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Heaven’s Vault ha un fascino che levati

Heaven’s Vault ha un fascino che levati

Ho incontrato per la prima volta Heaven’s Vault due anni fa, quando era veramente solo un prototipo che mi mostrarono e mi “chiacchierarono” alla GDC 2017. Poi, l’anno scorso, ci ho giocato per la prima volta, provando una sezione specifica durante la settimana della GDC 2018. Quest’anno, invece, ci siamo incontrati a casa mia, con una versione del gioco ancora incompleta sotto molti punti di vista ma che mi ha permesso di affrontarne le fasi iniziali e pasticciarci per un paio d’ore scarse. Temevo di finire vittima del senso di déjà vu, di quella sensazione di stanchezza che ti coglie quando continui a vedere lo stesso gioco per anni di fila e non si decide a uscire. E sulle prime, forse, un po’ mi stava accadendo. Poi, però, mi sono immerso nella sua atmosfera magica e Heaven’s Vault mi ha completamente rapito. Per quel che vale una prova così breve, oltretutto di un gioco che, come da tradizione di Inkle Studios, offre ampi margini di manovra su come affrontare l’avventura e la storia, mi sento di affermare che potremmo essere di fronte all’ennesima loro bomba.

Heaven’s Vault segna un cambio di rotta per lo studio britannico, che in passato ha dato la precedenza al formato mobile. Uscirà infatti in primavera su PC (quella da me provata) e PlayStation 4, con la versione iOS prevista in un secondo tempo. Del resto, è un gioco un po’ diverso da Sorcery! e 80 Days, quantomeno a un livello superficiale, anche se il cuore, la sostanza, rimangono i soliti, al punto che dietro le quinte, sotto la superficie, il motore che muove tutto è sempre lui, ink. Questa volta, però, nonostante la storia e il testo rimangano al centro della faccenda, controlliamo un personaggio a schermo e lo portiamo in giro per ambienti tridimensionali, muovendoci a piacere fra le maglie del racconto.

Protagonista del gioco è tale Aliya Elasra, un’archeologa e studiosa di lingue perdute che si ritrova, per una serie di circostanze, ad esplorare la Nebula, una sorta di arcipelago di pianetoidi fluttuanti collegati fra loro da una specie di fiume. È un immaginario bizzarro e affascinante, che racconta un mondo completamente “altro”, con una società dominata da un approccio a scienza e religione particolari, intriganti, appena suggeriti nella parte di gioco che ho provato ma con sicuramente molti aspetti da scoprire. All’interno di questo contesto, Aliya si mette in moto per cercare una persona scomparsa e, accompagnata dal robot Six, esplora in lungo e in largo alla ricerca di indizi, scoprendo nel contempo tracce di civiltà perdute.

Il primo impatto, inutile negarlo, può lasciare perplessi. Sul piano stilistico, Heaven’s Vault fa cose molto belle, con quel suo spalmare un taglio da fumetto animato all’interno di un contesto 3D, ma allo stesso tempo si ha l’impressione di un progetto con ambizioni superiori a ciò che il budget può permettere. Però ci si abitua in fretta, soprattutto perché tutto il resto è affascinantissimo. L’ambientazione ha una carica fantastica, immaginifica e di originalità rare, la scrittura è impeccabile come sempre e le idee di gioco non sono niente male. In particolare, il sistema tramite cui bisogna provare a tradurre i geroglifici sparsi per gli ambienti, andando per tentativi e associazioni, è molto intrigante, lascia margini di manovra e butta lì un minimo di accompagnamento per mano, trovando il giusto equilibrio: non ci si sente spaesati ma si ha la sensazione di stare davvero combinando qualcosa di propria iniziativa.

Al di là di quello, la struttura, lo spirito, rimane da gioco Inkle Studios, grazie a un complesso sistema di narrazione procedurale che permette di avere costantemente situazioni di dialogo aperte e ritrovarsi sempre con qualcosa da fare, sia che si segua il tragitto lineare suggerito dal racconto, sia che si decida di fregarsene ed esplorare a piacere fra le ambientazioni disponibili. L’impressione di grande libertà offerta da Sorcery! e 80 Days non è quindi finita vittima della maggiore ambizione di Heaven’s Vault e questa è sicuramente una buona notizia. Inoltre, il sistema di gioco, come dire, “un po’ meno testuale” funziona abbastanza bene e se da un lato, forse, mi è un po’ mancata l’essenzialità delle precedenti avventure basate solo sul testo, dall’altro, questa svolta in fondo un po’ da punta e clicca (con gli inserti quasi arcade della navigazione fra un luogo e l’altro) funziona bene.

Nella nuova versione di anteprima, poi, finalmente si usciva dai confini dei siti archeologi visti nelle due occasioni precedenti ed era possibile masticare un po’ del resto di Heaven’s Vault. Il gioco si apre con la protagonista che riceve la sua missione in quella che sembra essere una sorta di capitale dell’impero, e qui è possibile gironzolare, esplorare e conversare con diversi personaggi. Ma anche una volta che si getta nell’esplorazione, si scopre che diversi dei luoghi visitati ospitano persone con cui è possibile conversare, per scoprire indizi e fare luce sulla natura dell’universo di gioco. Improvvisamente l’esperienza sembra molto meno solitaria di quanto forse parsa in passato, con un sistema di dialogo che sembra aver imparato da giochi come Oxenfree e Firewatch. È sempre possibile muoversi, camminare, procedere sul proprio cammino, anche con conversazioni attive, che si possono portare avanti grazie a risposte multiple o lasciar cadere nel vuoto, ma anche interrompere e far virare in altre direzioni grazie al meccanismo di “commento o risposta”, quasi costantemente attivo.

Il taglio delle conversazioni può variare molto in base alle risposte scelte, che permettono ampi margini di manovra fra onestà, gentilezza, sarcasmo e bastardaggine distillata. E tutto, presumibilmente, si inserisce in un mosaico più ampio, che come al solito fornirà ampi margini di manovra e libertà di movimento fra le maglie di una trama con una direzione finale precisa. Il sistema funziona davvero bene, ripeto, e la magia della scrittura di Inkle Studios non si perde – o non sembra perdersi – dietro alle luci colorate del nuovo approccio estetico/strutturale. A questo si aggiunge l’intrigante sistema di timeline, tramite cui è possibile curiosare negli avvenimenti noti alla protagonista, spaziando avanti e indietro lungo la linea temporale di minuti, ore, giorni, mesi, anni, secoli, con un sacco di mitologia da esplorare ma anche tanti dettagli sulla vita di Aliya, che contribuiscono a definire il personaggio.

Insomma, il gioco pare esserci, solido, ammaliante, convincente. Inoltre, alcuni suoi aspetti, dall’impianto visivo alla timeline, mi hanno fatto venire in mente The Last Express. E quando ti viene in mente The Last Express, eh, non puoi che iniziare a gasarti.

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