La solitudine degli Alien Soldier | Racconti dall'Ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Qualche giorno dopo, Andrea si presenta con due note scatolette plasticose, poco più piccole di quelle di una VHS. Una ha la familiare livrea azzurrina dei giochi europei del Mega Drive: al centro campeggia un vecchietto pelato con baffi da maestro di kung fu, mentre dà le spalle a una città in fiamme, forse a causa dei fulmini che scendono copiosi dal cielo, vai a sapere. Su tutto 'sta cafonamma squisitamente anni Novanta, spicca la scritta Streets of Rage 3. L'altra cartuccia è più ricercata e il sapiente design grafico tradisce subito le sue origini nipponiche, insieme al bellissimo logo MD verde-rosso che caratterizzava i giochi JAP. Al centro c'è una specie di uccello antropomorfo con inserti cyborg e alle sue spalle un'accozzaglia piuttosto informe di mostri infuocati di varia foggia. In cima alla cartuccia, sopra una delicata texture metallica, la scritta Alien Soldier. -Ma che è, ‘sta roba?- pensai -Mai sentita!- ché invece, tutto sommato, alla saga di Streets of Rage qualche partita l'avevo fatta.
La casa a cui mi riferivo distava milleduecento chilometri e Andrea lo sapeva. Custodii i giochi per mesi prima del successivo ritorno, quando furono prontamente infilati in valigia in malo modo. Dopo qualche giorno, furono distrattamente inseriti nel mio Mega Drive con interruttorino 50/60 Hz. Streets of Rage 3 era carta conosciuta e vabbé: meno bello del suo predecessore ma comunque validissimo, con un Yuzo Koshiro in pieno delirio avant-garde da musica generata proceduralmente, frutto di un malcelato quanto probabile cambio di spacciatore. L'altro gioco era un completo mistero, con la sua copertina non molto accattivante e un nome che non faceva scattare nessuna molla nella testa. Presi l'adattatore per cartucce giapponesi, che hanno una forma diversa, quindi normalmente non entrano in un Mega Drive Europeo, e inserii la cartuccia nell'apertura del Mega Drive collegato al vecchio tubo catodico, che un tempo era in camera dei miei e che già da un po’ mi accompagnava nelle prime scorribande in ambito retro su hardware originale.
Alien Soldier non perdona niente, nella sua ferocia turbo-arcade. È frustrante, quasi illeggibile, nel suo caotico sistema di controllo e nel suo alternarsi di boss e nemici tostissimi e implacabili. Una vera e propria prova del fuoco per chiunque si consideri un retrogamer hardcore. Ma è anche una meraviglia tecnica senza precedenti, uno dei picchi grafici della console Sega a 16-bit, uscito alla fine del suo ciclo vitale, quando ormai gli sviluppatori erano in grado di sfruttare ogni goccia dei cicli macchina del processore Motorola 68000. Un run'n'gun che, col senno di poi, più Treasure non si può e che infatti prende molto dal suo "predecessore" Gunstar Heroes, esasperandone molti aspetti e alzando drasticamente l'asticella della difficoltà. Ora l'intero gioco è poco più di una boss rush attraverso una ventina di combattimenti tostissimi, con sezioni di intermezzo a scorrimento piene di mostri fallici, molto brevi e mirate principalmente a ricaricare vita e armi. È possibile cambiare al volo fra due diverse modalità di sparo, fisso e libero, oltre che parare i colpi per rispedirli al mittente, premendo una certa combinazione di tasti al momento giusto. Inoltre, se la barra della vita è piena, si può trasformare Epsilon-Eagle, l'uccellone antropomorfo protagonista del gioco, in una sorta di fenice infuocata, che attraversa lo schermo distruggendo tutto e tutti in un tripudio di miccette e rallenti forzato. Ah, è anche possibile teletrasportarsi a breve raggio per schivare gli attacchi. E cambiare la gravità del livello in ogni momento per aggrapparsi al soffitto. E le armi hanno i proiettili contati. Insomma, Alien Soldier è un macello di variabili e azioni, condensate più o meno sapientemente nei tre pulsanti del pad Sega, un gioco che mi affascina e allo stesso tempo mi fa sentire sempre completamente inadeguato, proprio come la vita.
Tutto questo, però, quando inserivo per la prima volta la cartuccia e provavo ignaro il primo livello, non lo pensavo affatto. La prima impressione fu più una combinazione lineare di "Eh, che figata, ‘sta roba. Belli, 'sti sprite. Che tamarri, i boss. Hahaha, i nemici sono cazzi con gli occhi!" e "Ma porco @!# ma che !@#$% devo fare per non morire come un @#$!%@#&, gioco di @#$%!", che ci stava tutto.
Qualche settimana dopo, riportai i giochi ad Andrea.
E su eBay ci andai. Streets of Rage 3 in versione europea costava non meno di duecento euro. Alien Soldier giapponese toccava vette di settecento euro e anche di più. Avevo provato e magari bistrattato i due giochi più costosi che avessi mai avuto fra le mani, senza saperlo. Chissà come era riuscito a procurarsi anni prima in Italia quella copia perfetta di Alien Soldier, magari era molto più semplice e comune farlo nella sua Milano che nella mia Caserta (confermo: a Milano si trovava tutto, dovevi solo potertelo permettere. ndgiopep). A malincuore, glieli lasciai.
Questo succedeva quasi dieci anni fa. Ho rivisto Andrea recentemente a Milano, prima che si trasferisse negli Stati Uniti per amore/lavoro e quelle altre cose lì che fanno gli adulti. Si parlava di traslochi, nuovi inizi e rogne nell'immigrazione grazie all'amministrazione Trump. Mi inserisco a gamba tesa con i veri temi scottanti:
Sarei dovuto essere rattristato per l'ennesimo amico che partiva, e lo ero, per carità, ma per qualche ora ho avuto questa immagine fissa nella mente: la cartuccia di Alien Soldier, sola, spaventata, ricoperta di polvere in un qualche garage meneghino, destinata ad essere dimenticata lì per anni prima dell'inevitabile morte dei suoi circuiti interni. La sua unica colpa è quella di essere troppo preziosa: troppo sbattimento a mettere su l'inserzione, cercare un compratore e così via. Ma anche troppo costosa per essere regalata al primo pirla scimmiato e accumulatore seriale che passa di lì (che sarei io). Destino triste, il suo.
Amiche ed amici, non fate così! Non costringete i vostri giochi allo stesso ironico destino di Alien Soldier. Regalatemi le vostre cartucce inutilizzate! Non mi interessa il loro valore, voglio solo trovare loro una casa e restituire l'amore di cui una volta godevano. Prometto che riceveranno tutto l'alcool isopropilico di cui avranno bisogno e potrò ridar loro nuova vita fra queste pagine, o in streaming su Twitch. Prometto solennemente che non le venderò mai per profitto, ché l'ultima volta che ho venduto qualcosa era un comunissimo alimentatore del GameCube e poi ci ho pianto su due giorni.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.