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L’“horror religioso” Gray Dawn raccontato da George Remus di Interactive Stone

L’“horror religioso” Gray Dawn raccontato da George Remus di Interactive Stone

La scena dello sviluppo indipendente dell’Europa dell’est, di questi tempi, è piuttosto interessante. Si è già detto, qui su Outcast, di My Memory of Us, videogioco polacco che racconta il dramma della Shoah. A questo giro abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda a George Remus, cofondatore dello studio Interactive Stone, con sede a Iași, in Romania, che lo scorso 7 giugno, in partnership con l’incubatore aziendale Carbon, ha pubblicato l’interessante Gray Dawn.

Disponibile al momento esclusivamente in versione PC, Gray Dawn è un adventure a tinte horror in prima persona, ambientato durante la vigilia di Natale del 1920 e fortemente intrecciato con le tradizioni della Chiesa ortodossa, oltre che ricco di rimandi al folklore e alla pittura rumeni. Se il setting proposto è piuttosto desueto per un videogioco, la storia, se possibile, lo è ancora di più: il giocatore attraversa l’avventura attraverso gli occhi di Padre Abraham, un prete accusato dell’omicidio di un suo chierichetto; un uomo confuso e devastato dai sensi di colpa. Pur nella sua sospensione tra reale e irreale, Gray Dawn mette in campo tematiche complesse quali il disagio psicologico, la violenza sui minori, ma soprattutto le idiosincrasie della fede e delle istituzioni religiose.

George Remus, che ha alle spalle una formazione presso l’Università di Belle Arti George Enescu di Iași, in seno allo sviluppo del gioco ha rivestito il ruolo di artista 3D e di sceneggiatore. A lui si devono gran parte delle suggestioni religiose che abitano Gray Dawn, e i rimandi pittorici all’iconografia sacra ortodossa.

George Remus negli uffici di Interactive Stone.

Andrea Peduzzi: La prima cosa che mi ha colpito di Gray Dawn è stata la ricchezza del suo comparto artistico. Il gioco appare come un mix di iconografia ortodossa, suggestioni pittoriche alla Hieronymus Bosch, codici miniati medievali, architetture gotiche e bizantine, interni in stile vittoriano. Quali sono stati i vostri principali riferimenti?

George Remus: Beh, adoro l’epoca vittoriana sotto ogni punto di vista. Certo, se penso a quel periodo, tendo a concentrarmi sugli aspetti più suggestivi, quelli che si vedono spesso nei film: la fumerie d’oppio, gli abiti in pizzo, le strade buie, la pioggia, la nebbia eccetera. Amo tutte quelle “vibrazioni gotiche”. 

Allo stesso tempo, amo la cultura dell’Europa orientale, perché è lì che sono nato e cresciuto, ma soprattutto per via del suo costante intreccio col sovrannaturale. 

Questi due aspetti - età vittoriana e misticismo dell’Europa dell’est - sono stati le principali fonti di ispirazione per Gray Dawn. Altre influenze sono arrivate dal cinema: amo Il labirinto del Fauno, e in generale tutti il lavori di Guillermo del Toro. Inoltre, non posso fare a meno di citare L'isola, diretto da Pavel Lungin e scritto da Dmitry Sobolev, dove trovo venga rappresentata la miglior sequenza di esorcismo di sempre. Infine, c’è la mia infanzia: alcuni segmenti di Gray Dawn sono ispirati a eventi che ho vissuto da bambino, in prima persona.

Andrea Peduzzi: Anche le musiche mi sono parse sono molto suggestive: come vi siete mossi per ottenere il risultato desiderato?

George Remus: Beh, abbiamo registrato alcuni brani, ma la maggior parte delle musiche che accompagnano Gray Dawn è opera del compositore svizzero Adrian von Ziegler.

L'iconografia sacra ortodossa conferisce una forte personalità al gioco.

Andrea Peduzzi: Gray Dawn parla di religione, misticismo e spiritualità, ma anche di faccende più crude come l’abuso o la violenza su minori in seno agli istituti religiosi. Come si incrociano questi aspetti del gioco, in termini narrativi?

