Unavowed è un punta e clicca che vuole bene a BioWare
Ho visto per la prima volta Unavowed in azione oltre un anno fa, alla GDC 2017, e ci ho rimesso mano all'edizione di quest'anno della stessa fiera ma solo di recente ho potuto provarlo come si deve, grazie a un codice d'anteprima gentilmente fornito da Wadjet Eye Games. Di che si tratta? È la nuova avventura grafica di Dave Gilbert, che conduce da sempre in parallelo la sua attività da piccolo publisher di giochi come Gemini Rue o Resonance e quella di sviluppatore. A lui dobbiamo l'affascinante The Shivah e la saga di Blackwell, che si è conclusa nel 2014 cinque episodi. Unavowed, fra l'altro, è ambientato nell'universo narrativo di Blackwell, da cui recupera alcune tematiche e dei personaggi minori, ma del quale non si pone assolutamente come seguito diretto.
Si parla comunque sempre di sovrannaturale e al centro delle vicende c'è un'organizzazione variopinta di nome, appunto Unavowed, che si occupa di combattere l'attività di demoni molto agguerriti, che apparentemente hanno l'hobby di possedere esseri umani e spingerli a compiere atti indicibili. Proprio una vittima di queste possessioni è protagonista delle vicende: la scena iniziale ci vede impegnati a definirne le caratteristiche mentre i membri dell'Unavowed la sottopongono ad esorcismo e, una volta liberati dalla presenza demoniaca, veniamo accolti nell'organizzazione. Le fasi immediatamente successive, che poi sono quelle a cui ho giocato in una versione di anteprima che proponeva circa un terzo dell'avventura completa, ci vedono poi impegnati a completare il team di combattenti mistici, aggiungendo un paio di presenze interessanti.
Proprio attorno attorno alla strutturazione del gruppo di personaggi si sviluppa un'impostazione di gioco che lo stesso Gilbert definisce in stile BioWare. E se in passato potevo essere dubbioso, dopo aver giocato provato l’avventura come si deve, mi sento di dire che la definizione ci può stare. Intendiamoci: nella sostanza, Unavowed è e resta un punta e clicca concepito con il classico taglio di Watjet Eye Games, quindi con enigmi mai eccessivamente contorti e un'impostazione molto focalizzata sul dialogo e sul lato investigativo. Ma l'altra caratteristica forte dei giochi pubblicati dal piccolo publisher sta nel modo in cui sono sempre definiti da trovate di gameplay particolari ed è sicuramente così anche per il taglio quasi da GdR di Unavowed.
Innanzitutto, i dialoghi iniziali, tramite i quali definiamo sesso, lavoro e background del personaggio, dettano la caratterizzazione del/della protagonista e aprono strade diverse in termini di rapporti con i personaggi non giocanti e di approccio a certi enigmi. Banalmente, se abbiamo un passato da poliziotti, potremo conversare in maniera diversa con gli ex colleghi e godremo di abilità specifiche, talvolta piuttosto utili. A questo si aggiunge il fatto che nel gioco si va in giro con un vero e proprio party, da comporre di volta in volta scegliendo tre personaggi della rosa prima di recarsi in un dato luogo. La composizione del gruppetto, limitata dalla necessità di includere sempre almeno uno dei due membri originali, detta il modo in cui dovremo avvicinarci ad enigmi e situazioni, dato che ciascun membro dell'organizzazione ha le sue caratteristiche, le sue conoscenze e le sue abilità specifiche.
Questa struttura aggiunge uno strato interessante al gameplay classico, recuperando se vogliamo il modello di Maniac Mansion ma applicandolo in maniera diversa, più versatile, quasi modulare. Fra l'altro, dai giochi BioWare viene recuperata anche la fase di chiacchiera fra una missione e l'altra: così come in Mass Effect Shepard può gironzolare per l'astronave e andare a chiacchierare coi vari personaggi per approfondire il loro passato, i loro desideri, il loro carattere, in Unavowed possiamo esplorare il quartier generale dell'organizzazione, analizzare i bizzarri artefatti che lo popolano e approfondire la conoscenza con i diversi membri del team. E anche questo aggiunge fascino a un gioco davvero intrigante nelle premesse e nella struttura.
Se poi consideriamo che, come da tradizione, il tutto è immerso in una pixel art di buon livello, con qualche scorcio clamoroso, accompagnato da una splendida colonna sonora di taglio noir e avvolto da una scrittura ben calibrata, che sa mescolare come sempre dramma, umorismo e temi forti, non posso fare a meno di attendere con ansia l'uscita di Unavowed, probabile ennesimo gioiello targato Wadjet Eye.