Outcazzari

Racconti dall'ospizio #237: Super Mario Bros. 2 non era il seguito che ci aspettavamo

Racconti dall'ospizio #237: Super Mario Bros. 2 non era il seguito che ci aspettavamo

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

La storia di Super Mario Bros. 2 è ormai nota da tempo: si trattava in realtà di un gioco su licenza di un celebre cartone animato dell’epoca, sviluppato da Nintendo e dallo stesso Miyamoto, che fu poi ripreso negli Stati Uniti, cambiando alcuni sprite in modo di trasformarlo in un seguito effettivo di Super Mario Bros. La prima volta che ci giocai fu poco dopo la sua commercializzazione in Italia. Era la fine degli anni Ottanta. Ora, non ho molta voglia di fare calcoli, ma all’epoca io ero circa in seconda media, o giù di lì. A quei tempi, non ci si comprava giochi con la frequenza di oggigiorno, e di certo la mia non era una famiglia benestante. Quindi, le occasioni per entrare in possesso di una nuova e costosissima cartuccia per NES erano per lo più in corrispondenza di Natale o del proprio compleanno. Le console non erano nemmeno diffuse come oggi... voglio dire, chi, oggigiorno, non ha almeno una console o un computer a casa? All’epoca, invece, trovare qualcuno che avesse un sistema da gioco qualsiasi in casa era davvero raro. Per fare un esempio, nella mia cerchia di amici più stretti, l’unico possessore di un NES ero io. Nel caso di Super Mario Bros. 2, però, ebbi la fortuna di riceverlo in prestito da una mia compagna di classe, che fece da tramite tra me e il fratello più grande. Ecco: io potei giocarci grazie a lei.

E devo dire che già allora, completamente inconsapevole del fatto che si trattasse di un seguito “apocrifo”, alcune cose mi suonarono “stonate”. Perché non c’era più traccia di Bowser e dei Koopa Troopa? Ma soprattutto: perché Mario non sconfiggeva più i nemici saltando loro in testa? Questo era strano! Il mio primo contatto con i nuovi nemici generici, quegli Shy Guy che poi sarebbero stati canonizzati definitivamente nella serie a partire da Yoshi’s Island su Super Nintendo, fu proprio quello di saltar loro in testa e, con mio stupore, scoprire che questo non sortiva in loro nessun effetto. Continuavano a camminare, trasportandomi sulla loro schiena come se nulla fosse. Per abbatterli, era necessario sollevarli e lanciarli contro un altro nemico, o lanciar loro qualche altro oggetto raccolto in giro per lo scenario. E quelle teste di aquila che si aprivano alla fine dei livelli, che andavano attraversate per andare al successivo? Dov’erano finite le bandierine? Queste furono domande che mi posi subito, ma infondo diedi alla cosa poca importanza e, anzi, in qualche modo, giudicai coraggiosi quei cambiamenti, pensando che Nintendo avesse avuto davvero “le palle” a stravolgere così tanto Super Mario.

Ad ogni modo, Super Mario Bros. 2 era veramente bello, quindi le mie domande morirono lì, lasciando spazio al divertimento. A ripensarci oggi, col senno di poi, nessuno degli elementi caratteristici del Mario originale e dei giochi successivi  dell’idraulico compariva in questo Super Mario Bros. 2, e ora sappiamo il perché. Però, Super Mario Bros. 2 era indubbiamente un avventura enorme e bellissima, che all’epoca lasciava a bocca aperta, e la quantità di segreti nascosti al suo interno lasciava pochi dubbi sul fatto che quello fosse davvero un suo seguito, sebbene la struttura fosse così differente. La grafica aveva fatto un gigantesco salto in avanti: ora era super fumettosa e i protagonisti del gioco erano caratterizzati in modo davvero stupendo. Prima di affrontare ogni stage, avevamo la possibilità di scegliere il nostro personaggio preferito tra Mario, Luigi, Peach e Toad. Inoltre, ognuno di loro aveva caratteristiche differenti. Mario era il personaggio più bilanciato in tutto, mentre Luigi (che per la prima volta veniva descritto come alto e magro) saltava più in alto e rimaneva in aria più tempo degli altri. La principessa poteva fluttuare in aria per qualche secondo, mentre Toad era più veloce degli altri sia a spostarsi che nel sollevare nemici ed oggetti. L’esplorazione era libera, quindi ci si spostava in ogni direzione, permettendo al giocatore di andare avanti e indietro nei livelli alla ricerca dei millemila oggetti nascosti, trucchi e warp zone nascosti nei punti più bizzarri. Le musiche, poi... anche in questo caso, nessun legame col passato ma, come per il primo episodio, ti rimanevano in testa in maniera imperitura.