George Remus: In primo luogo, Gray Dawn parla di un uomo, Padre Abrahm, costretto a fare i conti con la morte del suo chierichetto, David. Personalmente, ho cercato di enfatizzare il più possibile questo aspetto del racconto. Dopo la morte del ragazzino, Padre Abraham si perde in un dolore indescrivibile e attraversa una vasta gamma di emozioni e rimuginii: «Sono colpevole della sua morte!», «È morto per causa mia»; «Non gli ho voluto abbastanza bene, mi manca!».

Attraverso la parabola di padre Abrahm, Gray Dawn parla anche della debolezza degli esseri umani; della loro incapacità di comprendere la bellezza e l'amore. Tutto inizia dal fatto che il prete ha visto (o creduto di vedere) tratti demoniaci nei comportamenti di David e ha eseguito erroneamente un esorcismo sul ragazzo.

Andrea Peduzzi: Sono curioso: perché avete collocato gli eventi del gioco proprio nel 1920?

George Remus: La nostra scelta è stata dettata da due ragioni. In primo luogo, in ragione dell’ambientazione, del feeling che avremmo potuto raggiungere attraverso l’Inghilterra di quel periodo. Secondariamente, perché in quegli anni la Romania, soprattutto lungo le zone di campagna, era esattamente come appare nel gioco. Trent’anni dopo, il Partito Comunista Rumeno avrebbe distrutto tutto quel magnifico immaginario.

Sovrannaturale a parte, gli sviluppatori di Interactive Stone hanno cercato di ricreare l'atmosfera rurale della Romania dei primi anni Venti.

Andrea Peduzzi: Diversi videogiochi tra quelli usciti durante gli ultimi anni hanno affrontato il rapporto genitori-figli: penso a The Last of Us o a God of War. Immagino dipenda un po’ dal fatto che molti videogiocatori della vecchia guardia sono diventati a loro volta genitori. Gray Dawn, seppur in termini peculiari, intreccia al centro della sua narrazione le vicende di un uomo e di un ragazzino. Perché?

George Remus: La relazione che intercorre tra i due protagonisti è stata ispirata da Il piccolo principe. Oltre a raccontare un avvenimento tragico, Gray Dawn mette l’accento su come le persone, crescendo e invecchiando, finiscano alle volte per smarrire ciò che le rende davvero umane. Col passare del tempo, ci dimentichiamo di sorridere, di essere gentili, di amare. Di trovare il tempo per contemplare la bellezza della natura o anche solo di guardare verso il cielo.

Certe virtù raramente vengono valorizzate da un tessuto sociale che promuove il consumismo. La società, con le sue spinte, ci rende ansiosi, nervosi, aggressivi. Insomma, infelici.

In Gray Dawn, la realtà abitata dal ragazzino sembra molto più viva e bella di quella del prete. La morale è che i veri tesori non appartengono a questo mondo; a un certo punto del gioco, David pronuncia una frase molto eloquente: “È solo attraverso il cuore che è possibile vedere le cose per come sono realmente. L’essenziale è invisibile agli occhi!”.

Andrea Peduzzi: Le storie che hanno come oggetto la violenza sui minori o le ambiguità degli istituti religiosi, ultimamente, sono molto presenti al cinema. Penso a opere come Il caso Spotlight, Il sospetto (Jagten), Philomena o Prisoners. Più in generale, uscendo dai recinti dell’arte, la cronaca riporta spesso storie di uomini di Chiesa che abusano della propria posizione. Eppure, nei videogiochi certe tematiche arrivano poco, o non arrivano affatto: cosa ne pensi?

George Remus: I bambini sono un soggetto delicato, in termini di narrazione, e richiedono un approccio molto particolare. In generale, credo sia davvero difficile raccontare un periodo complesso come l’infanzia; soprattutto perché molti di noi, affacciandosi all’età adulta, finiscono per dimenticarne il significato.

Durante la lavorazione di Gray Dawn, sono giunto alla conclusione che per trattare certi argomenti in seno a un videogioco sia necessario affrancarsi un po’ da faccende pratiche quali la modellazione 3D, la programmazione o il marketing, per concentrarsi sulla sensibilità. A livello emotivo, è davvero pesante lavorare su un testo che tratta la morte di un bambino; soprattutto perché alcuni degli eventi che ho scelto di rappresentare sono ispirati alla realtà. 

