si scopre dello strano e passionale legame che lega lo strigo a Yennefer –sorpresa! Non Triss- e si leggono i dettagli del combattimento tra Geralt e la strige, immortalato nel filmato iniziale del primo The Witcher videoludico.
Anche La spada del destino è diviso in capitoli, ma questi sono meglio strutturati e decisamente più complessi. In questo libro Sapkowski approfondisce il legame tra Geralt e Yennefer, comincia a introdurre prepotentemente le tematiche di intolleranza tra le razze e di instabilità politica della regione, minacciata a sud da Nilfgaard, potenza militare ed economica in continua espansione. Si approfondisce la conoscenza della leonessa di Cintra e di come lo strigo verrà in possesso del Dono, e non mancano ovviamente draghi o spettacolari combattimenti. Ma soprattutto c'è Geralt, che lentamente si tramuta in un personaggio a tutto tondo, complesso e sfaccettato, lacerato da sentimenti e senso di colpa, ma dotato di una lingua forse più tagliente delle sue stesse lame. E si scopre quanto sia difficile rimanere neutrali in un mondo dominato dalla violenza, come dietro alla faccia impassibile e a quei silenzi si celi un cuore caritatevole e passionale, ma anche una persona che non disdegna cedere alle lusinghe della carne in maniera leggera e spensierata, non volgare come può essere la collezione di carte con donnine discinte del primo videogioco.
Il sangue degli elfi è il primo romanzo completo. O, meglio, lo sarebbe se il finale non fosse talmente aperto che sembra troncato in due con la stessa grazia con la quale Martin ha accettato (nel senso di "utilizzare l’accetta") la storia nel suo ultimo lavoro. In questo capitolo la guerra con Nilfgaard è scoppiata da tempo e nel frattempo gli Scoiattoli, milizie non umane stufe di dover sottostare alle leggi e ai soprusi degli uomini, stanno mettendo a ferro e fuoco i regni settentrionali. Nel frattempo Geralt ha ricevuto il Dono e lo ha nascosto a Kaer Morhen, l’antica fortezza degli strighi, dove gli ultimi sopravvissuti dell’ordine ancora si riuniscono. Qui il Dono si rivela più prezioso e pericoloso del previsto, tanto che Geralt è costretto a chiedere aiuto a Triss Merigold e a Yennefer per gestirlo e proteggerlo. Nel frattempo i re dei regni settentrionali sono innervositi dalla presenza del nemico a sud e stanno ordendo una rappresaglia. Ovviamente le cose andranno male un po’ per tutti e personalmente non vedo l’ora che il prossimo volume esca, per scoprire come si evolverà la situazione.
La saga di Geralt di Rivia merita di essere letta dagli amanti dei fantasy per via di un approccio piuttosto originale e moderno al genere e dagli amanti dei videogiochi per scoprire le citazioni, i retroscena e i personaggi che compaiono saltuariamente nei giochi.