Earthworm Jim (1994) | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
È facile sfottere gli hipster per le loro buffe barbe e i loro risvoltini e la loro passione per tutto ciò che conoscono solo loro e che diventa merda nel momento in cui fa il salto di popolarità.
La verità è che ci perturbano perché ci ricordano noi stessi da bambini.
Mi spiego. Quando si è piccoli e le giornate sono abbastanza vuote da poter essere riempite da ore e ore di giochi in compagnia dei nostri piccoli coetanei, è naturale che si formino gruppi sociali coagulati intorno a una passione comune. Per esempio: Giampaolo ha un Sega Mega Drive e i suoi compagni di classe Artemanno, Lucinda e Posato vanno spesso a casa sua per giocare a Sonic e ad Alex Kidd; è chiaro che il gruppetto nasce e cresce attorno alla passione per i videogiochi, e alla passione per alcuni videogiochi (quelli che Giampaolo possiede) in particolare. Per cui, Sonic diventa il centro culturale della cumpa, tutti e quattro amano Sonic, tutti e quattro parlano sempre e solo di Sonic; è una roba identitaria, normale, anche auspicabile: evviva i collanti sociali per l’infanzia!
Poi, un giorno, Artemanno riceve in regalo un Mega Drive, è usato, quindi non c’è Sonic ma un paio di cassette ereditate dal precedente proprietario. Artemanno comincia a giocarci e, be’, scopre che gli piacciono e scopre il piacere di averle esclusivamente per sé; scopre le gioie della solitudine, del possesso di qualcosa di segreto e solo suo; scopre di sentirsi il proprietario di quella cassetta, e di quel gioco, e di quel mondo e dei suoi personaggi. Magari, chi lo sa, in un impeto di generosità, decide di condividere questo nuovo mondo, il suo mondo, con Lucinda, Posato e Giampaolo, e scopre che questo gioco, che a lui sembra il motivo ultimo per cui esiste la realtà, agli altri tre fa schifo. O magari non ne parlerà mai con nessuno, perché ha paura che condividere quella novità possa irrimediabilmente rovinarla.
È così che nascono gli hipster, e siamo stati tutti hipster prima o poi nella nostra vita, abbiamo sentito questo ingiustificato senso di possesso ed esclusività per qualcosa, un libro, un film, un disco. Sì, anche tu che smentisci vigorosamente portando prove documentali della tua apertura mentale.
Quando ero piccolo io, il mio gioco hipster era Earthworm Jim.
Non era neanche mio, io avevo uno SNES ma non avevo la cassetta; ci giocavo a casa del mio amico Amico, proprietario di un Mega Drive e di un botto di cassette di tutti i tipi, a casa del quale, alle scuole medie, passavo lunghi pomeriggi ascoltando Elio e provando le fatality di Mortal Kombat. A lui ne piacevano alcuni, a me piaceva soprattutto Earthworm Jim, al quale Amico mi faceva giocare ogni tanto e un po’ controvoglia, perché lo trovava troppo stupido per essere vero.
Plot twist: anche a ripensarci oggi, con il peso degli anni che grava sulle mie spalle, Earthworm Jim era troppo stupido per essere vero. Voglio dire che anche allora ci misi dei mesi a rendermi conto che stavo giocando a un videogioco, perché tutte le strutture classiche a cui ero abituato da anni di platform passavano in secondo piano di fronte a (diciamo che venivano sepolte da) il fatto che c’era un verme in una tuta spaziale e le mucche che dicevano WELL DONE alla fine di ogni livello. Non è che io al tempo conoscessi la droga (non la conosco neanche oggi) ma l’impressione che avevo con Earthworm Jim era quella di trovarmi di fronte a un cartone animato pieno di cazzate con cui interagire ogni tanto per far succedere altre cazzate. Non credo di essere mai andato granché in là quando avevo dodici anni, di sicuro non ho mai visto gli ultimi, deliranti e difficilissimi livelli: mi accontentavo di avere ogni tanto un parco giochi tutto per me, di godermelo il doppio proprio perché di fianco a me Amico sbuffava e insisteva per mettere su Golden Axe. Ero un hipster in prestito, innamorato di questo coso indefinibile che non si comportava come tutti gli altri videogiochi a cui ero abituato, nel quale un verme poteva diventare un energumeno palestrato grazie a una tuta spaziale magica.
Earthworm Jim l’ho ripreso anni dopo grazie agli emulatori, con la curiosità di riscoprire un nebuloso pezzo d’infanzia e il terrore di realizzare che ehi, in realtà faceva schifo e tu non eri nient’altro che un cinno di merda senza senso critico che amava una cosa solo per far dispetto ad altri. L’ho ripreso e ho scoperto che è Contra, almeno all’inizio, e che soprattutto mannaggia a Doug TenNapel, è un gioco geniale e perché no rivoluzionario, che gioca con tutti i trope del platform e li deforma e li perverte livello dopo livello, e che sfrutta un sistema di controllo ingegnoso e apparentemente troppo complicato per funzionare davvero, e che invece scorre liscio come del burro spalmato su una fetta di sugna. È anche, parliamo, ripeto, del 1994, un gioco strapieno di umorismo postmoderno, rotture della quarta parete e satira di se stesso, un gioco in cui la principessa da salvare si chiama Princess What’s-Her-Name; ma è pure un divertissement tutto scemo e strabordante di humor scatologico da bambino monello che ha appena imparato a dire “cacca”, con supercattivi del calibro di Queen Slug-for-a-Butt e Mayor Mucus, roba che sembra uscita dal catalogo della Troma e non da un gioco che riuscì a sbarcare pure su una console Nintendo.
Earthworm Jim è, se mi passate il paragone azzardato, lo Shrek dei videogiochi: roba fatta da adulti per adulti, con abbastanza gag facili da tirare in mezzo anche i bambini e un look cartoonesco a sufficienza da consentirgli di vendersi come prodotto per l’infanzia; una clamorosa mossa Kansas City, con l’ulteriore merito di essere arrivata nell’anno di creazione dell’ESRB. Earthworm Jim era, nel 1994, quella che gente peggiore di me definirebbe “una scheggia impazzita”, una roba che a ripensarci oggi non avrebbe dovuto avere alcuna cittadinanza e che ha avuto tra l’altro il merito di prendere un certo tipo di umorismo e immaginario da avventura grafica Lucas e portarlo alle masse consolare. Non che me ne rendessi conto, nel 1994, quando Earthworm Jim era il mio segreto e Amico era il povero scemo che non si rendeva conto del tesoro che aveva in mano; al tempo mi bastavano le caccole, per essere felice, e uno dei personaggi del gioco era una caccola senziente.
Era tutto molto più facile.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.