Spesso, determinate situazioni vengono percepite in maniera diversa a seconda del sentire di ciascuno ed è difficile combinare tutti i punti di vista lavorando in team. Quando ho scritto la storia, mi sono trovato a spingere alcune parti che ai miei colleghi apparivano strane, a dire poco.

Arrivando ai casi di pedofilia che si verificano in seno alle istituzioni religiose: considero certi episodi gravissimi, malati, e penso che vadano contro tutto ciò che predica la Chiesa. Eppure, molto spesso vengono trascurati dalle autorità preposte, se non addirittura tollerati. Il male si nasconde nella Chiesa fin dai tempi di Gesù Cristo; nelle mani dei fanatici, la religione può uccidere.

Fortunatamente, dall’altro lato esistono i “miracoli”: in Romania ci sono dozzine di bambini abbandonati a loro stessi, o anziani che aspettano la morte in solitudine, negli ospedali. A occuparsi di questi bisognosi, spesso, sono i preti, dal momento che il governo del nostro paese non si cura dell’assistenza sanitaria. Così, sacerdoti e piccoli gruppi di volontari si dedicano alla cura dei bisognosi; procurando loro del cibo, curandone l’igiene, offrendo consolazione, giocattoli o vestiti. Questi gruppi sono la prova che all’interno della Chiesa non ci sono solo persone deviate, ma anche - per fortuna - uomini e donne meritevoli.

A vedere un’immagine come questa, si direbbe che Gray Dawn abbia preso davvero di petto lo sviluppo di certe tematiche.

Andrea Peduzzi: Perché avete deciso di raccontare una storia così ambigua (a margine, non posso fare a meno di pensare a Silent Hill 2)? Come è nato il concept di Gray Dawn?

George Remus: Con Gray Dawn volevamo creare qualcosa di oscuro, gotico, triste e pieno di sangue. Detto questo, quando abbiamo iniziato a lavorare al nostro progetto, Silent Hills P.T. sembrava la “ next big thing” del genere horror; tutti volevano fare qualcosa del genere e eventualmente avere successo, soprattutto dopo la prematura cancellazione da parte di Konami. Ovviamente, anche noi volevamo provare a cavalcare l’onda, soprattutto io; pensavo sarebbe stato facile per un team formato da tre persone: un artista, e due programmatori.

Le cose hanno preso una piega diversa quando mi sono imbattuto in un vecchio caso. La storia di un prete unitariano colpevole dell’assassinio dei suoi due figli dopo aver scoperto che alla moglie era stato diagnosticato un male incurabile. Ero eccitatissimo (non riguardo la storia in sé, per carità, ma per le opportunità narrative che ci vedevo); è stato a quel punto che ho avuto l’idea di combinare due mondi: uno di pura oscurità e disperazione, e uno di bellezzaultraterrena. Immagino che le principali suggestioni da Silent Hill che i giocatori intravedono in Gray Dawn riguardino la cenere che si sparge nell’atmosfera. La cenere è uno dei marchi di fabbrica della serie Konami; tuttavia, potrebbe esserci un'altra ragione: Silent Hill 2 e Gray Dawn condividono il medesimo taglio tragico.

Nonostante le atmosfere sospese, il gioco non lesina in momenti decisamente horror.

Andrea Peduzzi: Definite Gray Dawn come un “horror religioso”. Un’iconografia come quella cristiana, che almeno sulla carta dovrebbe evocare conforto, viene spesso associata alla paura e utilizzata nelle opere horror: perché funziona così bene in quel senso, secondo voi?

George Remus: Oltre a dedicarmi allo sviluppo di videogiochi, amo dipingere, e ho sempre trovato suggestivo che le icone bizantine rappresentino un mezzo per comunicare con Dio. Perlomeno, questa è la spiegazione che ne danno i teologi. Tuttavia, in Gray Dawn, certe raffigurazioni possono risultare spaventose per i giocatori, soprattutto per una questione di contesto. La Chiesa ortodossa può sembrare oscura, a tratti persino spaventosa. Per fare un esempio: il funerale di David è ospitato da una vecchia chiesa in legno, tipicamente rumena. Spesso, soprattutto in passato, edifici del genere apparivano piuttosto cupi, illuminati da poche finestre o da qualche candela. L’idea dietro a questa architettura è che la chiesa rappresenta i nostri corpi, mentre la luce delle candele l’anima che risplende dentro di essi. Quando le suore o i monaci ortodossi si radunano per una veglia, cercano proprio la luce dell’anima e si adoperano per alimentarla.

