Friday the 13th: The Game fa sbadigliare più che urlare dal terrore
Venerdì 13 è ricordato, nel campo videoludico, per aver dato vita a uno fra i giochi più brutti dell’era 8 bit, uno di quei pochi titoli su cui la gente dibatte se inserirlo tra i videogame peggiori di ogni tempo. A distanza di molti anni, piattaforme e bit sotto le scocche, grazie al sempre florido (?) mondo di Kickstarter, Jason Voorhees e i sei counselor tornano sugli schermi in un gioco interamente basato sul multiplayer asimmetrico. Un po’ come nello sfortunato Evolve, ma con lo spietato assassino al posto delle bestiolone e molte meno armi da fuoco.
Nonostante IllFonic, lo studio di sviluppo, abbia infatti promesso di aggiungere entro l’anno una campagna single player, al momento Friday the 13th vive esclusivamente della sua modalità multigiocatore. In una sorta di acchiapparello online, sei counselor devono nascondersi e raccogliere oggetti in grado di riparare il mezzo di locomozione che potrà portarli in salvo o (in una delle tre mappe) il telefono per chiamare la salvifica polizia. Il compito di Jason è invece molto più semplice: scovarli, acciuffarli e trucidarli uno per uno.
Le mappe ricordano fedelmente le ambientazioni dei film e il look generale è decisamente in linea con quello della serie: per via di modelli poligonali e animazioni non eccelse, infatti, sembra davvero di essere in un B movie horror con tinte splatter, specialmente quando i volti dei counselor, in preda al panico, si deformano in pose da far invidia a teste di bambolotti sciolti su una fiamma. I ragazzi, però, non possono solo scappare e nascondersi inermi: grazie ad armi, oggetti contundenti ed elementi ambientali, possono stordire Jason o, se molto affiatati e fortunati, persino ucciderlo. Compito decisamente arduo, visto che l’omaccione con la maschera da hockey è una vera e propria macchina nata per uccidere.
Jason non solo è estremamente forte e resistente, ma possiede alcuni poteri in grado da renderlo ancora più letale. Può sparire momentaneamente e trasportarsi a brevi distanze (per evitare trappole) ma anche effettuare dei provvidenziali “fast travel”, utili durante le esplorazioni delle vaste mappe; può percepire la posizione dei suoi bersagli più vicini o, dopo alcuni minuti, potenziare le proprie doti fisiche.
Interessante come alcuni di questi poteri si combinino con lo stato in cui si trovano i counselor: questi, infatti, alla vista di Jason, dei cadaveri dei compagni caduti o altri eventi, diventano sempre più “spaventati”. Questa condizione, oltre a tradursi nelle smorfie ridicole di cui su, rende ancora più semplice l’individuazione da parte di Jason, che può “percepirli” più facilmente o addirittura “azzerare” per qualche secondo l’iconico tema musicale che i councelor sentono quando il pazzo omicida è nei paraggi.
Insomma, chi controlla Jason deve comportarsi da vero predatore, aguzzando i sensi e anticipando i movimenti delle sue prede. Una volta scovate, specialmente se il counselor è isolato dagli altri, il grosso è fatto: sia che lo faccia a mani nude o sfrutti elementi ambientali, il risultato, il più delle volte, è una truculenta e spesso spettacolare “finisher”, che lascia esanime il malcapitato di turno. Certo, risolvendo dei quick time event è possibile scappare, ma quando Jason ti mette le mani al collo c’è ben poco da fare.
Lato counselor, invece, il tutto si gioca sul lavoro di squadra, cercando di elaborare strategie e concerti in grado di portare all’obiettivo migliore per vincere, quasi sempre quello della riparazione del salvifico oggetto di cui su. Ecco allora che ci si divide i compiti, si scorta l’amico che trasporta la tanica di benzina e si cerca in giro per la mappa la posizione degli item necessari. Cambiando ovviamente rotta quando Jason è vicino, nascondendosi o barricando porte e finestre, avendo bene in mente una via di fuga. Perché, a furia di botte e mazzate, quelle barricate potrebbero cadere. L’esperienza dei sei è quindi molto più vicina a quella di un survival in mappe ampie ma comunque circoscritte, con oggetti che vengono posizionati casualmente in essa.
Se sulla carta il tutto sembra interessante, in game emergono i problemi. Friday the 13th sa sì divertire e anche strappare qualche momento di terrore (e involontaria ilarità), ma in realtà soffre di enormi problemi di ritmo. Per via della - giusta - apertura delle mappe e per permettere ai counselor di avere qualche speranza, le partite con Jason sono tempestate da minuti di nulla, in cui il nerboruto vaga quasi a caso in attesa di un segnale che lo porti alla vittima.
Allo stesso modo, anche le partite con i counselor possono risultare presto noiose. Fermo restando che serve un team affiatato (amici o persone disposte a collaborare via chat vocale) per avere anche la minima speranza, mi sono annoiato dopo poche ore. Partita dopo partita, la tensione svanisce piano piano, i momenti riderecci pure e rimane solo una sottile sensazione di tedio.
Lato counselor, lo spawn casuale degli oggetti può creare degli sbilanciamenti, con partite che si risolvono in pochi minuti o invece parecchi giri di lancetta. Lato Jason, beh, ho già detto. Un team preparato può donare pepe al tutto ma, appena fatti fuori due counselor, il tutto si trascina mestamente fino all’inesorabile epilogo. Ancor più se una delle vittime designate si nasconde e rimane immobile in un luogo remoto.
Sarà che i 5 vs 1 sono un genere che rende davvero solo se giocato tra amici affiatati, saranno le asperità e la realizzazione impeccabile del gioco, l’impossibilità di scegliere il proprio ruolo all’interno dei match, i problemi tecnici (e di server) o un’asimmetricità che non rende fino in fondo, ma l’appeal di Friday the 13th su di me è durato davvero una manciata di partite. Dettate soprattutto dalla curiosità più che dal gusto, ad essere onesto.
La buona quantità di sbloccabili partita dopo partita, tra diversi tipi di Jason ed esecuzioni, non è bastata a tenermi su Friday the 13th. E i server, dal canto loro, a volte hanno fatto ben poco per tenermi dentro. Insomma, Friday the 13th è un playground horror utile per un paio di serate allo scazzo con un gruppo ben nutrito di amici, ma niente di più. Fate prima con un mazzo di carte Uno e un paio di birre a testa. Ridete di più e il +4 fa anche più spavento.
Ho giocato a Friday the 13th: The Game grazie a un codice gioco offerto dagli sviluppatori a giopep, che poi lo ha girato a me. Ci ho giocato su Steam, dove ho constatato che, almeno per le schede Nvidia, non è nemmeno ottimizzato benissimo. Ho provato tante ore di noia e attimi di terrore vero quando mr. Maderna, tornato da L.A., mi ha rammentato che ancora dovevo scrivergli la review. Non fanno più le fiere ammazzagente di una volta.