Super Mario Bros. Wonder, tra difficoltà e gioie condivise
Danzavamo tra fiori, nuvole e note musicali in una coreografia quasi perfetta. Se ripenso al fatto che che sei scomparso così, senza alcun preavviso, quasi mi si spezza il cuore. Questa è una storia di amiciza non-verbale irrisolta, ma quasi perfetta.
Ho da sempre nutrito un amore molto forte per i rhythm game, per quel costante tentativo di trovare il timing perfetto, percepire il beat e coordinare l'input. Provo una certa sensazione di gioia quando l'atto del giocare diventa come una danza, quando la ripetizione del pattern porta alla perfezione di esecuzione. Sotto la medesima ottica, ho da sempre anche amato i giochi platform, soprattutto quelli brutali che proprio non ti danno tregua e che se solo fai un erroruccio e ritardi l'input di una piccolissima frazione di secondo non hai scampo. Li metto nello stesso calderone dei rhythm game proprio perché, in fondo, sempre di quello si tratta: ti scontri decine se non centinaia di volte contro un ostacolo, fallisci miseramente ma riprovi senza alcun timore, fin quando non hai padronanza totale della sequenza; il terreno non è altro che il manico della chitarra di Guitar Hero, ma invece di dar plettrate sulle corde, passi con destrezza da un doppio salto ad un wall jump.
Alla categoria dei platform più brutali, di cui può far parte ad esempio il relativamente recente Celeste, non appartiene certamente Super Mario Bros. Wonder. La scalata della montagna diretta da Maddy Thorson è di base parecchio impegnativa, ma il gioco permette di abbassare il livello di sfida tramite diverse opzioni di accessibilità (ad esempio disattivando il game over, o rallentando il gioco stesso). Wonder, al contrario, parte da un livello di sfida abbastanza basso, e permette di alzarlo - ma non di molto - tramite alcuni elementi di gameplay, come le spille che danno al giocatori diverse abilità e, in pochi casi, dei malus. Il gioco Nintendo va quindi in una direzione diversa, focalizzandosi principalmente sul fattore sorpresa a netto discapito del livello di sfida generale: con livelli corti dalla durata media di una manciata di minuti, strizza l'occhio al gaming mobile, diventa super accessibile e si preoccupa quasi esclusivamente di avere un ritmo forsennato e di stampare sempre un sorriso in faccia a chi sta giocando, senza mai portarli a ricorrere alla bestemmia (ad esclusione del livello segreto "Monte Puff Puff SP: Scalata a ritmo"; quello mi ha personalmente condannato a punizioni divine inenarrabili). La formula è a mio avviso vincente per un gioco di Mario; egoisticamente avrei preferito una sfida di default più alta, ma allo stesso tempo non credo fosse quello l'obiettivo del team di sviluppo.
Se già Super Mario Bros. Wonder è quindi un platform relativamente poco impegnativo (la sfida la si percepisce quasi esclusivamente nei livelli segreti opzionali), quello che lo rende ancora più facile da affrontare è la componente online, nel caso questa venga attivata. La struttura del gioco di rete di Wonder, prendendo spunto da diverse meccaniche di design cooperativo assodate dall'industria nell'ultimo paio di decenni (basti pensare a Noby Noby Boy o al più recente Death Stranding), permette ai giocatori di aiutarsi a vicenda in momenti di difficoltà in modo semi-asincrono. Una volta avviato un livello, si viene messi in un party con tre altri giocatori (visibili come fantasmi), ma si può interagire con questi in modo molto limitato: il livello rimane effettivamente "locale" (quindi ogni utente ha i propri nemici e i propri powerup), ma i giocatori possono comunicare via emote, condividere risorse, o riportarsi in gioco a vicenda, in caso di morte. Si possono anche utilizzare standees per offrire checkpoint agli altri, o anche per segnalare - in quello che viene generalmente considerato "gameplay emergente" - la posizione di segreti sparsi nei livelli. Non solo quindi si parte da un gioco generalmente facile, ma per di più lo si rende ancora più gestibile grazie a queste meccaniche di gioco pro-sociali.
