Outcast FOTY 2017
Eccoci qua al secondo giorno di OTY outcazzari per il 2017. Siete emozionati? Non ve ne frega niente? Whatever? Vai a sapere. Dopo avervi elargito preziosi suggerimenti su serie TV che non potete assolutamente perdervi pena la morte tramite cura Ludovico, oggi ci lanciamo nell'elencone dei film che più ci hanno convinto in questo matto matto 2017. E ci rileggiamo domani per i videogiochi.
Buona lettura e buon anno!
Natale Ciappina
Il cuore dice La La Land, la testa Arrival. Il cuore ha la forma degli occhioni di Emma Stone, le smorfie di Ryan Gosling e le musiche jazzate a metà fra il triste e l’allegro, che legittimano qualunque autodiagnosi di bipolarismo. Il cervello invece riesce a mettere insieme due mie grandi passioni personali, il tempo e il linguaggio, e lo fa con il capolavoro di un regista mai troppo lodato. Col cuore mi ci innamoro, però; e ancora ricordo quando sono uscito dal cinema, con quella voglia di innamorarmi, del cinema stesso, sì, ma non solo. Eppure il cervello, dai, proprio non si può. Soprattutto se c’è Amy Adams, dai; e la fantascienza, pure. Sono un indeciso di merda, ecco quanto.
Marco Mottura
Il mio voto, in un'annata cinematografica almeno per quanto mi riguarda tutt'altro che stellare (per la cronaca, sto ancora cercando di riprendermi da Alien: Covenant), non può non andare ad un film che invece stellare lo considero eccome: Blade Runner 2049. Denis Villeneuve è semplicemente riuscito in un'impresa erculea, che a mio modo di vedere ha a tutti gli effetti del miracoloso: dare senso, dignità e autorevolezza ad un seguito del quale onestamente nessuno sentiva il bisogno, con un'operazione che sin dal primissimo annuncio aveva legittimamente fatto alzare più di un sopracciglio. E invece no, alla fine il Canadese più cazzuto del mondo ha dimostrato per l'ennesima volta di avere due coglioni così, dando prova di essere un regista e un visionario a tutto tondo, di quelli che capitano forse una volta a generazione.
Blade Runner 2049 non solo funziona ma funziona persino in maniera splendida, dando (sorprendentemente?) il meglio di sé quando, nei primi due atti, sceglie di reggersi soprattutto sulle sue gambe, piuttosto che inserirsi nella strada indicata da un predecessore tanto illustre quanto ingombrante. Fotografia ai massimi livelli, ritmo impeccabile, scenografie magistrali - unica nota leggermente stonata, a mio gusto, l'assenza di quel tripudio soffocante di corpi umidi e caotici che nel primo faceva così tanto megalopoli cyberpunk - e fascino a secchiate: mai avrei creduto di poterlo anche solo remotamente immaginare, ma, vista la piega fatta intraprendere alle vicende dell'universo creato da Ridley Scott trentacinque anni or sono, a questo punto mi piacerebbe tantissimo vedere un ulteriore seguito (che purtroppo difficilmente arriverà, visti i risultati stentati al box office).
Game, set, match: sei un fenomeno, Denis.
Stefano Talarico
Se prendete il calendario delle uscite cinematografiche italiane del 2017, a gennaio ci trovate La La Land: una lettera d’amore per un genere, una compilation straordinaria di canzoni che staranno con voi per mesi, un film capace di farti credere di nuovo nei sogni e nell’impossibilità dell’amore.
Se prendete il calendario delle uscite cinematografiche italiane del 2017, ad agosto/settembre ci trovate Baby Driver: una lettera d’amore per un genere, una compilation straordinaria di canzoni che staranno con voi per mesi, un film capace di farti credere di nuovo nell’amore e nell’impossibilità dei sogni.
Baby Driver è uscito nel 2017 in tutto il mondo, quindi è *davvero* il mio film 2017. D’altro canto, La La Land è uscito lo scorso anno nel resto del mondo e a gennaio in Italia, e onestamente pare brutto nascondere quel cuore sotto il pavimento, come fossi un Edgar Allan Poe qualsiasi. Quindi, insomma, hanno vinto le musichette, i colori, e soprattutto l’ultima interpretazione di un Kevin Spacey che, curiosamente, dopo un film da stronzo si redime sul finale in nome dell’amore.