Una delle icone realizzate da George Remus

Andrea Peduzzi: Parlando di elementi puramente horror, in quali termini sono presenti in Gray Dawn? Come avete gestito la costruzione della tensione?

George Remus: A mio modo di vedere, l’orrore più grande non nasce da uno shock. È più qualcosa che si insinua lentamente nella mente; una situazione che fa paura. L'idea dietro alla tensione che anima Gray Dawn è che le cose più spaventose sono quelle che provengono da una mente malata e da un'anima inquieta.

Andrea Peduzzi: I puzzle e gli enigmi che avete architettato si appoggiano, in qualche caso, ad autentici riti religiosi?

George Remus: Assolutamente! E questo vale soprattutto per gli enigmi ambientati nel mondo di David. Ovviamente, i puzzle non sono teologicamente accurati in ogni dettaglio: da artista, mi sono preso la libertà di aggiungere suggestioni e pratiche esterne alla religione come l'alchimia, l'occultismo, eccetera. È stato davvero difficile inserire nel gameplay significati mistici; non sempre ci siamo riusciti, ma abbiamo fatto del nostro meglio. In particolare, gli enigmi su cui ho lavorato con maggiore trasporto sono stati quelli legati a un funerale rumeno ambientato in campagna. È stato davvero emozionante, anche se la situazione ha richiesto grande delicatezza.

Andrea Peduzzi: Interactive Stone ha sede a Iași, in Romania: quanto c’è del folklore locale in Gray Dawn?

George Remus: Ce n’è un sacco. Gray Dawn contiene l’intero spettro del folklore rumeno, compresi elementi di architettura, abbigliamento, e quant’altro.

Per fare un esempio, il cimitero di Rosendorf che si vede nel gioco si rifà a un luogo realmente esistente, il Cimitero allegro (Cimitirul Vesel) di Săpânța, nel distretto di Maramureș, nella Romania settentrionale. È un luogo pieno di croci di legno colorate, e ogni croce riporta citazioni divertenti sui defunti. Un altro elemento di folklore locale che appare in Gray Dawn sono i sette demoni che perseguitano Padre Abraham, i "moroi", che rappresentano gli spiriti dei bambini non battezzati. Sono creature davvero spettrali, e in effetti parlarne non mi mette molto a mio agio.

Il Cimitirul Vesel di Săpânța.

Andrea Peduzzi: Ultimamente, gli sviluppatori che desiderano raccontare una storia scelgono di farlo attraverso i cosiddetti interactive drama/walking simulator. Voi, invece, avete preferito non rinunciare agli aspetti ludici. Cosa ne pensate di esperienze come Gone Home o Virginia? Durante lo sviluppo di Gray Dawn, magari in fase di progettazione, avete mai avuto la tentazione di imboccare quella strada?

George Remus: Beh, noi desideravamo mantenere il giocatore coinvolto nella storia, pur senza trasformare il gioco in un action nel quale sparare ai mostri. Ci piace l’idea dell’interazione e dei puzzle perché spinge il giocatore a interrogarsi sul significato delle proprie azioni, e sui vari elementi che tessono l’avventura. Inoltre, penso che le istanze drammatiche non dovrebbe finire con l’essere prerogativa dei “walking simulator”: credo che tutti i tipi di giochi meritino di appoggiarsi a racconti potenti. Fortunatamente, sta succedendo. Penso ad esempio a Frostpunk, di 11 bit studios: dietro alle sue meccaniche hardcore, ci sono delle idee interessanti. Idee che mettono il giocatore davanti a scelte discutibili, che sfidano la sua etica. E questo è proprio ciò che amo, in un videogame.

In chiusura, vi ricordo che Gray Dawn è disponibile su Steam - esclusivamente in versione PC e in lingua inglese - al prezzo di 16,79 euro. Come al solito, se acquistate i film segnalati nel pezzo (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.

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