Super Mario Bros. 2/Doki Doki Panic era una fucina di idee strabilianti, degne del miglior Miyamoto. Oggi non potrei più dedicare le ore che spesi da bambino dietro a questo gioco, nel tentativo di scoprirne tutti i segreti, ma all’epoca, ogni partita era una scoperta. Scorciatoie, strade secondarie e stanze segrete nascoste ovunque con la perizia inconfondibile della Nintendo più in forma. Raccogliendo alcune ampolle e lanciandole al suolo, comparivano delle porte che, se attraversate, ci trasportavano in una schermata speculare di quella dove l’avevamo attraversata. In questo luogo, accessibile per uno spazio temporale di pochi secondi, potevamo trovare oggetti nascosti. Il bello, però, è che non sempre pagava lanciare le suddette ampolle lì dove le avevamo trovate, anzi: esplorare e sperimentare era la chiave di tutto. Cosa ci fa un vaso lì sotto? Proviamo! Prendevi la tua ampolla, attraversavi mezzo livello per raggiungere il vaso e, una volta lanciata l’ampolla e attraversata la porta, provavi ad infilarti al suo interno, come accadeva con i tubi del primo Super Mario Bros., et voilà, ecco una Warp Zone che ti faceva saltare un intero mondo!

Ambientazioni stupende tra isole tropicali, deserti e montagne ghiacciate fino ad arrivare sulle nuvole. Boss ingegnosi che necessitavano di astuzia e intuizione per essere sconfitti… Ogni partita era una scoperta e un’autentica emozione, che ancora oggi, dopo vent’anni, riesce a mantenere il suo fascino senza sentire minimamente il peso del tempo. Una volta sconfitto l’ultimo boss, poi, si scopriva (SPOILER) che il tutto non era altro che un sogno di Mario, cosa che giustificava “romanticamente” anche la diversità dal capitolo originale, e durante i titoli di coda del gioco, mentre passavano i nomi (sotto forma di pseudonimi degli sviluppatori), c’era il nostro idraulico baffuto che dormiva, animato in modo così spettacolare, per l’epoca, che ancora oggi ricordo il mio autentico stupore. 

Super Mario Bros. 2 è un gioco spettacolare, meritevole di essere doverosamente riscoperto ancora oggi. Non servono remake, non servono adattamenti: oggi come allora, è bellissimo, un platform di alta scuola, pieno di idee forse inspiegabilmente poco sfruttate e sciacallate dai giochi usciti in seguito. A mio parere, rimane una pietra miliare del genere, a cui ogni amante dei videogiochi dovrebbe aver giocato in modo tutt’altro che superficiale, e se state leggendo queste righe e non lo avete fatto, dovreste colmare questa lacuna immediatamente. All’epoca non leggevo riviste, non c’era l’informazione che c’è ora sui videogiochi, ma sono certo di una cosa: se fossimo in un mondo parallelo in cui questo gioco non fosse mai stato concepito, e uscisse oggi, tale e quale, con una marmotta al posto di Mario e intitolato in modo differente, la critica lo incenserebbe come capolavoro, alla stregua di Fez o altri fenomeni indie del genere, che negli ultimi anni hanno saputo riportare alla ribalta videogiochi 2D e pixel art. Non ho altro da aggiungere, se non che non gioco a Super Mario Bros. 2 dalla sua ultima riproposizione su Game Boy Advance (accompagnò il lancio della console), nell’ormai lontano 2001, con il titolo di Super Mario Advance, ma dopo aver scritto queste righe, mi è venuta una folle voglia di farci una partita, quindi corro ad accendere al volo il mio NES Mini e vado a rinfrescarmi la memoria!

Le buste sorpresa non mentivano. Uno sguardo indiscreto all'universo cinematografico Marvel

Le buste sorpresa non mentivano. Uno sguardo indiscreto all'universo cinematografico Marvel

Old! #302 – Aprile 2009

Old! #302 – Aprile 2009