Davide Moretto
Il 2017 è stato foriero di un gran bel numero di blockbuster e anche di bei film, diciamocelo, però la mia scelta va su una pellicola che tecnicamente è del 2016, ma da noi è arrivata a gennaio del 2017: Arrival. Nell’anno in cui il buon Villeneuve ha avuto il coraggio di riportare sullo schermo Rick Deckard (e per Dio gli è uscito un signor film, eh) personalmente mi ha colpito molto di più con il suo lavoro precedente, grazie anche ad una Amy Adams in stato di grazia e ad una capacità di coinvolgere lo spettatore in un film sicuramente difficile, lento, tutto da scoprire e da capire. Arrival mi ha commosso, mi ha fatto quell’effetto “Ahhhhhh, adesso ho capito” anche se avevo colto probabilmente solo la parte più superficiale di tutta la trama, mi ha fatto pensare davvero alle scelte che una persona può e deve fare, alla difficoltà di farle. Insomma, bellissimo, da vedere, da capire, quasi da respirare. Amy, ti amo.
Andrea Peduzzi
"Qui sono in difficoltà: di testa, i migliori film che ho guardato durante il 2017 sono stati probabilmente Dunkirk , The Square e Elle, eppure quelli che ancora non mi sono levato di dosso sono Atomica bionda e La La Land.
Il primo è un film d’azione ben coreografato che ho visto al cinema per tre volte di fila, sostenuto da una protagonista femminile in forma smagliante che spacca i culi; con una messa in scena davvero buona, una grande fotografia e una colona sonora che ho fatto girare su Spotify almeno un giorno ogni tre.
Il secondo, invece, è un film d’azione ben coreografato che ho visto al cinema per tre volte di fila, sostenuto da una protagonista femminile in forma smagliante che spacca i culi; con una messa in scena davvero buona, una grande fotografia e una colona sonora che ho fatto girare su Spotify almeno un giorno ogni tre.
Francamente non saprei quale scegliere: che faccio, lancio una monetina? Lancio una monetina: Atomica Bionda”.
Ecco, queste erano le righe che avevo scritto e spedito (così credevo) in tutta fretta a giopep la sera di venerdì 15 dicembre, ché dovevo uscire per andare a guardare Star Wars: Gli ultimi Jedi. Poi, finito lo spettacolo, ho scoperto di non avere allegato il pezzo alla mail (true story), ma soprattutto che il mio film del 2017 a quel punto era diventato il suddetto Star Wars. Oh, cosa volete che vi dica: forse i film di fine anno scavalcano quelli usciti prima perché restano più freschi in testa, un po’ come quei tizi che compiono gli anni sotto Natale e si beccano un solo regalo. È il caso. Comunque, sarà che alla saga di Star Wars sono sempre stato interessato il giusto, senza fisse; sarà che ho la passione per gli shōnen pieni di eroi che fanno i gradassi anche in fin di vita; sarà che se l'epica si prende troppo sul serio, alla fine, non mi arriva. Insomma, sarà quel che sarà, alla fine Gli ultimi Jedi, con le sue trovate umoristiche e al netto di qualche scivolata, mi ha proprio gasato: in fondo sono un cazzone, come mio padre prima di me.
Gregory Raffa
Come per le serie TV, ma anche tutto il resto, non ho avuto modo di andare al cinema come negli anni passati (tre sere a settimana), quindi non ho visto abbastanza film per lasciare la mia preferenza sul miglior titolo del 2017. Però mi permetto di fare una menzione a Marvel, che sta facendo un ottimo lavoro. Non sono appassionato di fumetti americani, e prima che cominciassero a sommergerci di cinecomic, non ne sapevo molto di super eroi. Però ammiro il lavoro di pianificazione che Marvel continua a fare. E se è vero che alla fine la struttura dei film è più o meno sempre quella, mi piace il modo in cui fino ad ora hanno saputo trattare i personaggi, ricercando bene o male sempre un contesto adatto a loro. Ad esempio Spider-Man: Homecoming, nel quale, trattandosi di uno Spider-Man ragazzino, gli sceneggiatori hanno avuto la cura di ambientare la storia cucendola addosso ad un Peter Parker adolescente, incasinato con la scuola, i problemi della sua età e l’impossibilità di gestire simili poteri a causa della sua “immaturità”.
Insomma: una pacca sulla spalla a Marvel, augurandomi che continuino a mettere la stessa cura impiegata fino a ora anche per il futuro. Ora che Disney ha acquistato anche Fox, probabilmente, ne vedremo delle belle anche con gli X-Men.
Marco Esposto
Baby Driver, che ingrana la marcia del montaggio perfetto, scala sulle musiche che si adattano a meraviglia e sfreccia in mezzo alla regia che calza sempre con quello che il film sta raccontando. E quello che sta raccontando è la cosa più semplice del mondo: i drammi che hai nella vita. E che in qualche modo dai drammi devi uscire, vuoi anche solo per far felici quelle due o tre persone che contano qualcosa per te. Ma anche se della trama non ve ne frega nulla sappiate che in Baby Driver c'è come detto buona musica, corrono un sacco in auto (con un sacco di stunt veri e fighissimi) e ogni tanto sparano pure. Si ride il giusto, ci si commuove il giusto. Si gode tanto. Un film che non mi aveva gasato più di tanto dalle anteprime, tolti i primi spettacolari minuti che erano stati messi online per invogliare il pubblico. Poi più le marce aumentavano e il film sgommava in sala e le cose sono cambiate, e un bel “Sai che c'è?” mi si è piantato in testa. Sapete che c'è? Film dell'anno.
