Capita di non avere tempo. Ho qui The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D che mi aspetta già da giorni e non sono riuscito a giocarci per niente. Pure lo anelavo. Pure lo bramavo. Ma il lavoro, gli impegni pregressi, le piacevoli routine della socialità sociopatica mi hanno impedito di fare clic su quel pacchetto regalo sulla schermata del 3DS. Anche perché Majora non è che lo metti su e ci giochi un’ora. È un gioco che richiede dedizione. E tempo. E alla fine mi sono ritrovato qui, a ridosso della consegna dell’anteprima, e non ci ho giocato. E ora mi do, grosso modo, un’ora. Un’ora con Majora. È da una settimana che canticchio come un beota, sulle note dei Matia Bazar, “Io per un’ora a Majora venderei la malora”. Che non vuol dire proprio un klinz, ma sapete come si canticchino cose stupide mentre il tempo se ne va a producendosi in cose stupide e Majora e lì che ti aspetta. Ma ora è l’ora. L’ora di un’ora a Majora. https://www.youtube.com/watch?v=yBKbji2KGxE
Clic. Buio in sala. 3D a palla. La maschera volteggia nel nulla. Una risata. Dei carpentieri portano del legno. Link se ne sta seduto su una piattaforma. Link se ne sta seduto sulla panchina di una locanda. Persone. Persone con aria pensosa. Un goron. Una campana. Fatine. Una musica quieta da serata serena. Flycam attraverso la piazza del villaggio. Una nota stonata mentre, sulla cima della torre dell’orologio, un personaggio mascherato fissa una luna grande, troppo grande e sogghignante, troppo sogghignante. Start, dai. Seleziona un file. Nuova partita. Musica fatata, musica familiare che parla di Zelde e Nintendi lontani negli anni. “Link”, mi propongono di chiamarmi. Nah. È “Andre” il nome di quel ragazzino. Lo è sempre stato. E sempre lo sarà. Come quando avevo sette anni e mi graffiavo le gambe tra i rovi.
Uhm, non ho il pad pro. Scusate. Ma sospetto che non sarà un problema, come non lo fu su Ocarina of Time 3D. Andiamo avanti.
Wow. È fluido. I lugubri anfratti della foresta sembrano perfetti per il 3D. Ehi, aspetta, ma parlano italiano. Non era mica in italiano, quando lo giocai l’ultima volta, quattordici anni fa. Bene, un layer di interesse in più. Fatine. Una viola, una candida. Lasciatemi in pace, che sono quell’Andre che ha fatto robe incredibili a Hyrule. Proprio quello lì, non un altro eroe del tempo che improbabili timeline cercano di imbrigliare. E intanto Skull Kid mi ha fregato l’ocarina mentre giaccio senza conoscenza nel buio della coscienza. È un bambino, si diverte. Fa emettere suoni sfiatati all’ocarina e se la ridacchia. Se solo non sapessi in che viaggio carico di lugubre ansia mi sta per trascinare.
E ora m’ha fregato pure Epona! Ma che, oh! Musica incalzante. Regia molto più sgraziata, se penso all’incipit di Ocarina. Ma funzionale alla tensione spossante del momento. Devo seguirlo.
“Forse già lo sai, ma ecco i comandi per i movimenti di base”. Hm. Bizzarro doversi imbarcare in un tutorial durante un presumibilmente concitato inseguimento! Poco Nintendo. Ma è subito Nintendo se, provando a falciare un cespo di gramigna, questo si spaventa e se ne scappa. È Nintendo quando gioca con le sue stesse convenzioni. È Majora, insomma.
https://www.youtube.com/watch?v=7G2yk88GbbM
Di quel che succede subito dopo, di come per l’ennesima volta Nintendo si sia reinventata l’archetipo di Alice nel Paese delle Meraviglie, beh, non ho cuore di parlarne. Nella testa ho solo una frase ricorrente ogni manciata di secondi: “Non mi ricordavo che”. Non mi ricordavo, sostanzialmente, che l’inizio fosse così d’impatto. Perché la potenza dei miti non è che vai a verificarla ogni giorno: finisci per darla per scontata sulla base delle tue esperienze pregresse. Sai che ti è piaciuto tantissimo, Majora, tanti anni fa, se ti chiedono cosa ne pensi hai il tuo carnet di frasi impeccabili per spiegarne le ragioni, ma è solo che ti fidi ciecamente del tuo te stesso di tanti anni prima. Ma poi un po’ ti viene il dubbio che magari il tuo te stesso di tanti anni prima era solo più ingenuo e meno cinico, e che per quello tanto fu impressionato favorevolmente. E poi, in dieci minuti, il te presente scopre quanto fosse saggio il te passato, così ingenuo e così poco cinico.
Dopo tanti anni, Majora, ancora e ancora, ti scardina il cuore in dieci minuti.
Mi riprendo dallo splendore allorché una fatina mi ringhia come un cane. È poco più di una sfera con le ali, eppure ha carattere da vendere. Oltre al fatto, non trascurabile, che non mi ha ancora perforato i timpani con “HEY LISTEN!”
Il level design, avanzando di area in area, mi sorprende per la freschezza. Il ritmo tra i momenti di azione e la ricezione di nuove informazioni è encomiabile. E subito i testi del gioco te lo sbattono in faccia: this ain’t Ocarina of Time, baby(ch). “Che strano! Assomigli un po’ a quest’albero… Non sembra un po’ fosco e avvilito? Come se stesse per scoppiare in lacrime da un momento all’altro… che tristezza…” Ciao, siamo Nintendo, siamo ancora fulgidi tipo Super Sayan per quel fatto che abbiamo fatto Ocarina of Time, e ora sai che c’è? Invece di rifilarti un seguito pigro, ricicliamo gli asset grafici e il motore del gioco e ti confezioniamo una cosa talmente diversa nei toni e nelle trovate di gameplay che non ti troverai a gridare al riciclo, ti troverai a gridare al miracolo.
