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Resident Evil 2 – La X segna il punto di non ritorno

Resident Evil 2 – La X segna il punto di non ritorno

Con il podcast su Non aprite quella porta ho iniziato ho iniziato tra me e me una serie di riflessioni su quello che è il concetto di Paura, estremamente collegate a tutta un’altra serie di pensieri che formulo per altri motivi su soggettività, forma e fenomeno.

È chiaro come il concetto di paura sia estremamente legato al proprio vissuto, come dei punti di rottura nel quotidiano in cui si infilano spiragli di irrazionalità e più il flusso è forte, più si perde la brocca, il cosiddetto “timor panico” che coinvolge l’uomo messo di fronte alla natura caotica dell’universo contro un principio di ordine apparente.

Non esiste LA paura, esistono LE paure, e quindi la declinazione soggettiva di un concetto oggettivo, che diventa prima fenomeno - il modo in cui si scopre la paura - e forma, cioè quando si attribuisce una corrispondenza iconica alla manifestazione della paura stessa, con la quale arriviamo al tema centrale di questo pezzo.

La paura è associata al ricordo di essere stato spaventato, perché il processo di trasformazione in icona di una sensazione si è condensato con efficacia. Se invece l’effetto sulla psiche è talmente forte da rimuovere il ricordo, allora stiamo parlando di un trauma.

Io di momenti in cui ricordo distintamente la paura che provai suggeritami dalle opere di finzione ne ho collezionati alcuni. Nella memoria resta quindi questa forte suggestione, estremamente nitida che cristallizza il momento e adesso che ne è passato di tempo, conservo ricordi ancora molto vividi delle relative opere.

Il primo passaggio di televisivo che vidi di Shining (che a Peduzzi fa venire in mente Titanic) capitò mentre ero ospite di una casa d’aste al Grand Hotel di Rimini (quello di Amarcord). Strategicamente piazzati in weekend di bassa se non bassissima stagione, preferibilmente piovosi, per tenere la gente dentro a comprare quadri, o merletti. L’asta dei merletti è un’esperienza che consiglio di provare a tutti almeno una volta nella vita. Quella notte la ricordo come particolarmente lugubre e questa sensazione a sua volta era provocata dalla nomea del film stesso che mi arrivava nei ricordi di bambino come particolarmente spaventoso, come quei nomi sussurrati per farsi grossi tra compagni di scuola per aver avuto accesso a materiale proibito scottante.

La traslitterazione iconica era essenzialmente legata all’albergo sconosciuto, ai suoi ampi corridoi, alla vetustà della struttura romagnola che chissà quante anime erano passate per quei corridoi, per quelle stanze, avevano dormito in quei letti, qualcuno c’era morto? Probabilmente, perché no?

(NDR: il Grand Hotel di Rimini non somiglia per niente all’Overlook Hotel di Shining)

Ricordo distintamente anche la notte in cui finii di leggere il romanzo di King, una notte d’estate, con la luce sul comodino accesa fino ad orari improbi macinando pagine su pagine di un’edizione economica Bompiani, la cui copertina è un’elaborazione grafica del Jack Torrance di Nicholson. All’ultima pagina annotai la data 31/08/2006. Credo in quel momento divenni un avido lettore di King, anche se fino ad ora ritengo Pet Sematary il suo romanzo più spaventoso.

Più recentemente, proprio un ottobre di alcuni anni fa. Era uscita un’edizione rimasterizzata Blu-ray di Suspiria. Suspiria è un capolavoro assoluto e nella sua confezione di plastica rossa è anche molto seducente. La resa della rimasterizzazione forse non proprio delle migliori, con un po’ di aberrazioni negli angoli che contribuivano a modo loro ad aumentare il look onirico del film. Comunque approfitto di questa notte di mezzo nubifragio dove sono bloccato in casa da solo per guardare Suspiria in Blu-ray. Quindi buio, lampi, tuoni, la martellante colonna sonora dei Goblin, colori sparati ultra saturi, la casa vuota e buia. E quando il film finisce, di nuovo buio e di nuovo silenzio, e muoversi a tentoni per la casa senza accendere le luci ha un gusto nuovo o antichissimo, la paura del buio che pensavi di aver archiviato decenni addietro che torna, apparendo alla fine di quel corridoio di cui non vedi la fine, la casa sborda verso l’infinito, non ha più confini. Suspiria è ancora oggi, dopo averli visti praticamente tutti, il mio film preferito di Dario Argento.

