I picchiaduro 3D mai arrivati in Europa
La prima PlayStation vanta una libreria software globale di settemilanovecentodiciotto giochi. Un dato impressionante, soprattutto se paragonato con i millequarantasette per Saturn e i soli duecentosessantanove per Nintendo 64. Non tutti questi titoli sono arrivati in Europa: una buona fetta è rimasta confinata nel Sol Levante o, al massimo, alcuni titoli hanno goduto di una versione americana. Nella maggior parte dei casi quelli non convertiti per il mercato europeo appartenevano a due generi: JRPG e picchiaduro. I primi sono stati probabilmente penalizzati dal genere ancora piuttosto di nicchia, mentre per quanto riguarda i secondi, il mercato era talmente saturo che difficilmente qualche nuovo esponente avrebbe potuto impensierire i titoli più forti come Tekken e Soul Blade. Per la Cover Story ho recuperato i picchiaduro tridimensionali mai arrivati in Europa. Inserirli tutti era un’impresa proibitiva, quindi ho fatto una scrematura, mantenendo i più interessanti, fra nomi noti e qualche sorpresa dell’epoca.
Bushido Blade 2
La prolifica SquareSoft di quegli anni tentò di ritagliarsi un posto al sole nel mercato dei picchiaduro 3D con l’originale Bushido Blade. Un picchiaduro basato su combattimenti all’arma bianca decisamente atipico: niente barre dell’energia, tempo limite o mosse speciali: bastava un solo colpo per vincere l’incontro. Il titolo puntava al realismo, basandosi sulla filosofia e sul codice d’onore dei guerrieri bushido, tant’è che se si utilizzavano pratiche scorrette durante il combattimento (colpire l’avversario durante il saluto o alle spalle ad esempio) non si poteva raggiungere il vero finale della modalità storia. Se il primo Bushido Blade godette di una versione europea, Bushido Blade 2, uscito un anno dopo, non arrivò mai da noi. Il seguito apportava delle aggiunte quali la divisione in clan di assassini durante la modalità storia e nuove armi, fra cui quelle da fuoco.
Tobal 2
Un anno prima di Bushido Blade, sempre SquareSoft aveva pubblicato un picchiaduro più tradizionale: Tobal No.1, che poteva vantare lottatori disegnati dal celebre Akira Toriyama. Il coloratissimo fighting game vantava anche un “Quest Mode” che permetteva ai giocatori di esplorare dei dungeon e guadagnare oggetti utili, oltre alla possibilità di sbloccare nuovi lottatori. Nel 1997 arrivò l’immancabile seguito, che riprendeva e ampliava la formula del predecessore (era presente anche una città esplorabile). La sorte fu la stessa di Bushido Blade 2: niente versione europea, al contrario del primo capitolo. Era inizialmente prevista una conversione per il mercato nord americano, stoppata da un lato per le vendite deludenti del primo gioco (nonostante la demo di Final Fantasy VII inclusa) e dall’altro per l’eccessivo uso di memoria della console, che avrebbe reso difficile adattare i dialoghi tradotti all’interno delle caselle di testo.
D-Xhird
Picchiaduro sviluppato dai creatori di Battle Arena Toshinden. Cosa che non rappresenta esattamente un grande biglietto da visita, nonostante la celebre recensione con voto 105% apparsa su Game Power. D-Xhird riprendeva la filosofia del combattimento all’arma bianca tanto cara sia al “fratello maggiore” sia a Soul Blade, e la pubblicazione in esclusiva su Saturn lo posizionava come risposta al titolo Namco. Il risultato non fu proprio esaltante: D-Xhird era un picchiaduro legnoso e tecnicamente modesto.
Final Fight Revenge
Uscito in versione arcade nel luglio del 1999 e otto mesi dopo per Saturn, Revenge era il primo episodio di Final Fight a non essere un picchiaduro a scorrimento ma uno contro uno. Il titolo vantava fra i lottatori i personaggi celebri della serie madre, e permetteva, durante i combattimenti, di utilizzare armi da mischia e da fuoco. Ultimo gioco pubblicato da Capcom per la sfortunata console SEGA, Final Fight Revenge è diventato nel tempo un titolo abbastanza raro.
Ranma ½: Battle Renaissance
Basato sull’omonimo manga e sviluppato da Atelier Double, Ranma ½: Battle Renaissance è un convenzionale picchiaduro 3D, tra l’altro abbastanza povero: solo due modalità di gioco (Storia e Versus) e solo nove lottatori in totale.
AbalaBurn
Non è un picchiaduro nel senso stretto del termine: è una sorta di mix fra un adventure, un gioco di ruolo e un fighting game. Si tratta di un titolo che mescola elementi presi da Rival Schools, Tobal e Toshinden (non a caso anche questo è a marchio Takara). Tecnicamente valido e discretamente longevo.
Samurai Shodown: Warriors Rage
Si tratta del terzo capitolo in 3D della celebre saga di SNK, e il primo a essere stato convertito per console. Si portava dietro i difetti degli altri due capitoli, vale a dire una certa legnosità e imprecisione nei controlli, ma vantava un discreto comparto tecnico.
Fatal Fury: Wild Ambition
Primo esperimento tridimensionale della saga, Wild Ambition è una sorta di soft reboot del primissimo capitolo, e così come Samurai Shodown: Warriors Rage anche questo titolo è basato sul sistema Hyper Neo Geo 64. Tra le novità, un “Heat Meter” che poteva scendere o salire durante il match e, una volta riempito, permetteva l’esecuzione di una mossa speciale.
Fighter Destiny 2
La maggior parte dei picchiaduro per Nintendo 64 è mediocre, e probabilmente il migliore alla fin fine è Fighters Destiny. Nonostante le vendite non entusiasmanti, il titolo sviluppato da Opus Corp. Ebbe un seguito, Fighter Destiny 2, che ampliava le meccaniche del primo titolo, basato su una sorta di “sistema a punti” e introduceva una nuova modalità chiamata Arena, che permetteva ai lottatori di apprendere nuove abilità. A differenza del primo capitolo, Fighter Destiny 2 venne accolto tiepidamente dalla stampa, cosa che privò il mercato europeo di una conversione.
Super Robot Spirits
Il titolo fa parte della serie Super Robot Wars di Banpresto, con un roster di lottatori robotici presi direttamente da celebri serie come Gundam e Daitarn. Le recensioni dell’epoca lo stroncarono, soprattutto per via di un comparto grafico poco ispirato e per le poche mosse a disposizione per i singoli combattenti. Uno dei tanti picchiaduro mediocri per N64.
Fortunatamente oggi grazie all’emulazione è possibile giocare – magari per la prima volta – a questi e altri titoli mai arrivati in Europa.
Questo articolo fa parte della Cover Story “Meglio tardi che mai”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.