Oddio, plano e sparo bombe come un bombardiere. Oddio, cammino sull’acqua no aspetta circa splah. Non mi ricordav… Ah sì, l’ho già spiegato, scusate, non mi ricordavo.
Ecco, il mercante di maschere. Bene, si muove ancora con degli scatti voluti super creepy, non l’hanno modificato per venire incontro alle apparentemente sempre più limitate capacità mentali della civiltà umana. I curatori dell’adattamento, quelli di Grezzo, non hanno pasticciato, già vedo che sono stati maniacali nella riproposizione come fecero per Ocarina of Time 3D. Li stimo. Anche per il nome goffo da giapponese che apre il dizionario alla ricerca della parola italiana giusta e filosoficamente parlando la sceglie bene, sebbene un italiano non la userebbe mai così (un itariano sì, però! Detto ciò, 日本人の友人は、イタリアのテレビに代わって私の言い訳を受け入れてください。私たちのアニメの適応は、文化的にたわごとでした。Gualtiero Cannarsi は私たちを救うことができる唯一の一つです。)
Ma sto perdendo tempo. Un’ora passa in un baleno. E da qui, dentro la torre dell’orologio, il tempo comincia a scorrere. Esco. La luce di Termina invade lo schermo e la stanza buia. Clock Town… OK, no, si chiama Cronopoli. Sono a un passo da switchare e giocare in inglese. Ma no. Il razzismo deve essere costruttivo, sennò non vale. (Esempio di razzismo costruttivo: “Per fortuna il mio razzismo non mi fa vedere / Quei programmi demenziali di tribune elettorali”). Bene, la statua del gufo per salvare. Il tempo indicato chiaramente grazie a un’interfaccia più pulita e meno ingombrante, perfetta per lo schermo del 3DS. Piace. Anche se il timer segnato secondo per secondo, wow, mette una certa ansia. Ed è giusto! Perché chi ha tempo non aspetti tempo. E chi non ha tempo, tanto meno. 72 ore di gioco, ci ha intimato il venditore di maschere. Un’ora del tempo di Termina corrisponde ad appena un minuto di tempo nel mondo reale di Andre che gioca. Quindi sì, le 72 ore di Termina corrispondono a poco più della fatidica ora a Majora. E al termine delle 72 ore? Facciamo finta che non lo sappiate e facciamo che io non ve lo dico per non rovinarvi realmente nulla, del senso dei vostri primi tre giorni – o ultimi tre, dipende da voi, a Termina.
Io, che di mio sono appena uscito dagli strani recessi di un bosco carrolliano, godo non poco della vibrante atmosfera della Cronopoli 3D del 2015. Voglio già perdermi. E lo faccio. Gironzolo. È pieno di persone nelle loro faccende affaccendate. Mi vergognerei a chiamarli NPC. Hanno la dignità di persone. Hanno una vita e presto, questo me lo ricordo bene, le loro vite si intersecheranno con quella di Andre. Le loro agende personali diventeranno le mie. Aiutando questo piccolo mondo pulsante, diventando parte della comunità, aiuterò me stesso. Termina è un ingranaggio imperfetto e la mia capacità di essere la rotellina mancante farà la differenza tra un orologio che si inceppa tragicamente e uno che, invece, è lo specchio della mia virtù come giocatore.
Ma non ancora, ve ne prego. Ora, in quest’ora a Termina che già volge al termine, voglio solo godere di queste vite in cui appena appena mi sto affacciando con l’ingenuità dell’ultimo arrivato in città. Ehilà, Tingle, vecchio folletto, che si dice? Dannati bambinetti, e fatevi rincorrere come si deve. Perché quel cagnolino ce l’ha con me? Era da questa parte il parco giochi sotterraneo? Ah sì. E intanto faccio totalmente pace con la traduzione, che mi rivela la solita, impeccabile, qualità che mi aspetto da Nintendo in questo campo.
Ma… è già il tramonto. Cala il silenzio. E anche la mia voglia di fare il pirla andando a zonzo come un saltapicchio, cala di parecchio. Diamine, ho cominciato troppo tardi a… a tutto.
(tic… toc… tic… toc…)
E nel mentre, indovinate un po’? Mentre mi accanivo per entrare nel senso del tempo del gioco, ho perso completamente il senso del tempo nella realtà. Completamente. Ho smesso di scrivere, e la mia ora a Majora è scivolata via in un istante. Quindi sì. ho finito le mie prime, e fortunatamente non ultime, 72 ore. Mi sono già scontrato con la spietata logica cronologica del gioco. Ho sofferto. E ho goduto con la rinvigorita sensazione che, per quanto l’inesorabile scorrere del tempo in Majora’s Mask rappresenti una richiesta impegnativa per il giocatore, altresì l’asservirsi con profitto alla sua logica orologica regala gioie tanto più intense quanto più ardite da conseguire. E con questo bel papocchio di frase mi sento autorizzato a salutarvi e a lasciarvi lì, un po’ storditi, ad aspettare A) l’uscita del gioco, il 13 febbraio B) la mia recensione, C) l’(in)evitabile schianto della luna sulla terra con la drammatica fine di un’intera civiltà. Ma state sereni, suvvia, non è mica la fine del mondo. Non per me. Che comincio testé la mia seconda ora a Majora.