Cinematograficamente parlando, altre botte molto forti me le ha data Pascal Laugier, il regista di Martyrs, noto esponente insieme ad Alta tensione e a Frontiers del rinascimento del cinema horror francese. Ma non sono qui per parlare di Martyrs, di cui si potrebbe aprire un capitolo a parte, e non mi pare il caso.

Ghostland è l’ultimo film del regista e mi ha messo seriamente in difficoltà. Non sfocia mai in esplosioni di violenza intensa come Martyrs eppure riesce a lavorare sulla tensione con un moto torcente intestino che su di me ha fatto molta presa, tanto da rinominare quella sensazione di culo serrato “effetto Ghostland”. Quella tensione che, per capirci, quando termina fa sospirare di sollievo molto rumorosamente.
Cronologicamente, l’ultimo film che mi ha procurato l’effetto ghostland è stato Immacolata, probabilmente a causa delle mie antipatie per il clero.

Con i giochi è diverso, gestire una situazione o meno comporta il terminare o meno una sessione del gioco senza la quale è impossibile andare avanti.

Mr.X ha costituito un’esperienza invalidante.

Non ho giocato all’originale Resident Evil 2, questo non mi ha impedito di provare le incarnazioni successive e quindi perché non andare sul remake di cui tutti parlano tanto bene?

Inizialmente sembra tutto molto gestibile, la struttura è interessante, muoversi in questa stazione di polizia… ogni tanto esce un mostro, ma è tutto gestibile, alla fine apri delle porte, chiudi delle finestre, il bizzarro mondo di passaggi segreti, frutto della mescolanza di funzioni tra centrale di polizia e museo, crea un contesto pittoresco ma mi va bene così. Pure i mostri, che composti cadono a terra dopo essere stati sparati il giusto, non troppo esosi, non troppo aggressivi, facili da tenere a bada. Tutto bello, divertente, avvincente, luminoso il giusto.

E poi arriva Mr. X.

Quando arriva Mr. X, tutta la sensazione di falsa sicurezza, la confidenza acquisita con l’ambiente e i nemici crolla miserabilmente e svolgere qualsiasi compito elementare come prendere oggetto A da stanza B, portarlo in stanza C dove far funzionare meccanismo D ( in pratica questo è il loop del gioco che lo fa somigliare ad una versione molto complessa e molto barocca di Pac-Man) diventa difficilissimo. Per non parlare del fatto che sembra che i mostri siano più resistenti e aggressivi da quel momento in poi, che le munizioni non bastino mai, che ti ritrovi sempre incastrato in un angolo. E in sottofondo quel passo pesante che diventa il metronomo del tuo battito cardiaco.

Mr. X, per me, è soverchiante.

Ricorda un mio incubo ricorrente, ma che credo sia capitato a tutti almeno una volta, di sognare di essere inseguiti da qualcosa di inarrestabile. Questa figura implacabile non può essere fermata in nessun modo, resiste imperterrito a tutti gli attacchi, scavalca tutti i blocchi.

È una cosa che mi capita(va?) in condizioni di forte stress, ansia, cose così insomma e Mr. X è esattamente la personificazione di quella cosa lì, con il suo aspetto anche ordinario, con la sua calma olimpica, perché lui non si sbatte e non ti insegue perché per lui non sei una minaccia. E quindi qui ho smesso. Non dalla mattina alla sera, semplicemente Resident Evil 2 Remake ha iniziato a ristagnare lì scorrendo verso destra nella schermata di home della PlayStation, sempre più in disparte. E poi si sa come vanno a finire queste cose, quando su determinati giochi che richiedono molta concentrazione non puoi improvvisare, necessitano di consapevolezza tattile, di un feeling che una volta rotto è difficile riattaccare. Anche purtroppo, mi viene da dire, perché mi stavo divertendo, fino a Mr. X.

Inutile dire che ho anche i remake del terzo e quarto Resident Evil, presi nelle solite tornate di sconti ridicoli, perché sì. Non so se mai ci giocherò.

Questo articolo fa parte della Cover Story “I migliori spaventi della nostra vita”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

C’è qualcosa che sbava dietro la finestra

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