Outcast SOTY 2022
Come è ormai per noi tradizione, continuiamo serenissimi a fare con calma e prenderci il tempo che ci serve per pubblicare i nostri elenconi brutti delle robe che abbiamo preferito nell’anno appena conclusosi. Perché, con calma? Ma perché chissenefrega di farlo super tempestivo assieme a tutti quanti, meglio lasciar germinare e maturare lungo i primi giorni dell’anno nuovo. Eccoci allora ai nostri ormai tradizionali OTY. Le regole, come sempre, sono semplici, e infatti le copincollo da quelle degli anni passati: ciascuna delle persone partecipanti, selezionate in base al classico criterio "Chi c'ha voglia", integrato con "Chi si ricorda", "Chi manda la roba per tempo" e "Chi non ha la sfiga di averla mandata in una maniera che abbia fatto sì che poi sia andata persa", deve indicare una serie, un film e un videogioco che ritiene svettino rispetto a tutto il resto e dare anche una minima motivazione. Ovviamente, poi le regole vanno subito nel cesso e ogni singola persona fa quel che vuole, ma insomma, siamo fatti così.
Lo spirito non è quello di fornire indicazioni oggettive e completissimissime, è solo che ci piace dire la nostra e, magari, consigliarvi cosette interessanti che vi sono sfuggite. Tutto qui. Si comincia oggi con le serie TV, poi domani i film e infine mercoledì i videogiochi.
Buona lettura e buon 2023!
Stefano Talarico
Ammetto che, quando arriva un prodotto di intrattenimento folgorante, rimango sempre un po’ deluso quando non si tratta di qualcosa di autoconclusivo. Per dire, in un anno in cui Disney+ ha portato The Dropout, Under the Banner of Heaven e Dopesick, serie ottime che dicono quello che devono in una manciata di episodi, spiace scoprire alla fine di The Bear che ci sarà una seconda stagione, più che altro perché è facilissimo rischiare di perdere quella magia e ritrovarsi con in mano una seconda stagione di The Morning Show, che nel giro di una puntata decide di prendere quanto di buono fatto nella prima stagione e buttarlo nel cesso. Sebbene quest’anno ci siano anche stati ritorni eccellenti, come Euphoria, l’ultima stagione di Better Call Saul (ancora una volta strepitoso esempio di come fare un prequel assolutamente non necessario) e addirittura Boris, che nonostante soffra della sindrome di Return to Monkey Island (parlare più ai suoi autori che al suo pubblico) è riuscita a non deludere le aspettative, alla fine credo che la serie dell’anno sia Scissione. Certo, è difficile perdonargli di averci lasciati appesi alla fine dell’ultima puntata, ma la serie di Apple TV+ è riuscita a guadagnarsi l’attenzione di tutti nonostante temi scomodi, un’estetica rarefatta e, beh, il fatto di essere uscita su Apple TV+. Scissione è una piccola perla fatta di grandi interpretazioni, una messa in scena strepitosa nello sfruttare un ufficio asettico per trasmettere una tensione pazzesca e un certo retrogusto di Lost che ti fa apprezzare tantissimo il viaggio, nonostante ci sia il rischio che la destinazione sia un incidente aereo e, boh, il purgatorio? Cos’era quella roba lì, alla fine? Vai a sapere™.
Davide Moretto
Per il secondo anno consecutivo, devo dare il premio di miglior serie ad una produzione AppleTV+. Se l'anno scorso ero rimasto colpito da Ted Lasso, la grande sorpresa del 2022 si chiama Slow Horses, magistrale ritorno delle spie, quelle vere, tra le strade di Londra. Scritta benissimo, in bilico tra la guerra fredda di un tempo che fu e gli estremismi più attuali, Slow Horses è portata avanti da un cast eccellente, dove troneggia un Gary Oldman irriconoscibile ma strepitoso.
Consigliatissima a tutti e soprattutto a chi ama le spy story belle belle.
Francesco Tanzillo
Dire che negli ultimi anni Star Wars non se la passa bene è un eufemismo. Una trilogia mediocre, dagli esiti narrativi flebili; un ritorno al recente passato esplorando ancora una volta posti e personaggi che avevamo abbandonato senza troppo rimpianto alla fine della trilogia prequel; una serie di serie che una volta aperto il giocattolo si rivelano essere spottoni e marchette per altre serie che a loro volta continuano a vivisezionare l’universo narrativo di Lucas oltre i confini dei quali lui non sapeva nemmeno l’esistenza.
Questo reimpasto di lore, per i miei gusti, è ingestibile e, quando fatto nei modi in cui sono fatte la seconda stagione di Mandalorian, The Book of Boba-Fett e Obi Wan, mi annoia anche.
