Non c'erano più posti all'inferno, così Capcom ha deciso di far camminare i morti nel centro commerciale di Willamette | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
C'era un tempo in cui la differenza tra la generazione Xbox 360/PlayStation 3 e PlayStation2/Xbox/GameCube non era percepibile da tutti: in molti, all'epoca, ci domandavamo se un Perfect Dark Zero non avrebbe potuto girare in maniera analoga sulla prima Xbox. I paragoni coi giochi della generazione precedente si sono rincorsi per tutto il 2005, ma nel 2006 la situazione stava cambiando.Non solo stava arrivando il successore di Morrowind, ma sarebbe anche stato l'anno di uscita di un gioco che esaltò moltissimo il Pacione del 2005, Dead Rising.
Agli occhi del me ragazzino, fissato con un certo tipo di estetica e con Zombi di Romero, Dead Rising pareva un sogno a occhi aperti: le fiumane di non morti che inondavano lo schermo e mangiavano i sopravvissuti, assieme al comportamento realistico (per l'epoca, s'intende) della massa di zombi, sono gli elementi che mi galvanizzarono più di tutti.
Il gioco si apre presentandoci il nostro carissimo Frank West alle prese con uno scoop: pare che il governo stia per inviare l'esercito in una piccola cittadina, Willamette, per contenere una non ben precisata malattia, che sta mandando nel panico gli abitanti (bella Wuhan al tempo del Covid-19, vero?ì). Alla fine della nostra scampagnata in elicottero, ci ritroviamo nel centro commerciale della cittadina, che farà da ambientazione per le nostre scorribande mieti-zombi.
È difficile dimenticarsi come i non morti entrano nell'edificio, probabilmente è una fra le scene più esilaranti che abbia mai visto in un gioco con gli zombi come antagonisti. La scena in cui la signora anziana rimuove la barricata per soccorrere il suo cagnolino Madonna (probabilmente trapassato e trasformato in un “mangiacervelli”), è ilare e degna di essere inserita in un film in stile L'armata delle tenebre.
La storia del gioco non viene narrata in maniera molto usuale per l'epoca, riprendendo un po' il concetto di Shenmue, in cui alcuni eventi accadono solamente in determinate ore di gioco. Tuttavia, nel caso di Dead Rising, se si salta l'evento non è possibile ripeterlo il giorno dopo. Il gioco di Capcom ha una struttura molto atipica, simile concettualmente a quanto abbiamo visto su Nier: Automata: non si finisce il gioco nelle sue prime settantadue ore (non corrispondenti all'orario reale), in quanto il nostro livello è troppo basso e sia psicopatici che zombi finiranno per ucciderci nel giro di poco tempo. Anche il sistema di salvataggio, in questo caso, è piuttosto severo, in quanto ci è concesso salvare solamente nei bagni del centro commerciale o nel divanetto della zona staff. Viene dunque da sé che non si può salvare quando vogliamo e quasi sicuramente, le nostre prime settantadue ore nel centro commerciale di Willamette le passeremo a prendere confidenza con la mappa e a livellare, familiarizzando con la moltitudine di armi presenti nel gioco. Ne risulta una struttura un po' particolare, che fino ad allora non si era mai vista nei titoli di grande richiamo.
Ricordo persone che erano un po' deluse e frustrate dal fatto di dover ripetere alcune sezioni più di una volta a causa di questa struttura, ma parliamoci chiaro: Dead Rising è una gioia da giocare. I metodi per far fuori gli zombi sono veramente molti, spaziano dal truculento al demenziale e ben si sposano con la natura arcade del gioco, che tiene a mostrarci su schermo il numero di zombi uccisi nella nostra run.
Una volta completata l’avventura per la prima volta, viene resa disponibile una seconda modalità, il cui unico obiettivo è quello di resistere il più possibile: niente casi e niente escort mission con i sopravvissuti, qua sono tutti ostili. Forse è questo il miglior modo per godersi appieno il centro commerciale e il gameplay, che diventa pericoloso in ogni suo attimo, dando pochi istanti di calma al povero Frank West, che si dovrà ricordare anche di nutrirsi ogni tanto.
Dead Rising è un inno al level design funzionale, non lascia nulla al caso e tutto è posizionato in maniera tale da stimolare il giocatore a sfoltire in maniera più divertente possibile un gruppo di zombi.
Questo genere di alchimia tra level design e game design collima in un effetto a schermo scanzonatamente unico nel mondo dei videogiochi, forse assimilabile ai film splatter del buon vecchio Peter Jackson. Ma Dead Rising non si limita a metterti a disposizione un'arsenale di armi infinito, ti aiuta anche ad utilizzarlo al meglio, ricompensandoti in maniera adeguata con degli achievement, che non sfociano mai nel frustrante o nel ripetitivo: gli obiettivi spingono il giocatore ad ottenere il 100% del divertimento dal gioco, cosa che dovrebbero fare tutti gli achievement, che ormai sono meri segnalibri di completamento della storia o evidenziano quanti collezionabili sparsi nella mappa abbiamo preso.
Dead Rising avrebbe meritato più amore da parte di Capcom Japan, e invece è finito nelle mani della divisione Canadese. Sinceramente, i capitoli successivo al secondo non mi hanno mai stimolato: troppo piatti e uniformi alla moda dell'apocalisse zombi di quest'ultimo ventennio.
Questo articolo fa parte della Cover Story (post)apocalittica, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.