Il Pedro di spade 8x04: La prima volta come tragedia, la seconda volta coi draghi
Ogni settimana, Natale "Pedro Sombrero" Ciappina ci illumina con le sue elucubrazioni sul nuovo episodio de Il trono di spade. Chiaramente, trattandosi di analisi sui singoli episodi, evitate di leggerle se non siete aggiornati con le trasmissioni.
Non era semplice da realizzare, questa quarta puntata. Non lo era perché sia gli spettatori che i protagonisti erano reduci ancora stremati della scorsa puntata, La lunga notte; non era una puntata semplice soprattutto perché il tempo stringe, siamo agli sgoccioli e condensare i vari archi narrativi dentro pochi minuti non è affatto semplice. Eppure, Il Trono di Spade ci è riuscito, regalandoci, con L’ultimo degli Stark, l’episodio migliore di un’ottava stagione, va sottolineato, di alto livello. È ancora presto per sbilanciarsi, con altre due settimane ancora in programma, però fin qui Game of Thrones, e questa quarta puntata ne è la prova, è riuscito a soddisfare, riprendendo e ampliando tutti quelli che, dopo una settimana stagione a base di fanbase sgangherato, erano considerati i tradizionali marchi di fabbrica, che meglio riuscivano a contraddistinguere la serie dal resto della concorrenza: politica, intrighi, trappole e fantasy cafone – e pazienza se, almeno finora, di morti eccellenti, non ce ne sono state, un indice di valutazione che, a fronte di quanto visto, risulterebbe invero parecchio riduttivo. Ne L’ultimo degli Stark, insomma, c’è tutto. C’è il banchetto a base di vino, dai risvolti sia romantici che trash, c’è dell’azione condita da qualche colpo di scena e, soprattutto, c’è la politica, a farla da padrona più che mai.
Quello che nelle scorse puntate traspariva solo in sottofondo è invece ora ben chiaro: Daenerys è sempre più sola. Lo è negli affetti, che svaniscono decapitati dallo spadone della Montagna; lo è politicamente, con Tyrion e Varys vacillanti sulle sue effettive capacità da regnante; lo è soprattutto nell’apprezzamento che la gente dovrebbe provare nei suoi confronti ma invece tarda a manifestarsi. Di più: quello che a lei sfugge di mano, al suo consorte sembra venire incontro. Jon Snow gode della fiducia del popolo (o almeno del suo, quello del Nord), della sua famiglia e anche dei collaboratori altrui, come dimostrano le titubanze di Tyrion e l’endorsement di Varys. E come se non bastasse, è il legittimo erede al trono di spade, che è la vera ossessione di Daenerys, l’oggetto del desiderio di fronte al quale la Targaryen è disposta a sacrificare tutto, probabilmente anche la sua sanità mentale; e da qui prendono forza la teoria sulla “Mad Queen”, la Regina pazza, figlia di Aegon Targaryen passato appunto alla storia come il Re pazzo. Non si esce però fuori di testa da un giorno all’altro e, nel caso della posizione di Daenerys da donna sola al comando, la sindrome d’accerchiamento potrebbe essere acuita da una serie di eventi non da poco: 1) il lutto per i più stretti collaboratori, con l’episodio in analisi che comincia con il funerale di Jorah e finisce con la decapitazione di Missandei; 2) il tradimento di Jon, il suo amante, che prima le promette di mantenere un segreto che, se svelato, comprometterebbe il suo unico desiderio, quello di sedere sul trono di spade, e poi infrange quella stessa promessa parlandone con Arya e Sansa; 3) la perdita di un altro drago, per lei equiparabile a un figlio.
Daenerys mostra con chiarezza i segni di uno squilibrio mentale che sembra ormai irreversibile, di una paranoia peraltro giustificata dalle azioni di Sansa, il cui retaggio in seno a Cersei le ha insegnato a diffidare di chiunque – specie di una regina straniera le cui dispotiche pretese, invero, farebbero sollevare diversi dubbi a qualunque governante. La Targaryen ha infatti ormai smesso i panni di regnante anti-establishment, quella che, per sua stessa ammissione, voleva “rompere la ruota” che negli anni ha visto ai vertici di Westeros sempre le stesse casate a spadroneggiare sugli inermi: Baratheon, Lannister, Stark e Tyrell – e non a caso, proprio in contraddizione con quanto appena scritto, nei primi minuti dell’episodio nomina Gendry signore di una terra che quest’ultimo ha visto solo di sfuggita. Daenerys, insomma, non vuole affatto rompere la ruota; semplicemente vuole sostituirvisi, essere la parte centrale di quel gigantesco meccanismo che è Westeros, vuole quel posto al trono che le spetta di diritto e che in questi anni, fra una disavventura e l’altra, crede di essersi meritata di avere. Anche a costo della perdita della propria sanità mentale.