Ad esser sincero, mi son detto diverse volte “forse dovrei disattivare l'online; amo la sfida e qua sta diventando tutto un pò sempliciotto”. Non c'è un grandissimo senso di soddisfazione quando, in caso di un errore, basta balzellare per qualche secondo e raggiungere un altro giocatore per tornare in vita e far finta che quell'errore non sia mai stato commesso. È lo stesso motivo per cui un gioco come Forza Horizon diventa privo di un soddisfacente senso di tensione una volta che viene offerta la possibilità di riavvolgere il tempo e correggere quando si vuole ogni minimo errore. Ma nel caso di Wonder, forse per mancanza di voglia, o forse perché giocare Switch in mano coricato sul divano è troppo comodo per scazzarmi da solo - mi sono alla fine anche piacevolmente cullato su questo ritmo mega rilassato, focalizzandomi piuttosto sulla gioia che ogni nuovo fiore meraviglia mi dava, rispetto che alla mia volontà di soddisfare i miei desideri di sfida ludica.
E poi ho incontrato ToadGiallo43.
"Prova suprema: Spille a gogo": è questo il titolo dell'ultimissimo livello segreto di Super Mario Bros. Wonder. Una sorta di decathlon digitale in cui i giocatori devono affrontare una sequenza di ostacoli che richiede l'utilizzo di tutte le spille sbloccate nel gioco. È certamente il livello che più di tutti gli altri è pensato per chi vuole stuzzicare quel senso di sfida veramente fuori di testa e anche un pò masochista (nonostante questa iterazione, al contrario di molti Mario precedenti, offre comunque un sistema di checkpoint tra alcune sezioni del livello stesso).
Avvio il livello e siamo subito in quattro, tutti a giocare insieme ma su piani di gameplay paralleli. Spammiamo tutti l'emote della faccina sorridente - giusto per darci forza - e ci lanciamo immediatamente. C'è chi ci lascia le penne subito facendo un salto troppo corto, c'è chi viene divorato da una pianta carnivora. In un paio di occasioni riesco a riportare in vita qualcuno tra un'acrobazia e l'altra, e rapidamente - dopo una sudata sezione sott'acqua - arriva il primo checkpoint. Un primo grande sospiro di sollievo. “Dai che sto livello ce lo portiamo a casa facile“, penso.
Qualcosa però è già cambiato: adesso siamo solo in tre. Uno di noi avrà forse pensato “ma chi minchia me lo fa fare“ e avrà staccato senza nemmeno soffrirne troppo. Per me ed altri due la sfida continua per una buona mezz'ora. La prima sezione è quella che ci costringe all'uso del mega-salto e ci forza ad una rapidissima marcia forzata su rotaie. Per me è apoteosi, vengo avvolto alla perfezione in quella sensazione di trovarmi in un rhythm game in cui l'unica cosa che conta è il tempismo perfetto. Non vedo più le rotaie, non vedo nè la lava nè le monetine. Sento solo il ritmo e le mie dita scandiscono gli input come un macchinario rodato alla perfezione.
La mia autostima però crolla molto rapidamente nella sezione finale; ogni ostacolo diventa a tratti ingestibile e immediatamente noto che abbiam perso un altro membro del party. È in questo momento che tutto cambia. Accanto a me c'è ToadGiallo43. Lo immagino come un ragazzino di tredici anni, ma magari è una ragazza di trenta molto più brava di me. O magari 43 è l'anno di nascita e sono io il giovincello, chi lo sa. Da questo momento in poi sappiamo entrambi, senza bisogno di alcuna chat vocale o testuale, che non ce la potremo fare senza lavorare insieme. Ed è così che allora procediamo in perfetta coordinazione uno alla volta, in modo tale da non morire allo stesso tempo - cosa che causerebbe il game over per il gruppo. Supero un ostacolo, mi volto verso sinistra e attendo che ToadGiallo43 lo superi. Se fallisce, può raggiungermi e rinascere, oppure posso posizionare uno standee (personaggi in piedi) in modo da facilitare una resurrezione rapida. ToadGiallo43 fa a sua volta lo stesso. Non abbiamo studiato questa tecnica, ma c'è una certa intesa.
