Racconti dall'ospizio #44: Voodoo Vince e l’invidia del pene di Psychonauts
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Quindici anni fa, eravamo in piena era della prima Xbox. Mh, no, dai, fa ridere anche a me chiamarla così. Ma insomma, era quel periodo in cui PlayStation 2 stava prendendo tutti a calci in culo, GameCube tentava la guerra delle esclusive senza grossi risultati e Xbox vomitava soldi sul mercato un po' a caso lavorando per il futuro. Il tutto mentre Dreamcast si era spento agonizzante in un angolo già da qualche tempo, immerso in una pozza di tragico sangue dall'antico aroma di seppuku. Erano anni bizzarri e sfido chiunque a dirmi che in quel momento si aspettasse davvero l'evoluzione del mercato che avremmo visto con la generazione successiva di console. Oddio, per carità, potete anche dirmelo, magari senza mentire, ma abbiate pazienza se non vi credo troppo.
Comunque, in quegli anni lì, io vivevo il videogioco in una maniera che oggi mi pare quasi surreale. Non credo fosse ancora finita la fase "Non ho un PC all'altezza e la versione console mi fa cagare, quindi a Doom 3 e Deus Ex: Invisible War non ci gioco”, non avevo GameCube e me lo sarei comprato (e goduto) usato in un secondo tempo, stavo in piena overdose da PS2 perché ci lavoravo tutto il giorno in ufficio e a casa volevo accenderla poco, quindi accadeva che Xbox fosse la mia macchina da gioco "privata" del momento. E, nello specifico, era soprattutto il periodo di esplosione del piacere fisico massimo e totale per ogni singolo gioco sportivo sulla piazza. Sarà anche che avevo incassato male la morte del Dreamcast, ma mi sucai con gioia tutti i 2K, uniti a Top Spin e Amped assortiti, con poi finalmente l'arrivo di PES, anche se sulle prime nella versione sviluppata dagli stagisti. Giocavo tanto, giocavo online, passavo tutto il tempo a "incontrare" gente nuova con cui sfidarmi e chiacchierare, partecipavo a tornei... era bellissimo, era il quid principale del mio essere videogiocatore in quel periodo. Poi sono diventato grande.
I giochi in single player per Xbox, però, li consideravo poco. Sbagliando, eh, perché quando poi recuperai Buffy the Vampire Slayer mi ci divertii un sacco. E con le eccezioni del caso, perché al primo Halo ci giocai. Ma insomma, ci siamo capiti. Anche per questo motivo non presi in considerazione Voodoo Vince. Oltre al fatto che comunque non si presentava benissimo, facevo lo schizzinoso e, insomma, gli diedi giusto uno sguardo mentre qualcuno ci giocava nell’ufficio a fianco. Feci bene? Feci male? L’avrei odiato? L’avrei amato? Vai a sapere. Di certo non l’ho né odiato né amato giocando oggi a Voodoo Vince Remastered, che ha trasformato la fu esclusiva Xbox in un gioco per PC e Xbox One, ma ci arriviamo dopo. Prima una brevissima spolverata di contesto storico.
Voodoo Vince è una creatura di Clayton Kauzlaric, veterano del settore che, dopo un po’ di gavetta presso vari publisher più o meno grossi (spicca forse l’esperienza di qualche anno in Square Enix), si unì a un grande decaduto (ma destinato a rinascere) come Ron Gilbert. Assieme, seppur ovviamente non da soli, i due lavorarono sui Total Annihilation e sui Deathspank, prima di separarsi e inseguire strade diverse, con Kauzlaric che si accasò in Beep Industries e poi in Microsoft Game Studios, dove lavora ancora oggi come direttore creativo. Ed è proprio in zona Microsoft che si mise al lavoro su questo Voodoo Vince, gioco di piattaforme con un twist tutto suo che, volontariamente o meno, si inseriva sulla scia di Psychonauts ma a conti fatti non poteva manco allacciargli le scarpe. E se lo dico io che a Psychonauts voglio bene ma con molta più moderazione di altri, buona camicia a tutti.
