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Dominula, o: Ari Aster ha fatto anche cose buone

Dominula, o: Ari Aster ha fatto anche cose buone

Faccio un po’ fatica a decidere come iniziare questo pezzo per un motivo molto semplice, e cioè che Midsommar mi fa cagare. OK cagare è eccessivo, però ricordo che quando uscii dal cinema dopo la prima visione cominciai a mandare messaggini messaggini a tutti i miei amicini amicini che recitavano solo “Midsomma…”. È un film iperestetizzato e di conseguenza stupidizzato, un non-horror scritto principalmente per raccontare la parabola di emancipazione di una donna da una relazione tossica, e non è che ci sia nulla di male, eh? Il problema è che è un film nel quale tutta la buona scrittura è concentrata sul personaggio di Florence Pugh, mentre il resto che le sta attorno potrebbe essere stato scritto da ChatGPT, se solo ChatGPT fosse esistito sei anni fa. È un film che se la crede e risulta essere solo un po’ sciocchino, e se quattro anni dopo non fosse uscito Beau is Afraid lo considererei ancora il peggior film di Ari Aster.

Sarei disonesto però se negassi l’impatto che ha avuto nel portare avanti la resurrezione del folk horror, un genere-non-genere che dopo gli anni Settanta era un po’ morto o comunque passato in sordina, che aveva ricominciato a sollevare la testa grazie a opere piccine e deliziose ma comunque rimaste in una nicchia (motivo per cui il vero capo della nuova ondata di folk horror è Ben Wheatley, non Ari Aster) e che, con Midsommar appunto, è entrato a gamba tesa nel quasi-mainstream. Le vicende della povera Dani sembrano aver re-insegnato al mondo che è possibile girare film di terrore e paura e raccapriccio anche alla luce del sole, e che i colori e i fiorellini non sono necessariamente roba da hippie che mettono i fiori nei loro cannoni. Non sto a farvi l’elenco della roba post-Midsommar che ha provato a mettere in pratica questa lezione (ultimo in ordine di tempo l’innocuo ma simpaticissimo Opus, ovviamente A24 che in questa roba ormai ci sguazza), anche perché in realtà sono qui per parlare di un’altra roba, e cioè Elden Ring.

La prendo alla lontana: uno dei segreti del successo anche da queste parti dei giochi FROM, fin dai tempi di Demon’s Souls, è che pur essendo giapponesi fino al midollo, tengono anche gli occhi fissi sulla cultura occidentale, che è poi quella con cui Miyazaki è cresciuto pur non capendoci granché (nel senso che da giovane non parlava bene inglese e guardava soprattutto le illustrazioni, ricostruendo i buchi di senso con la sua immaginazione). Pur essendo, ripeto, a livello di gameplay e di design e di bla bla roba indiscutibilmente giapponese, guardano a livello estetico a una serie di robe tutte nostre, europee in particolare: grossi castelli medievali, creature provenienti dalla nostra tradizione, nel primo Dark Souls c’era addirittura un’intera area scopiazzata dal Duomo di Milano. Ripeto: parlo di influenze prima di tutto estetiche, non per forza contenutistiche. Ma è fuor di dubbio che tutto quello su cui Miyazaki ha messo mano dal 2009 in avanti guardi con decisione anche al “nostro” passato, forse soprattutto (e infatti è dovuto arrivare Sekiro anni dopo per ristabilire un po’ di equilibrio e orgoglio patrio).

Elden Ring è, tra le altre cose, una sorta di best of sotto steroidi di tutto quello che FROM aveva fatto fino a quel momento. Chi l’ha definito Dark Souls 4 non sbagliava, ma ci si ritrova dentro anche un po’ dell’orrore cosmico di Bloodborne (SPOILER: i cattivi del gioco sono degli alieni), e il fatto che George R.R. Martin abbia in qualche modo contribuito alla lore del gioco si sente parecchio: chi ha voglia di approfondire la trama, la storia, la mitologia et cetera delle Lands Between ci troverà parecchi spunti classicamente martiniani, a partire da un’enorme quantità di incesti e inbreeding. Essendo però un gioco (e un mondo) vastissimo e tanto orizzontale quanto verticale, Elden Ring ha anche spunti nuovi, mai visti prima nelle opere di FROM e presi di peso da fonti spesso inaspettate.