Nonostante il massimo impegno, falliamo entrambi sempre nell'ultimissima fase del livello in cui dobbiamo saltare, invisibili, su dei nemici gonfiabili. Capita anche un paio di volte che uno muoia e l'altro decida di andare in solitaria, ma capita altrettanto spesso che, alla morte di uno dei due, l'altro decida in tutto e per tutto di suicidarsi: in questo modo si ritorna sincronizzati al checkpoint. È una danza bellissima: non conosco ToadGiallo43, e ToadGiallo43 non conosce me, ma è come se fossimo amici da un sacco di tempo.
Dopo uno dei tantissimi respawn, però, qualcosa cambia: ToadGiallo43 non si muove più. Provo a comunicare con le emote, ma non ricevo alcuna risposta. “Si sarà allontanato per cinque minuti“, penso, e rimango lì ad aspettare, muovendomi a destra e a sinistra davanti al suo avatar per evitare di venir disconnesso per inattività. Dopo diversi minuti di attesa, però, si verifica quello che più temevo. In un istante, l'avatar di ToadGiallo43 scompare. Sono solo.
Non ci siamo detti ciao, non ci siamo salutati nè ringraziati, non abbiamo potuto pensare a quanto fantastica fosse stata questa collaborazione non-verbale che è andata avanti per più di un'ora. Niente di niente. La magia sparisce così, senza alcun preavviso. Mi trovo da solo, in un mondo coloratissimo ma a me ostile. Devo completare in solitaria quest'ultima prova suprema.
Finire da solo l'ultimo livello segreto di Super Mario Bros. Wonder è stato sicuramente arduo e appagante, ma la tipica sensazione di vittoria e liberazione che molto appartiene al genere dei platform brutali in realà non mi avvolge. Le meccaniche pro-sociali del gioco hanno avuto la meglio su quello che è il mio iniziale desiderio di portare a termine una sfida che sembrava inizialmente insormontabile. Non mi frega più nulla di aver potuto dire “l'ho fatto da solo, ed è stato più difficile e soddisfacente così“, proprio perché qualcosa è mancato. Avevo immaginato per diverse ore quel momento di gioia condivisa con ToadGiallo43, l'idea di saltare all'unisono - finalmente - su quella bandierina alla fine del livello, salvare uno screenshot ed avere per sempre un ricordo tangibile della nostra avventura. Ma quel momento magico non è arrivato. E a dire il vero, non so nemmeno se ToadGiallo43 quel livello l'abbia mai più terminato, se l'abbia completato con qualcun altro nei giorni a seguire o se abbia rivenduto la sua copia di Wonder senza alcun rimpianto. Quanto è stato bello affrontare questa sfida in compagnia di un'altra persona.
Super Mario Bros. Wonder mi ha fatto riflettere sul quanto possa essere cangiante - anche da un punto di vista prettamente soggettivo - l'esperienza di gioco che noi stessi pensiamo di considerare ideale. Spesso non possiamo sapere nemmeno noi stessi quale sia il miglior modo di divertirci, o quali saranno quegli elementi di gameplay che effettivamente ci permetteranno di salvare ricordi indelebili nella nostra memoria. Questa insicurezza non ha fatto altro che convincermi ancora di più del fatto che le scelte fatte dal team di sviluppo siano state funzionali al supportare un senso di gioia condivisa che troppo poco spesso emerge nei nostri mondi digitali, una connessione tra giocatori che è spesso difficile tirar fuori in un contesto single player. Wonder è riuscito in modo eccellente a fare emergere questo senso di meraviglia collettiva senza snaturare il DNA della saga, cosa non affatto da poco.
ToadGiallo43, è passato più di un mese e ancora un po’ mi manchi. Se ci sei batti un colpo.