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Backlog #13: Tanglewood, Mega Drive Never Dies

Backlog #13: Tanglewood, Mega Drive Never Dies

Backlog è la rubrica in cui chiacchieriamo fuori tempo massimo di giochi che abbiamo recuperato nella nostra lotta infinita contro il cumulo di arretrati. Sono quei giochi troppo recenti per poter essere ammessi nell'ospizio ma già troppo vecchi perché possa ancora interessare a qualcuno una recensione classica.

Fra le tante declinazioni dell’afflato nostalgico che ha colpito il mondo dei videogiochi nel nuovo millennio, c’è quella di chi sviluppa nuovi giochi provando a replicare l’hardware di una volta. E anche in quell’ambito, ci sono diverse correnti. C’è per esempio chi mira a un immaginario idealizzato, sviluppando giochi che abbiano un look e un feeling “come ce lo ricordiamo”. Il caso forse più celebre è quello di Shovel Knight, che sembra un gioco per NES ma in fondo neanche troppo. Poi c’è che sviluppa giochi con un approccio ben più filologico, provando davvero a simulare limiti e caratteristiche dell’hardware di riferimento ma lavorando comunque su macchine moderne e limando qualche asperità. E poi ci sono i pazzi.

I pazzi sono quelli che vanno a recuperare i kit di sviluppo d’epoca, sviluppano un gioco esattamente come se fossero, che ne so, nel 1992 e poi lo pubblicano perfino su hardware vintage. I parti di queste operazioni sono più di quanti uno potrebbe immaginarsi e fra di loro c’è Tanglewood, gioco di piattaforme per Sega Mega Drive pubblicato lo scorso agosto su cartuccia. Poi, certo, è possibile acquistarlo anche in versione PC, tramite Steam, e ti forniscono una ROM per giocarci su emulatore, ma se hai una console funzionante, puoi godertelo su hardware originale, con tutto quel che ne consegue in termini di pulizia e fedeltà audiovisiva. Anche perché il gioco, nato in origine da una campagna su Kickstarter, è stato programmato in assembly 68000, utilizzando un kit di sviluppo SNASM2 per Mega CD e cercando di seguire le metodologie dei primi anni Novanta, tanto sul fronte della programmazione, quanto su quello della produzione delle cartucce. Insomma, Matt Phillips (ex di Traveller’s Tales) non ha proprio voluto scendere a compromessi, nella creazione del suo pargolo. Ad aiutarlo, il compositore Nathan “freezedream” Stanley e, per dare un contributo sulle cutscene, Adoru C., che già aveva lavorato sulla grafica di Pier Solar, precursore dell’homebrew risalente al 2010. Il risultato è spettacolare sotto alcuni punti di vista, purtroppo un po’ deludente sotto altri.

Se fossimo nei primi anni Novanta, Tanglewood verrebbe caratterizzato come arcade adventure. Oggi, quel termine è un po' passé, ma insomma, la sostanza rimane quella. È senza dubbio un platform game e ha dei passaggi in cui scattano frenesia, inseguimenti e necessità di azzeccare salti e rincorse con buon tempismo, ma la stragrande maggioranza del tempo viene trascorsa affrontando enigmi ambientali. Ed è in quello che il gioco di Matt Phillips dà il suo meglio. La volpe protagonista non ha alcun mezzo d’offesa ma può utilizzare delle specie pallotte senzienti sparse in giro per infilarle in meccanismi tramite cui attivare ponti, porte, ascensori o piazzarle sotto delle specie di lampade che conferiscono alla volpe poteri particolari. Può ritrovarsi a controllare creature con la forza del pensiero, planare in volo, rallentare il tempo e altro ancora, attraverso un level design che rende l’utilizzo di queste pallotte sempre contestuale alla singola situazione. Inoltre, c’è una parte del gioco in cui ci si ritrova accompagnati da una seconda volpe e ovviamente gli enigmi si adattano all’azione di coppia.

Si passa quindi la maggior parte del tempo cercando di capire come superare gli ostacoli di turno e provando poi ad applicare le proprie soluzioni, affrontando enigmi che viaggiano placidi sul confine fra una sfida dignitosa e un design che comunque sembra voler evitare a tutti i costi la frustrazione. L’altro aspetto in cui Tanglewood sa davvero colpire, seppur fra alti e bassi, è quello della realizzazione grafica. La volpe protagonista, per esempio, è caratterizzata in maniera deliziosa e può vantare animazioni a tratti davvero splendide. Gli altri animali che popolano il gioco, di contro, alternano design molto riusciti ad altri poco convincenti e anche sul piano delle animazioni non funzionano sempre al meglio. Discorso simile per gli ambienti: Tanglewood commette il crimine di partire con un livello onestamente un po’ moscio sul piano visivo, ma proseguendo nel gioco ,si scoprono scorci davvero suggestivi e passaggi dalla qualità notevole. Complessivamente, e vale anche per l’accompagnamento musicale, bisogna inquadrare il gioco nella sua natura e calarsi nell’ottica di chi ha provato a spremere al massimo un hardware di oltre vent’anni fa. È chiaro che oggi siamo abituati a ben altri livelli di pixel art, ma Tanglewood è complessivamente un buon lavoro.

L’ambito in cui purtroppo il gioco di Matt Phillips lascia un po’ a desiderare è quello dei controlli. Nulla di tragico, intendiamoci, ma diciamo che la fisica della volpe protagonista non è proprio convincente e, ben più fastidioso, c’è un lieve ritardo nella risposta ai comandi, che può creare qualche problema. Va detto che io ci ho giocato su PC, con un pad Xbox 360, e non mi sento assolutamente di escludere che le cose vadano meglio se si gioca a Tanglewood nella maniera corretta, con un bel cartuccione infilato in un Mega Drive, ma tant’è, il gioco è in vendita anche su Steam, quindi mi sembra giusto segnalare questi problemi. Tanto più che, in tutta onestà, diventano davvero fastidiosi solo nelle fasi action, che sono assolutamente saltuarie e comunque superabili senza troppi problemi. Al di là di questo inciampo e di qualche picco di difficoltà secondo me figlio di un design non felicissimo di certi passaggi (sto pensando a voi, fulmini maledetti), Tanglewood offre un’esperienza piacevole dall’inizio alla fine.

Tra l’altro è piaciuto tantissimo anche a mia figlia, che si è spesso seduta sul divano al mio fianco mentre ci giocavo. Certo, con lei è facile, va matta per le volpi, ma insomma, segnalare che una bambina di tre anni scarsi può innamorarsi di questa volpe specifica può essere utile. Per il resto, che altro aggiungere? Tanglewood è un buon arcade adventure dei primi anni Novanta e se fosse uscito allora, probabilmente, lo ricorderemmo con affetto. Oggi, nonostante alcune idee brillanti, risulta ovviamente datato e mi sento di consigliarlo solo a chi è solito dilettarsi col retrogaming, perché non ha assolutamente l’approccio moderno di tanti altri giochi nostalgici degli ultimi anni.

Steam mi segnala che ho portato a termine il gioco in quattro ore abbondanti, lasciandomi comunque dietro svariati collezionabili e sbloccando quattordici dei diciassette achievement. Ci ho giocato grazie a un codice ricevuto a suo tempo dallo sviluppatore e perso nel gorgo del delirio di agosto. Sorry. Oltre che su Steam, è possibile acquistare Tanglewood in versione cartuccia sul sito ufficiale.

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