Io tutto questo all’epoca non lo sapevo, perché appunto Voodoo Vince no, non l’avevo considerato. Di recente, però, il gioco, che non è mai stato supportato dalla retrocompatibilità Xbox a causa di scelte di programmazione custom, è tornato come detto a manifestarsi in versione ripulita sul piano visivo e della compatibilità, ma senza ritocchi significativi su quello del gameplay, e ho deciso di dargli una chance, complice anche l’arrivo di un gentile codice Steam da parte del distributore. Ci ho giocato, non l’ho amato, non l’ho odiato, ho trovato una sorta di cugino diversamente abile di Psychonauts. Che è una battutaccia e una semplificazione, ma tutto sommato rende abbastanza l’idea di quell’aria da vorrei ma non posso che il gioco di Kauzlaric esprime in maniera anche un po’ tenera.
Il concept alla base di Voodoo Vince, in realtà, è abbastanza intrigante, oltre che tutto sommato onesto, consapevole e con un minimo di personalità “sua”: un’avventura grafica di piattaforme. O qualcosa del genere. Con in più il tema del voodoo che viene utilizzato in maniera simpatica sia sul fronte dell’umorismo, sia su quello delle trovate di gioco. Rispetto a Pyschonauts, va detto, Voodoo Vince si mette sicuramente un po’ più in competizione con Mario e compagni, perché la componente action/platform è più importante. E come Psychonauts, se vogliamo mettere in piedi un confronto coi classici da quel punto di vista, prende una valanga di schiaffi, per quella certa rozzezza di fondo che caratterizza meccaniche, fisicità e design puramente platform di entrambi. Ma (come Psychonauts), a Voodoo Vince interessa fare altro, o quantomeno creare una sorta di ibrido. E non a caso tutto l’aspetto di routine da gioco di piattaforme 3D uscito in zona cambio di millennio (i collezionabili da raccattare, per capirci) costituisce la parte più trascurabile del gioco. Trova comunque una sua personalità simpatica negli upgrade che ti permette di sbloccare, ma davvero, è proprio roba solo da appassionati maniacali con la tara nel cervello. Senza offesa.
Il punto, dicevo, è che ogni singolo livello di Voodoo Vince punta su un design da semplice avventura grafica, con piccoli enigmi da risolvere basati su oggetti da recuperare, indovinelli da interpretare e altre sciccherie. Questo aspetto è davvero stimolante, ben congegnato nel suo trovare un giusto livello di difficoltà e capace di regalare belle soddisfazioni. Insomma, affrontare gli enigmi ideati dal team di Kauzlaric è proprio piacevole. Attorno c'è un gioco di piattaforme, si diceva, abbastanza rozzo, tutt'al più ordinario nel design dei suoi livelli, ma in linea di massima gradevole e con picchi di difficoltà che oscillano fra il “Piacevolmente stimolante” e il “Ma cosa vi è passato per la testa?”. Ha pure qualche trovata originale, soprattutto nella caratterizzazione di un protagonista bambolina voodoo che ammazza i nemici facendosi male da solo, ma si tratta spesso di idee che rimangono in superficie e non vanno oltre una caratterizzazione più audiovisiva che d'altro tipo.
Ad ogni modo, dove purtroppo Voodoo Vince mostra davvero il suo punto debole, specie nel noioso ma inevitabile confronto con Psychonauts, è nella forza di idee e sceneggiatura. Si vede il tentativo di inseguire quel modello con trovate di design fuori dagli schemi e uno script comico saturo di citazioni assortite, tutto convinto del suo rompere il quarto muro, ma la genialità sferzante a cui Kauzlaric sembra puntare rimane lontana e spesso la comicità cade nel vuoto. Indeciso fra soluzioni infantili e umorismo più adulto, il povero Vince non convince quasi mai con le sue battute e resta lì, sospeso in volo in una via di mezzo poco convincente. Ed è un peccato, perché in fondo quel che rimane in testa è soprattutto il senso di un’occasione mancata, di un gioco che magari non poteva ambire alle vette di quell’altro lì ma doveva forse mirare più in alto. Così com’è, comunque, Voodoo Vince è una curiosità un po’ bizzarra, un gioco che ebbe forse anche la sfortuna di arrivare fuori tempo massimo e una piccola produzione in cui chi è matto come me può trovare qualcosa di interessante ancora oggi, grazie a una versione rimasterizzata che fa il suo dovere.
Comunque meglio di Blinx.