eXistenZ #28: The Untold History of Japanese Game Developers – Episode IV
eXistenZ è la nostra rubrica in cui si chiacchiera del rapporto fra videogiochi e cinema, infilandoci in mezzo anche po' qualsiasi altra cosa ci passi per la testa e sia anche solo vagamente attinente. Si chiama eXistenZ perché quell'altro film di Cronenberg ce lo siamo bruciato e perché a dirla tutta è questo quello che parla proprio di videogiochi.
La fortuna arride agli audaci, è risaputo. Andate a dirlo a John Szczepaniak, però, e finirete probabilmente per rimediare uno sputo in un occhio o un cartone sul naso. Szczepaniak, noto tra gli appassionati per essere una delle migliori penne di Retro Gamer e Hardcore Gaming 101, ha infatti intrapreso nel 2013 una missione di indubbia audacia, senza per questo esser baciato dalla dea bendata. Il giornalista con il pallino del retrogaming, in breve, ha raccolto fondi su Kickstarter e ha viaggiato in lungo e in largo per il Giappone per tre circa mesi, intervistando sviluppatori leggendari al fine di realizzare un libro sulla storia segreta degli autori di videogiochi nipponici. Ed è qui che sono iniziati i guai.
Szczepaniak ne ha passate un po' di tutti i colori durante la sua avventura (tutt'ora in corso, tra l'altro, con il libro recentemente diviso in tre parti per cause di forza maggiore e la pubblicazione del primo volume prevista a breve), ma il culmine della malasorte è stato raggiunto con uno scontro senza esclusione di colpi con una traduttrice. Non entrerò qui nel merito della diatriba, che minaccia di finire addirittura in tribunale e sta creando grossi problemi a Szczepaniak in termini di immagine, ma mi limiterò ad augurare a John buona fortuna, ricollegandomi all'audacia già citata. Quel che mi interessa in questa sede, del resto, non è l'opera in tre volumi del giornalista, che pur promette di essere mirabile, bensì un progetto che Szczepaniak ha portato avanti in parallelo con la raccolta delle interviste.
La storia è questa: alcune delle chiacchierate condotte con gli sviluppatori dei bei tempi andati e diversi spezzoni degli spostamenti di Szczepaniak, a quanto pare, si sono rivelati più interessanti del previsto dal punto di vista audiovisivo e il giornalista ha quindi deciso di raccogliere il materiale in questione in un doppio DVD dal titolo The Untold History of Japanese Game Developers – Episode IV. Il documentario/diario di viaggio dura circa quattro ore, richiede una buona conoscenza della lingua inglese, in quanto sprovvisto di sottotitoli, e non offre sempre la miglior qualità visiva e sonora possibile, ma ciononostante (e a dispetto di un prezzo che in tempo di crisi non è esattamente accessibile, essendo stato fissato a 40 sterline) rimane una piccola perla che merita di entrare nelle videoteche di ogni amante del retrogaming degno di tale nome.
La passione di Szczepaniak è evidente nel corso di tutto il documentario, ma è soprattutto la scelta del materiale a convincere e conquistare. Si va da una sessione di gioco con Kouichi Yotsui che torna a metter le mani sul suo Cannon Dancer/Osman a una visita presso il fornitissimo negozio BEEP Shop, passando per un incontro in cui Michitaka Tsuruta (responsabile della nascita di Solomon's Key) mostra i suoi schizzi originali e una capatina nello studio di Yuzo Koshiro, la cui musica fa da sfondo all'intero documentario. E siamo solo al primo disco! Sul secondo è possibile dare un'occhiata ai documenti di design di alcuni titoli della serie Aleste e visitare, anche se soltanto attraverso l'occhio della telecamera, uno stabilimento abbandonato in cui operava nientemeno che Hudson Soft. Non bisogna dimenticare, infine, che è proprio il secondo disco a ospitare uno fra i più bei momenti del documentario, ovvero una visita a Yutaka Isokawa, al quale Szczepaniak ha fatto omaggio della copia della rivista Oh!MZ in cui il programmatore aveva pubblicato il listato di Pitman (rivista poi smarrita da Isokawa, visibilmente sorpreso dal regalo).
The Untold History of Japanese Game Developers – Episode IV, come detto, non è propriamente economico e non è perfetto sotto l'aspetto puramente tecnico, ma mai come stavolta è il caso di fregarsene. La cifra richiesta è in realtà più che accettabile alla luce della mole di lavoro sostenuta da Szczepaniak e il documentario offre uno scorcio sul passato che non potrà che arricchire il bagaglio culturale (perché di cultura si tratta, suvvia!) di tutti coloro che hanno amato Wonder Boy, Pac-Land, l'MSX, Alex Kidd e via dicendo.