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La mia PSP-era fu una figata!

La mia PSP-era fu una figata!

Per chi ama i videogiochi, acquistare e spacchettare una nuova console è sempre un ritorno ai primi ricordi del Natale, indipendentemente dall’età; l’attesa, la gioia, l’adrenalina che tra la prima accensione e il primo spegnimento fa passare almeno mezza giornata. È più della banalità del “ritornare bambini”, è un mix di sensazioni tattili, visive, uditive, giochi nuovi ma anche nuovi materiali e forme tra le mani. Era il Natale del 2005 quando entrai in un Trony del centro di Milano coi miei genitori e mio fratello, avevo quattordici anni e, come famiglia, eravamo entrati ormai in una fase un po’ meno romantica e più pratica delle feste. Il succo era “dobbiamo cambiare un po’ di elettrodomestici, facciamo un finanziamento e infiliamoci dentro i vostri regali” e io avevo veramente pochi dubbi su cosa volessi.

In un mondo pre-smartphone, PlayStation Portable era il dispositivo portatile con più sex appel sul mercato, per distacco! Giochi di qualità, grafica senza senso per una console da passeggio, lettore MP3 e pure i film su UMD, praticamente un Walkman multimediale che arrivava direttamente dal futuro, da una delle città di Wipeout, un oggetto capace di aumentare la coolness di chi lo possedeva del 100%. Mi sto esaltando solo a ricordarla, la PSP! Una console bellissima, che dava decisamente più importanza all’estetica che all’ergonomia, coi dorsali trasparenti, i tasti “secondari” leggermente il rilievo, elegantissimi, la linea centrale argentata e quei dischetti che parevano usciti da un Mission: Impossible, supporti che sembravano perfetti per nascondere i dati di costruzione di una bomba nucleare.

Vedere un racing così, portatile, era un sogno che si avverava!

Alle superiori, chi aveva una PSP aveva lo status di un VIP, come il quarterback nei college americani (forse un po’ meno)! Le ore di supplenza (ma non solo quelle, non a caso ho ripetuto un paio d’anni) a giocare, ascoltare musica condividendo le cuffie o guardando roba estremamente esaltante per degli adolescenti, come 300 di Zack Snyder, su quello schermo minuscolo che sembrava però enorme, panoramico, in confronto a quelli dei cellulari dell’epoca. Tutto bellissimo ma soprattutto i giochi, talmente belli che mi ricapita di giocarci pure oggi! L’amore prevedibile per le derapate che scatenò Ridge Racer nel mio cuore, l’amore invece inaspettato per il golf e le partite contro mio fratello, passandoci la console a turno, ad Everybody’s Golf.

Tutti gli anni da vent’anni, Everybody’s Golf su PSP è ormai una routine, per me!

Ma se parliamo di momenti davvero memorabili, devo tornare con la memoria all’estate 2006. Giornate caldissime e infinite ad aspettare le partite dell’Italia ai mondiali di Germania, il tempo occupato giocando ad OutRun 2006: Coast 2 Coast, immaginando un futuro in Ferrari e una never-ending summer senza preoccupazioni, e Me & My Katamari, rotolando, rotolando, rotolando in modo quasi catartico, sviluppando quel gusto per l’assurdo e per le follie nipponiche che mi accompagna ancora oggi. Alcuni dei ricordi videoludici più vividi e intensi che custodisco arrivano da quell’estate, e poi beh, sappiamo tutti com’è andato a finire quel mondiaPO-PO-PO-POPOPOOO! Era proprio un periodo felice e tenere quell’oggetto tra le mani mi faceva sentire particolarmente fortunato. Era anche una Sony in stato di grazia, che dominava il mercato amava (o si poteva permettere di) sperimentare, soprattutto in questo business “secondario”, lanciando roba come LocoRoco e Patapon, due fulmini a ciel sereno del periodo d’oro di Japan Studio, con uno spirito “indie” before it was cool che era veramente qualcosa di rinfrescante e geniale sotto il profilo ludico, estetico e sonoro.

Sto barando, questo è uno screen della remastered, ma insomma, ‘sto gioco me lo sono sognato di notte all’epoca.

Era anche il periodo in cui Tetsuya Mizuguchi si era messo in testa di voler fare Tetris, ma non gli avevano dato la licenza per utilizzare Tetris (avrebbe dovuto aspettare parecchi anni ma ce l’avrebbe fatta, con somma goduria per noi giocatori), e “allora faccio Lumines e costringo tutti sul cesso per ore in partite infinite”, dove la perdita di sensibilità alle gambe era evidentemente parte degli intenti sinestetici del suo creatore: uscire dalla dimensione corporea per diventare forme geometriche e musica. Un puzzle game da maratoneti con una delle colonne sonore più avveniristiche di sempre, che ha condizionando parecchio i miei gusti musicali, non una novità quando si parla delle sue opere. PSP ha plasmato il mio profilo di appassionato di videogiochi, mi ha fatto capire quanto mi piacciano le cose bizzarre, quanto mi piacciano le cose portatili, quanto mi piaccia ritagliarmi spazi per giocare all’interno della giornata senza bisogno di una TV. Davvero un periodo memorabile!

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai "Momenti memorabili", che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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