Quindi su Andor non avevo aspettative, giustamente. Su Andor ho fatto un sacco di battute, è più forte di me, è l’unico modo che conosco per approcciare qualcosa. L’ho definita “la serie tv su Salvatore Giuliano”, “la storia di uno che diventa brigatista”, “la storia di uno che entra nell’IRA” e negli ultimi giorni, perché arrivata su Netflix, parallelamente ho definito Esterno notte come “l’Andor italiano” ed è tutto vero. Perché la dignità di scrittura, la messa in scena, la regia, la crudezza e la maturità con la quale i fratelli Gillroy trattano il materiale di Star Wars, non come un pupazzo da imbottire di naftalina ma come materia viva e metafora valida per raccontare il presente, è incredibile e la piazza out of the blue tra le migliori serie degli ultimi anni. Non perché sia una serie di Star Wars ma perché i modi con i quali questa sono fatti potrebbero essere validi per qualunque altra grande serie contemporanea, con il bonus che essendo ambientata in quel mondo là non deve ricorrere ad escamotage per sembrare meno intellettuale (penso al gusto modaiolo per l’eclatante che ha sempre allontanato, ad esempio, Peaky Blinders dalle vette delle classifiche di gradimento). Inoltre, pur essendo una serie molto “fredda” e all’apparenza distaccata nel raccontare gli eventi che innescano la nascita dell’Alleanza Ribelle, riesce nel non facile compito di farti empatizzare con tutti, non attraverso facili escamotage ma con una solida scrittura dei personaggi.
Andrea Peduzzi
La mia meglio roba tivvù dell’anno è Pachinko, che in zona cesarini è riuscita a battere i vari Andor, The Bear e Severance. Evidentemente la serie distribuita da Apple TV+ era - è - esattamente ciò di cui avevo bisogno: una bella epopea familiare in odore di period drama ambientata tra Corea, Giappone e Stati Uniti; raccontata attraverso un montaggio alternato di prima qualità e popolata da un cast eccellente nel quale spiccano Soji Arai e Minha Kim, fermo restando che sono comunque tutti bravissimi e ad avercene. Spiace per Disneymarvel, ma cosa posso farci? Evidentemente, con l’età sono diventato un bersaglio facile per tutti quei drammoni capaci di intercettare, attraverso il vissuto della gente comune, la Storia con la “S” maiuscola.
Alessandro De Luca
Ero convinto di aver visto pochissime serie TV uscite nel 2022, e invece, leggendo le varie liste pubblicate online in questo periodo, ho scoperto di averne guardate abbastanza da potermi permettere il lusso dell’imbarazzo della scelta per la migliore dell’anno. Ci sono state tre serie in particolare che se la giocano per il titolo: The Bear, Andor e Scissione. Confesso di essere ancora indecisissimo su quale scegliere mentre scrivo questo pezzo. Mettiamola così, facciamo un parimerito tra Andor e Scissione.
La prima perché mi ha fatto ritrovare il mio amore ormai sopito (e che temevo morto e sepolto, visto il livello delle ultime produzioni “televisive”) per l’universo di Star Wars, con una serie che finalmente racconta sul serio cosa vuol dire vivere sotto il dominio dell’impero e che impatto ha il fascismo intergalattico sulla vita delle persone normali che non si chiamano Skywalker, Organa o Solo. Ne abbiamo parlato in abbondanza in un podcast monografico, quindi vi rimando a quello se volete approfondire l’argomento.
Scissione, invece, è stata una vera e propria sorpresa. Ho scoperto della sua esistenza leggendo appunto una delle tante liste “Best of 2022” e l’ho divorata in tre giorni (tre puntate a sera per un totale di nove, da una cinquantina di minuti l’uno). È una serie che balla allegramente e magistralmente tra distopia, fantascienza, lotta di classe, denuncia dello strapotere delle corporazioni, discussioni sulla salute mentale e molto altro e mi ha ricordato tantissimo Control, il videogioco (e non approfondisco per non rischiare di rovinare la sorpresa a chi deve ancora guardare Scissione). Fa anche parte del sottogenere “cazzate che gli uomini fanno piuttosto che andare da uno psicologo/psichiatra”, che trovo sempre affascinante (e sarebbe anche comico, se non fosse una tragica realtà). Il finale della prima stagione mi fa morire dalla voglia di guardare la seconda, che non vedo l’ora che arrivi.
Marco Esposto
Non ho visto molte serie, riesco sempre meno perché o recupero vecchie produzioni (ciao Star Trek, giuro che ti continuo!) o preferisco guardare film. Ma Dahmer - Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer (nel 2022 i titolisti italiani ancora ci tengono a metterci del loro) mi ha quasi portato a fare binge watching, cosa che aborro sui prodotti nuovi e infatti non l'ho fatto, ma ci stavo cascando, maledetti quelli di Netflix. Una serie molto elegante nella messa in scena delle mostruosità dell'assassino, che non mostra praticamente nulla ma fa intuire tutto, che è pure peggio. Moralmente c'è stato qualche problema produttivo, e sono d'accordo che ci vorrebbe più accortezza quando si crea un prodotto simile e si dovrebbero consultare e rispettare le persone coinvolte (perlomeno quelle ancora in vita) ma la serie sta lì ed è veramente bella. Troppo lunga, che all'episodio 5 (bello) mi sono chiesto se ne servissero altrettanti per raccontarmi quella storia. E infatti non servivano. Però bella. Please Don't Go dei KC & The Sunshine Band è da sempre una delle mie canzoni preferite e spesso ascoltate, ora se la metto in auto ad alto volume tutti alzano un sopracciglio.