E arriviamo quindi a Midsommar. All’incirca a metà gioco, vi può capitare, anzi vi capiterà quasi sicuramente a meno che non stiate tirando dritto per arrivare in fondo ignorando ogni tentazione di esplorare e uscire dal percorso critico, di osservare in lontananza, in cima a una collina, alcuni mulini a vento. “Bello!” penserete, e vi dirigerete in quella direzione sognando l’Olanda, i tulipani e gli zoccoli di legno. Giunti in loco, scoprirete di essere arrivati in un simpatico villaggetto che si chiama Dominula (che incidentalmente è il nome specifico della vespa cartonaia Polistes dominula, che vive in una società dominata dalle femmine – prendete nota), popolato da tizie agghindate con ghirlande di fiori che ballano felici intorno a croci anch’esse coperte di decorazioni floreali. Ballano, e non fanno altro: è uno dei rarissimi luoghi del gioco nel quale non si viene attaccati a vista, ed è anche un po’ inquietante, perché inaspettato, trovarsi a vagare per i vicoli di questo villaggetto mentre intorno a te ci sono queste signore che ballano felici e non badano a te.

Foto presa dal webs: mai mi sognerei di vestire così male il mio pg.

Come sempre nei giochi FROM, ci vuole un po’ di detection per capire cosa stia succedendo esattamente. Ve la faccio breve, anche un po’ semplificata: il villaggio è dominato da un tizio, il Godskin Apostle, che ha bisogno di pelle per fare le sue robe. Per cui le donne del villaggio – che si suppongono essere nobili decadute e che si sono ritirate sui monti per creare il loro angolo di paradiso – scuoiano i maschi e ne offrono lo scalpo al tizio. Impazzite anche se non si capisce se per la gioia o il dolore, ballano e celebrano il rituale. C’è insomma in azione un mix di lore esclusiva del mondo di gioco e di spunti che derivano dalle tradizioni pagane occidentali. I fiori, i pali intorno ai quali si balla, le ghirlande, è tutta roba che si può ricondurre al May Day, o ai Floralia romani, o alle Calendimaggio, o a Beltane, o a Valpurga… scegliete voi da dove pescare, fatto sta che quello che si vede a Dominula è una messa in scena di alcuni dei riti di rinascita e fertilità più antichi del continente.

Ecco: dubito che Miyazaki e il suo team siano andati a pescare direttamente alla fonte originale, andandosi a leggere ponderosi volumazzi di folklore locale. Molto più facile pensare che l’impatto di Midsommar, che ha semplificato e impacchettato tutti questi spunti, si sia fatto sentire fin negli uffici di FROM. Dominula e le sue signorine danzanti sono un microcosmo all’interno di una mitologia più vasta, separato e sostanzialmente indipendente da quelli che sono gli eventi della trama principale. La mia ipotesi è che a FROM abbiano visto il film, siano rimasti colpiti dalla sua estetica e dalla sua capacità di generare tensione senza usare un’arma fondamentale e tradizionale come il buio, e abbiano deciso di partire da lì per modellare questa piccola parentesi narrativa.

In pratica l’inizio del 4-1 di Demon’s Souls ma con più fiori.

Il che è anche un modo un po’ superficiale per inserire il folk horror nella tua opera. Ma in fondo lo era anche prendere le guglie del Duomo di Milano e trasformarle in un labirinto di ponticelli sospesi nel vuoto e popolati da stronzi in armatura e arco lungo il cui unico scopo nella vita è rovinarti la giornata. E quindi forse “superficiale” non è la parola esatta: la creatività di Miyazaki e del suo team è sempre stata molto visuale, funziona prendendo spunti estetici qui e là che vengono poi rielaborati per adattarsi alla storia che si vuole raccontare. Per questo credo che Dominula esista non tanto grazie a The Wicker Man o a boh, The Blood on Satan’s Claw, quanto a Midsommar: una roba che, al netto della sua qualità, fece sensazione e arrivò quindi anche fino in Giappone, dove è stata rimasticata e trasformata in un angolo di orrore pastorale che si integra alla perfezione con il resto della mitologia delle Lands Between. Insomma: Ari Aster ha fatto anche cose buone. Magari senza saperlo, ma ehi, l’importante è il risultato, no?

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli orrori di provincia e al folk horror, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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