Lorenzo Antonelli
Ho seri problemi con il FOTY.
Del tipo che forse non ho un FOTY, perché non ho visto film (degni).
A parte Assassinio sull’Orient Express, la versione originale, che avevo visto da piccolo e quindi non avevo mai visto. Che mi ha fatto venir voglia di diventare obeso, insalivarmi i baffi a ricciolo e prendere treni in giro per un Europa che ormai non c’è più.
Praticamente, questo è il mio contributo per i FOTY 2017 :D
Anzi, ritratto, guarda.
John Wick: Capitolo 2. Effrechete.
Fabio Di Felice
Madre!, perché è il cazzottone nello stomaco dell’anno. Solo con l’ultimo film di Aronofsky sono uscito dal cinema turbato e allo stesso tempo molto affascinato. Ho sentito gli ingranaggi del cervello girare per tutto il primo tempo allo scopo di partorire (è il caso di dirlo) qualcosa di sensato. Quando hanno fatto clic, avevo ancora metà della pellicola per avvalorare la mia tesi. E tutto è filato nel migliore dei modi: il metaforone è arrivato, l’allegoria ha deliverato e tutti vissero felici e contenti. Mi è piaciuto tutto, mi sono sentito uno spettatore intelligente e stimolato, che è una roba che oggi è sempre più rara. E poi nei primi cinque minuti c’è Jennifer Lawrence che si aggira per casa seminuda, con una vestaglietta addosso che non nasconde niente e per me era già un 10 su 10.
Menzione d’onore a La La Land, perché mi ha fatto amare visceralmente un musical, e Arrival, perché è proprio quella bella fantascienza che vorrei vedere al cinema una o due volte l’anno.
Alessandro Di Romolo
C'è poco da dire: è l'anno di Christopher Nolan e del suo Dunkirk. Abbandonate le velleità cervellotiche dei suoi precedenti lavori, il regista britannico punta al sodo senza troppi giri di parole, con un'opera che la guerra non te la racconta, te la fa sentire. Senza rinunciare all'immancabile riflessione sul tempo e alla consueta e ambiziosa sperimentazione della struttura narrativa di un film, Nolan propone una visione scarna, scorrevole, rapida, che narra la vicenda attraverso l’azione, le immagini in movimento, le angoscianti musiche fatte di ticchettii e i suoni assordanti. Dunkirk è il frutto dell’immenso talento visivo del suo autore, lasciato libero di scorrazzare a briglia sciolta per spiagge desolate, mari oleosi e cieli sterminati. Una pellicola mastodontica, che lascia la sensazione di non aver mai visto un film di guerra come questo.
Alessandro De Luca
Senza tanti preamboli, il mio film preferito di quest’anno è la commedia indipendente americana The Big Sick (che in italiano ha l’immancabile sottotitolo demmerda Il matrimonio si può evitare... l'amore no). Diretto da Michael Showalter e co-sceneggiato da Emily V. Gordon e Kumail Nanjiani, il film narra la storia vera di come Emily e Kumail si sono conosciuti e poi innamorati e del travagliato viaggio che li ha portati a mettersi insieme definitivamente. Kumail interpreta se stesso nel film, mentre Emily è interpretata dall’adorabile Zoe Kazan. The Big Sick è una splendida storia su come la vita possa essere e tanto spesso sia complicata, su come le cose non vadano come si spera, ma anche di come talvolta si trovi la forza di sistemarle, queste cose, con le proprie forze e con l’aiuto di amici e famiglia. È una storia che parla di quanto siano complicati i rapporti tra le persone, che siano membri della propria famiglia o semplici amici e conoscenti. Mi ha commosso a più riprese e spesso sembra assurdo come una storia del genere non sia frutto della mente di un autore, ma una vicenda realmente accaduta. È davvero bello, e ripensarci e scriverne qui mi ha fatto tornare in mente tanti momenti del film.
Menzione d’onore per John Wick: Capitolo 2, che riesce a riprendere l’idea del primo film ed espanderla per creare un mondo ricco e credibile, che faccia da sfondo a un’azione sempre ad altissimi livelli.