Andrea Maderna
Bluey è una serie dalla bellezza incredibile, che fa ammazzare di risate me e mia figlia grazie al suo umorismo montypythonesco ma riesce anche a torcermi budella e occhi grazie al suo approccio adorabile alle dinamiche di famiglia. Praticamente ad ogni puntata scatta l'umidità, nel senso che o mi piscio sotto dal ridere o mi si gonfiano di lacrime gli occhi. Realisticissimo nella sua assurdità, oltremodo creativo, attento ai dettagli più minuscoli (adoro come utilizza lo scondizolare dei cani antropomorfi per sottolinearne l'emotività), sempre intelligente in come tratta i personaggi di tutte le età, dando a ognuno di loro uno scopo, un carattere, delle motivazioni. Dolce, amorevole, sarcastico, irresistibile nella caratterizzazione dei genitori che si smarronano e nell'approccio "realistico" alle situazioni più fantasiose. E con gli accenti australiani che mi fanno morire. Per quanto mi riguarda è la serie migliore attualmente in onda, e di roba clamorosa nel 2022 ne ho vista parecchia, eh!
Angelo Di Franco
Avendo a suo tempo apprezzato molto The Raid di Gareth Evans e relativo seguito, non potevo non seguire con una certa attenzione Gangs of London, creatura televisiva del regista e sceneggiatore gallese. La seconda stagione, che vede ancora una volta diverse bande criminali in lotta fra di loro per il controllo di Londra, spinge fortemente l’acceleratore sulle scene d’azione: sparatorie, esplosioni e scontri corpo a corpo sono presenti in ogni puntata, farciti da sangue e una violenza assolutamente esplicita e brutale. Purtroppo l’impianto narrativo resta un po' scricchiolante, come nella prima stagione, e i tanti personaggi sono probabilmente difficili da gestire in sole otto puntate, tuttavia questa seconda serie funziona molto meglio della prima, avendo anche perso, fortunatamente, una certa lentezza di fondo che la caratterizzava.
Natale Ciappina
Non ho particolari antipatie per il Marvel Cinematic Universe che anzi è stata, fra le narrazioni collettive, quella che più mi ha fomentato. È che non riesco ad andare oltre a un certo conformismo che avvolge ormai quasi ogni serie TV o film che ha il logo della Marvel ai titoli di testa, ed è forse per questo che ho preso subito in simpatia Peacemaker. Per la sua sigla, restando in tema di sequenze iniziali: in un mondo in cui gran parte dei servizi di streaming ti fanno skippare in automatico opening già brevissime di loro, Peacemaker ne piazza una che dura ben un minuto e mezzo, così goduriosa e strampalata che più passano le puntate e più viene voglia di alzarsi a ballare e cantare davanti allo schermo. Sospensione della vergogna, non tanto dell'incredulità, che si ripete con forme ed espendienti diversi in ognuna delle otto puntate che compongono questa prima stagione, scritta e diretta quasi per intero - mica poco, per una serie TV - da James Gunn. Piena di mazzate, esagerazioni e minchiate varie, oltre che con un cast eccezionale (John Cena fra i migliori attori comici di Hollywood, punto e basta), Peacemaker è arrivata in Italia solo il 22 dicembre, su Timvision. È il modo e il momento perfetto per un recuperone di inizio anno.
Stefano Calzati
Non mi sono dedicato tantissimo alle serie TV l’anno scorso e non ho neanche mai avviato Cyberpunk 2077 pur avendolo lì, installato su PS5, ma la mia serie preferita è stata sicuramente Edgerunners. Studio Trigger e CD Projeckt RED sono riusciti a tirare fuori uno spaccato di Night City dal gusto fusion, nippo-occidentale, esagerando con le animazioni (in senso buono), coi colori e la messinscena, condensando poi il racconto in dieci puntate che bruciano come il fulmicotone e chiudono tutte le linee narrative in un finale tanto struggente quanto distruttivo. David e Lucy, il loro amore tormentato in un turbine di violenza, dipendenze e tenerezze, le corporation che tirano i fili, i cyberpunk che da un lato sfruttano il sistema ma dall’altro cercando di farlo crollare, con un modus operandi a metà tra il crimine organizzato di stampo mafioso e l’anarchia pura. Un sottobosco di personaggi perfetti per descrivere un mondo dove esistono solo sfumature di grigio e dove la vita umana (e la propria umanità) ha sempre un cartellino col prezzo ben leggibile. Psichedelico come una scheda di Braindance, intenso come una nottata in fuga dalla polizia, doloroso come un impianto Sandevistan che comincia a dare i numeri.