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L’indagine paranormale di Return of the Obra Dinn

L’indagine paranormale di Return of the Obra Dinn

Una nave fantasma viene avvistata, anni dopo la sua scomparsa, di ritorno dagli inferi. Un mercantile trasformato in un’enorme bara di legno marcio, tornato dall’oscurità seguendo correnti sovrannaturali, custode di una manciata di cadaveri e altrettante anime disperse. Sessanta passeggeri partiti per conto della Compagnia delle Indie Orientali e mai tornati a casa, inghiottiti dall’oceano, dissolti in acque esotiche, maledette, chi da vittima, chi da carnefice, tutti dannati.

Scene di quotidianità (e di brutale giustizia sommaria) illustrate dal pittore che viaggiava sulla Obra Dinn.

La fascinazione per i burocrati di Lucas Pope, già chiara in Papers, Please, continua anche nella sua seconda opera, dove non si interpreta un detective vittoriano, bensì un agente assicurativo della Compagnia, che deve ricostruire cosa diavolo sia successo alla Obra Dinn e ai suoi passeggeri nei cinque anni tra la partenza per Capo di Buona Speranza (non così buona, col senno di poi) e il suo macabro ritrovamento. Un’impresa improba, però, senza un piccolo aiuto paranormale. Non ho mai capito se fosse una dotazione standard dell’agenzia ma sicuramente il nostro alter ego possiede un Memento Mortem, un elegante orologio da taschino capace di proiettarci negli ultimi istanti di vita di quello che ora è solo un corpo senza vita. Il fatto che questo pittoresco oggetto si usi da subito con una certa nonchalance mi ha sempre fatto venire voglia di vederlo protagonista in altri contesti, magari sulle tracce di Jack lo Squartatore (che ne pensi, Lucas?), robe del genere.

Il Sacro Graal di ogni detective!

Ma non divaghiamo: per me, Return of the Obra Dinn fu il più classico dei colpi di fulmine. Quell’estetica fake-Macintosh che esalta l’atmosfera lugubre del mercantile, le sue tante ombre e poche luci (anche metaforicamente), l’ambientazione marittima, la solitudine che si respira negli alloggi, sul ponte, nella stiva, svuotati di vita e riempiti dai ricordi, dai resti materiali, da quegli istanti che prendono vita in fermo immagine tridimensionali che mostrano situazioni agghiaccianti, schegge di trauma e terrore; nelle orecchie le loro voci, urla e poi silenzi. Gli anni di navigazione della Obra Dinn sono segnati da incidenti, ammutinamenti, vendette, sospetti, follia, ambizione, apparizioni mostruose. Ricostruire identità e destini è un lavoro di deduzione, un puzzle mentale più che di genere, un’avventura statica, con poche interazioni ma tantissimo pensiero laterale.

Il mare in tempesta è solo uno degli orrori che l’equipaggio e i passeggeri della nave hanno dovuto affrontare.

La soddisfazione dell’avvicinamento alla realtà dei fatti è parte di una sensazione più profonda e meno facile da spiegare, che prescinde dagli aspetti puramente ludici: far riaffiorare dall’oblio la storia di persone scomparse, dare un perché alla loro morte, chiudere un cerchio. Infatti, al di là della geniale meccanica racchiusa nel Memento Mortem e di una fluidità straordinaria (per un gioco così cerebrale) del gameplay, quello che, secondo me, rende così speciale il capolavoro di Pope è la capacità dare vita, attraverso pochi minuti dedicati a ciascuno, a 60 personaggi, raccontandoceli attraverso azioni e deduzioni, direttamente o vedendoli riflessi in altri episodi. L’espediente paranormale è un modo brillante per raccontare un’umanità in alto mare, un campione di persone isolato che deve fare i conti con la convivenza forzata, gli elementi, l’inspiegabile, l’orrore. Tutti avevano un motivo per intraprendere questo viaggio, per assecondare il richiamo del mare, chi per lavoro, per iniziare una nuova vita o per godere del mistero che una traversata del genere porta inevitabilmente con sé. Una serie di sfortunati eventi frutto di un subdolo gioco del destino, che mi trasmise parecchia empatia e voglia di impegnarmi nel mio “lavoro”, illudendomi di stare facendo realmente qualcosa di importante.

Cosa ha scatenato questa tragedia?

C’è poi il lato lovecraftiano dell’opera, in un mercato che ha spesso preso spunto non rendendo poi troppa giustizia al materiale letterario d’ispirazione, Obra Dinn cita atmosfere e suggestioni con eleganza, senza sbrodolare, evitando di eccedere e diventare più ridicolo che inquietante. Il senso di ignoto che si respira, insieme all’odore di salsedine, alghe e putrefazione, dà corpo a una tensione strisciante, come se dietro ogni angolo della nave si dovesse nascondere qualcosa di indicibile e spaventoso, ingiustificata col senno di poi, eppure atavica come la paura del buio, pure in un ambiente che razionalmente si sa essere innocuo. Uno dei capolavori della scorsa generazione e uno dei migliori investigativi di sempre è un videogioco basato sulla suggestione, capace di scatenare sensazioni violente e parlarci di memoria, oblio e morte come in pochi riescono a fare. Alla fine, una volta compilato il registro e svolto il nostro lavoro, la verità giuridica sarà portata a galla, ma ci sono certe cose che il mare custodirà per sempre nella sue profondità, senza rivelarle mai a nessuno.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai pirati, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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