Racconti dall'ospizio #185: L’estate di Pokémon Argento
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Quando Andrea mi ha chiesto se volessi partecipare alla Cover Story su Pokémon, non ho dubitato un secondo. Essendo fra i più giovani di quelli che più o meno saltuariamente scrivono per Outcast, posso dire di essere pienamente in diritto di sproloquiare riguardo le creature di Nintendo e Game Freak. Per quelli nati come me nei primi anni Novanta, Pokémon è più di un franchise multimediale: è appartenenza, identità, icona generazionale. Oltre questo, Pokémon è stato esperienza formativa, viatico di crescita, punto di incontro fra diverse fasi della vita. L’evento che ha sancito tali investiture, più dei giochi della prima generazione o dell’anime trasmesso da Italia 1, è stato l’uscita di Pokémon Oro e Argento.
La seconda generazione dei mostriciattoli di Satoshi Tajiri arrivò in Europa durante la primavera del 2001, praticamente un anno e mezzo dopo l’originale uscita su suolo nipponico. A quell’epoca, non avevo ancora compiuto nove anni. Essendo nato a maggio, è facile intuire come il titolo del gioco scritto in ciccione qui in alto NON fosse stato da me richiesto come regalo di compleanno. Sì, Pokémon Argento mi fu regalato per sbaglio.
Forse distratto, forse convinto da un commesso particolarmente abile, forse perché già consapevole di come suo figlio non avrebbe mai trovato divertente, una volta cresciuto, l’idea di accodarsi ai trend dominanti fra i propri coetanei, mio padre sbagliò copia del gioco e, in luogo del Pokémon Oro da me espressamente richiesto, tornò a casa con una bianchissima levissima et purissima confezione di Pokémon Argento.
Non ricordo quale fu la mia reazione, se fu maggiore la sorpresa, la delusione o l’impazienza, fatto sta che, dopo trentasei secondi dallo strappo della carta regalo, la suddetta cassetta era già infilata nel retro del mio Game Boy Color turchese.
Pokémon Oro e Argento, al netto dei gusti personali in termini di gameplay, restano ancora due dei maggiori capolavori mai apparsi sulle portatili Nintendo, quanto meno dal punto di vista tecnico. All’interno di quelle cartucce era possibile ritrovare tutto il capitolo precedente, al quale era stata aggiunta una nuova porzione di gioco delle stesse dimensioni, sia per estensione della mappa che in termini di longevità. Oltre ciò, i geniacci di Game Freak avevano aggiunto cento nuove creature, linee musicali che ancora fischietto mentre giro da solo in motorino e un motore grafico pienamente a colori, in grado di sfruttare le peculiarità del Game Boy Color. La trama del gioco seguiva quanto avvenuto in Pokémon Rosso e Blu, portando i giocatori a vestire i panni di un anonimo ragazzino di provincia, pronto a scalare i ranghi della Lega Pokémon e sbaragliare il redivivo Team Rocket, ritornato in azione dopo tre anni di inattività.
In tutto questo po’-po’ di roba, però, qualche linea di codice doveva essere sfuggita al lavoro di correzione immediatamente precedente alla pubblicazione. Pokémon Argento e suo fratello Oro avevano dalla loro un quid particolare, una singolarità che ha portato questi due capitoli a essere fra i più amati nella ormai pluridecennale storia della serie. Sfruttando un particolare glitch – bisognava spegnere la console nel momento esatto in cui si cambiava il Box del pc, fregandosene bellamente degli avvisi riguardanti la perdita dell’unico salvataggio di gioco – il mostro appena depositato nel box veniva sdoppiato: uno in squadra, un altro completamente identico nel box.
L’estate di Pokémon Argento è ancora oggi uno fra i ricordi più belli della mia infanzia. Sia chiaro, non ho assolutamente memoria di dove mi avessero portato i miei genitori in vacanza e di chi abbia io incontrato in quelle due o tre settimane, ma ciò che ricordo con inossidabile memoria è la costante presenza del Game Boy fra le mie mani. Ogni bambino in spiaggia ne aveva uno e ogni bambino aveva una copia di Oro, cosa che rendeva il mio Argento il Sacro Graal dei completisti accaniti. Quell’estate, non ho imparato a nuotare – cosa che mi risulta difficile ancora oggi – così come non ho imparato ad andare in bicicletta senza cadere dopo cento metri – cosa che mi risulta difficile ancora oggi – ma ho imparato l’importantissima arte del mercato. Grazie al glitch sopra descritto e alla decina di mostri o giù di lì recuperabili esclusivamente in Argento, ricordo di aver concluso trattative spudoratamente a mio vantaggio, sfruttando le debolezze e i desideri di chi mi stava di fronte. Insomma, Pokémon Argento mi ha insegnato il fascino e i pericoli del capitalismo.
Sempre in ottica capitalistica, Nintendo e Game Freak mi hanno venduto, dieci anni dopo, Pokémon SoulSilver, remake uscito su DS dei giochi di seconda generazione. Per quanto io consideri SoulSilver e HeartGold i migliori Pokémon mai realizzati, non posso dire di aver provato le stesse emozioni dei giochi originali. Innanzitutto sono sceso di casa e sono andato a comprarlo da solo, senza che mio padre potesse sbagliare copia. Allo stesso modo, ci ho giocato in classe durante le ore di latino al quarto anno di liceo, ma erano davvero pochi quelli che attorno a me spendevano il loro tempo in tal modo. E, per concludere, quell’estate non ho incontrato nessuno con cui poterci giocare. Del resto, avevo lasciato il DS a Napoli, sperando di trovare attività più interessanti sulle spiagge del Salento (ci avrei trovato i cani della Guardia di Finanza, ma questa è un’altra storia).
Non so che fine abbia fatto la mia cartuccia di Pokémon Argento. L’avrò prestata a qualche compagno di scuola scomparso dalla mia vita nei mesi successivi, o forse l’avrò dimenticata da qualche parte correndo con lo zaino aperto. Conservo ancora Pokémon Cristallo, come gioco di seconda generazione, ma non è mai riuscito a rubare la vetta del podio ad Argento. Cristallo dava troppa importanza ai tre Pokémon leggendari, non aggiungeva niente di significativo e soprattutto mancava della possibilità di clonare i Pokémon, cosa che rendeva tutti i bambini gelosi dei propri mostri e ben poco disponibili allo scambio. Perciò mi domando: che senso ha un Pokémon, se non puoi sfruttarlo per fare amicizia in spiaggia?
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai Pokémon, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.