Davide Mancini
Tecnicamente è del 2016, ma è arrivato in Italia a gennaio 2017, e quindi bon, il mio film dell’anno è chiaramente La La Land. Un po’ perché Emma Stone è tipo meravigliosa in ogni suo movimento di sopracciglia e sguardo sgomento, un po’ perché Ryan Gosling è un figo, ma soprattutto perché il musical di Chazelle è una riedizione di un manuale del cinema classico hollywoodiano reso contemporaneo nei tempi, nei modi e nell’estetica. Adoro i film che riescono a dire tutto con un uso limitato di parole, e la sequenza “what if” nei minuti finali vale da sola applausi a scena aperta, perché chiude la parabola narrativa senza dire nulla, senza essere troppo didascalica, senza appesantire un viaggio che rimane volutamente leggero anche quando parla di aspettative infrante, di sogni che collassano a causa di rigurgiti di ego e di una realtà che ci mette davanti a scelte che rivelano quanto siamo meno nobili di quello che pensiamo. Eppure, l’amore è fatto di alti e bassi, di stagioni, e le quattro raccontate da La La Land passano con disinvoltura dall’innamoramento alla crisi, seguendo il ritmo di un’improvvisazione jazz. E dunque, alla fine del film sei con il magone brutto, ma non riesci neanche a toglierti dalla testa la sua colonna sonora. Un film perfetto, o quasi.
Stanlio Kubrick
Arrival. Credo. Nel 2017 sono successe due cose: la prima è che mi sono perso (non ho ancora recuperato, via) svariati colossi che non nominerò ma che potrebbero forse attentare al titolo, rendendo quindi ogni mia considerazione incompleta e fallibile.
La seconda è che non è uscito Mad Maxy: Fury Road, quindi è stata un'annata deludente.
Anche perché: Baby Driver, che è la miglior storia d'amore del 2017, riesce contemporaneamente a non essere il miglior film di Edgar Wright. IT, che è il miglior IT possibile al cinema nel 2017, riesce contemporaneamente a non essere il miglior horror dell'anno, titolo che probabilmente si accaparra The Void, o forse sono io che amo troppo John Carpenter. Kong: Skull Island, che contiene alcune fra le sequenze più pazzesche dell'anno, riesce contemporaneamente anche a essere un po' un film del cazzo. E così via, non vorrei scadere nell'elenco disordinato di titoli.
Preferisco ribadire che, pur non essendo un gran film di fantascienza per vari motivi che hanno a che fare con la parte scienza, e pur subendo un po', visione dopo visione, il peso di una sceneggiatura un po' goffa e ingombrante, Arrival resta la roba più impressionante che abbia visto e ascoltato in sala quest'anno. È uno showcase di Villeneuve (e di Amy Adams) che sfrutta la sci-fi per imbastire una favoletta emozionale sulla libera scelta e sulla comprensione dell'altro e sul rapportarsi al diverso, e porca puttana se non ci riesce benissimo.
Menzioni speciali: Borg McEnroe perché è una girandola di anarchia, colori, testosterone e glam, e molto soggettivamente perché se è piaciuto a me un film sul tennis significa che è un gran film; Okja anche solo per quel finale da Pixar meets Hitler; Wonder Woman perché a differenza del 90% dei film di supereroi che ho visto negli ultimi anni è effettivamente un film; Split perché io ho sempre creduto in Sciamenna; Free Fire perché ora che ho potuto dire "Ben Wheatley" e "Brie Larson" nella stessa frase sono a posto fino al 2018.
Andrea Maderna
Secondo quel che mi dicono le classifichine del disagio ossessivo compulsivo su Letterboxd, il mio film preferito fra quelli usciti in Italia nel 2017 è Manchester by the Sea. E tutto quel che ho da dire al riguardo lo scrissi proprio su Letterboxd: "Porca puttana se non andate a vederlo vi levo l'amicizia." In realtà non è vero, ho detto anche molto altro, nella mia recensione e in un Outcast Popcorn, ma è passato più di un anno, abbiate pazienza, non ce la posso fare. Fra l'altro, "più di un anno" perché l'ho visto nel 2016, quando è uscito in paesi che non sono l'Italia. Mh. Cosa c'è al secondo posto? Arrival. E tutto quel che ho da dire al riguardo lo scrissi proprio su Letterboxd: "Christopher Nolan puppa la fava." In realtà non è vero, ho detto anche molto altro, nella mia recensione e in un Outcast Popcorn, ma è passato più di un anno, abbiate pazienza, non ce la posso fare. Fra l'altro, "più di un anno" perché l'ho visto nel 2016, quando è uscito in paesi che non sono l'Italia. Mh. Cosa c'è al terzo posto? Blade Runner 2049. Che per me è un film clamoroso, davvero splendido, una dimostrazione di forza pazzesca da parte di Denis bello e un seguito improbabilmente degno se mai poteva essercene uno in questi anni di riciclo nostalgico accazzodecane. Indovinate un po? Ho scritto cose su Letterboxd, non ho scritto una recensione perché non ce la potevo fare ma ne ho chiacchierato per tipo quasi due ore in un Outcast Popcorn.
Questo articolo fa parte della Cover Story "I migliori anni del videogioco", che trovate riepilogata a questo indirizzo.