Sembra non sia nemmeno mai accaduto quel momento, durante la quarta puntata della scorsa stagione, in cui Daenerys spazzava via con uno schiocco di dita l’intera armata dei Lannister, prima polverizzata dai dothraki e poi ridotta in cenere da uno solo dei suoi tre draghi. La Targaryen obbligava gli avversari a uno scontro su un piano inclinato, in cui tutto andava a suo favore; eppure, in poco tempo, la situazione si è ribaltata, e non può essere solo colpa dei complotti o delle casualità. Come tanti rivoluzionari (almeno nelle intenzioni), Daenerys si è fatta prendere dalle smanie di onnipotenza, credendo di poter distruggere qualunque ostacolo le si pari davanti con un semplice “dracarys”. Purtroppo, a Westeros non funziona così e il tradimento di Sansa al giuramento fatto a Jon ne è la prova; la Stark le aveva chiesto l’indipendenza del Nord, vedendosi la richiesta rispedita al mittente, quindi che fare? Continuare a subire le intemperanze di Approdo del Re per i secoli a venire, oppure appoggiare Jon, che le garantirebbe la completa indipendenza del Nord dal resto di Westeros? Per Sansa, la risposta dev’essere scontata, specie dopo essersi vista rifiutata la ragionevole obiezione di aspettare qualche giorno ancora, prima di far partire quello che è il proprio popolo per una guerra che appartiene solo a Daenerys – in tutto ciò, va inoltre registrata la volontà di Jon, puntualmente disattesa, nel non ricoprire cariche istituzionali, in una curiosa considerazione collettiva della sua persona, in cui però nessuno tiene conto della sua effettiva opinione.
L’istante che però cristallizza appieno la deriva sanguinaria della Targaryen è quando quest’ultima decide, contro ogni ragionevole obiezione, di infischiarsene dell’intera popolazione di Approdo del Re, per l’occasione fatta riparare da Cersei dentro la Fortezza Rossa, ovvero la sede reale, attaccando la regina regnante direttamente al cuore, anche a costo di far andare di mezzo migliaia di innocenti. È questo, più di tutti, il punto di non ritorno, al quale presumibilmente Jon si opporrà. Cosa accadrà a quel punto? Difficile a dirsi, almeno per ora. È però certo che, al momento, Cersei si è messa nella miglior posizione possibile, giocando d’anticipo, annullando il dominio aereo avversario e obbligando la Targaryen a giocare secondo le proprie regole. Quest’ultima, tuttavia, seppur molto indebolita, ha ancora diverse carte nella propria mano: oltre all’appoggio dei Martell, ci sarebbe quello degli abitanti di Meereen, dove l’ex braccio destro di Daenerys, Daario Naharis, è rimasto al comando in attesa di ordini dalla sua regina.
Appunti sparsi:
Gran parte del merito della riuscita di questa puntata, il cui approccio politico, come da tradizione martiniana, ha dato mordente all’intera narrazione, è da ricondursi a Tyrion e Varys; soprattutto di quest’ultimo si sentiva la mancanza, con un ruolo che potrebbe ritagliarsi uno spazio sempre maggiore. A patto che entrambi non vengano prima ridotti in cenere dalla regina pazza.
Riecco Bronn, quindi, la cui furtività farebbe invidia anche ad Arya (chiedere al Re della Notte per maggiori informazioni). In pratica, si trova adesso in una posizione win-win; a patto che almeno uno dei tre Lannister rimanenti sopravviva.
Spesso, per giustificare le strategie approssimative di Jon Snow e soci, si tende a sminuire l’intero contesto nel quale si muove il Trono di Spade, commentando che in fondo si tratta pur sempre di una serie TV con zombie e draghi – considerazione pur sacrosanta, ma che però stona con l’intero contorno narrativo. Ne abbiamo un esempio in questa stessa puntata, con Euron che prende in contropiede, per la seconda volta, le navi di Daenerys. Sarebbe dunque più corretto affermare che ad essere deficitarie non sono le strategie militari in tutto Il Trono di Spade, ma solo alcune. Nella fattispecie, quelle di Jon, capo militare che questa volta, non pago dei quasi fallimenti contro Ramsey e contro il Re della Notte, avalla l’idea di dividere l’esercito, lasciando scoperte le truppe navali che stavano per rincasare a Roccia del Drago.
La candida ingenuinità di Gendry: non solo ammette di essere passato, in neanche mezza giornata, dal non sapere tenere una forchetta in mano all’essere il signore di una fra le più blasonate casate di Westeros, ma addirittura chiede la mano ad Arya, che, dopo aver salvato la razza umana, ha tutt’altre priorità che fare la lady rinchiusa in un castello.
Restando sul tema, Arya sta andando ad Approdo del Re accompagnata dal Mastino (Cleganebowl is coming). Il motivo è intuibile, e ha un nome e un cognome: Cersei Lannister. Forse sarò troppo ottimista, ma anche in questo caso, potrebbe essere proprio Arya a risolvere la situazione. Cersei, infatti, ha ribadito che le porte della Fortezza Rossa resteranno aperte per tutta la durata dello scontro con Daenerys; un invito a nozze, per un’adepta del Dio dai mille volti.
Non sempre Tyrion rispetta la sua fama di uomo più furbo di Westeros, come accaduto con la presunta gravidanza di Cersei. Altre volte, invece, la rispetta eccome; emblematica la bevuta fra lui, Podrick, Jaime e Brienne, quando a un certo punto, proprio quando il tasso alcolico è superato solo dalla disinibizione, chiede a quest’ultima se sia vergine. A primo impatto, una caduta di stile, una domanda inappropriata che sfascia il clima gioioso fin lì creato; in realtà, un subdolo assist al proprio fratello, che non si fa pregare, dopo alcune stagioni passate a cincischiare. Ad avercene, di spalle come Tyrion.
Il momento in cui Tormund va a sfogare le pene d’amore fra le braccia del Mastino è probabilmente l’apice trash dell’intera serie.
Rimanendo sul tema, due parole le merita pure Brienne, sedotta e abbandonata. Perdere la verginità con Jaime è un po’ come fare il proprio debutto nel basket professionistico giocando come prima partita una finale di conference NBA; e infatti il risultato è stato, dopo un buon debutto, disastroso – nonostante una regia che ha saputo immortalare il loro primissimo rapporto con grande delicatezza. No, Brienne non se lo meritava proprio. Però, pensandoci un attimo, non mi stupisce nemmeno troppo, questo improvviso dietrofront da parte di Jaime. Mi tocca fare il mitomane, autocitandomi, ma non ne posso fare a meno; questo è quello che scrissi sul finale della scorsa stagione: “Jaime fa sul serio? Ha veramente intenzione di allontanarsi da Cersei per unirsi, toh, all’amica Brienne? Sarebbe una cosa molto romantica, e credo che, a prescindere da ciò, sì, questa forse è la volta buona che Jaime riesce ad allontanarsi dalla gonna della sorella/amante. Questa cosa finirà malissimo, già lo sappiamo”. E infatti ci ritroviamo con una Brienne col moccio al naso, e solo il Dio della luce sa quanto non se lo meritasse, questo trattamento.
Euron non è esattamente l’ultimo degli stupidi; come la prenderà dopo aver scoperto che, a dispetto della faida fra fratelli, Tyrion sa della gravidanza di Cersei? In linea teorica, dovrebbe unire i puntini senza troppi problemi, essendo già a conoscenza del rapporto amoroso fra la regina e il suo fratello gemello, ma in fin dei conti potrebbe anche disinteressarsene. Per lui, l’unica cosa che conta è avere Westeros in mano e poco gli importerebbe di trovarsi in una posizione analoga a quella di Robert Baratheon. Il problema, semmai, sarebbe il nuovo ritorno di Jaime.
Quindi, per Tormund, Sam, Gilly e Spettro finisce veramente così? Ognuno per la propria strada, grazie di tutto e tanti saluti?
Approfondimenti:
Varys Returns As the Voice of Reason on ‘Game of Thrones’ (leggi l’articolo su The Ringer)
The unfinished prophecy of Arya Stark (leggi l’articolo su Polygon)
What happened to the Lannister golden blond hair on Game of Thrones? (leggi l’articolo su Vox)
Game of Thrones’ Mad Queen theory, explained (leggi l’articolo su Vox)
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Il trono di spade e al fantasy lercio, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.