Parliamo di Kickstarter
L'impressione di molti è che il "momento" di Kickstarter come piattaforma su cui appoggiarsi per finanziare lo sviluppo di un videogioco sia un po' passato. Era anche la mia impressione, lo ammetto, e il motivo non è difficile da identificare: c'è stata una fase di enorme buzz mediatico, figlio di progetti dall'altissimo profilo, spinti da veterani del settore di grande personalità, e quella fase è un po' passata. Al Reboot Develop Blue 2019, però, mi sono fatto una chiacchierata con Anya Combs, che occupa il ruolo di senior game outreach presso l'azienda americana, e ho scoperto che le cose sono un po' diverse. In questo articolo su IGN Italia, ho unito le risposte che mi ha dato a un racconto del suo intervento sul palco della fiera croata, nell’Outcast Reportage dedicato alle interviste del Reboot Develop Blue 2019 potete ascoltare la conversazione in inglese e di seguito potete leggerne la trascrizione integrale in italiano.
Buona lettura!
Puoi spiegare il tuo ruolo presso Kickstarter?
Occupo la posizione di senior game outreach, quindi il mio ruolo è di cercare creatori interessati a utilizzare Kickstarter. Li seguo e sono disponibile ad aiutarli dall’inizio alla fine della campagna, ma anche prima. Diciamo sempre che il momento stesso in cui stai valutando la possibilità di avviare una campagna su Kickstarter è il momento migliore per contattarci. Mi occupo molto di strategia, rispondo a domande, non solo su come condurre la campagna ma anche su aspetti specifici come la consegna delle ricompense. Magari hanno problemi a gestire i contatti, le informazioni necessarie, qualsiasi cosa. Sono qui per aiutare.
Questo tipo di supporto è presente su Kickstarter da sempre o è una cosa più recente?
Kickstarter esiste da dieci anni e diciamo che il lavoro di outreach si è più o meno sempre fatto, in forme diverse. Nello specifico, c’è una persona che si occupa di questa attività da circa sette anni in maniera continuativa ma la parte più focalizzata sui giochi e videogiochi è il motivo per cui sono stata assunta io tre anni e mezzo fa.
Si sentono storie su giovani sviluppatori, magari alle prime armi, che hanno problemi a gestire le campagne e a far funzionare tutto. Qual è, secondo te, la difficoltà maggiore a cui vanno incontro le persone magari alla loro prima esperienza di crowdfunding o addirittura proprio di sviluppo?
L’aspetto più complesso, forse, è la gestione delle aspettative. Non è facile capire veramente cosa sei in grado di fare e proprio per questo cerco sempre di offrire onestà, anche brutale. Perché è importante capire la differenza fra ciò che vuoi fare e ciò che sei effettivamente in grado di fare, in modo da focalizzarti solo su quello e su ciò che ritieni davvero importante. Se per te è fondamentale pubblicare il gioco su Switch, magari è il caso di pensare a quello e accantonare, anche momentaneamente, le versioni PlayStation 4 e Xbox One. Quindi, insomma, evitare di fare promesse che non sei in grado di mantenere è importantissimo, ma non è facile.
E forse anche saper parlare alla community è importante. Magari adesso accade meno, ma c’è comunque ancora molta gente che vede Kickstarter solo come un modo alternativo per fare un pre-order, ma in realtà stai supportando lo sviluppatore, il progetto potrebbe non andare in porto... c’è molto altro.
Sì, anche se, allo stesso tempo, in una certa misura, c’è anche quello: stai facendo un pre-order. Ma sì, certo, limitare la visione a quello è un po’ ingenuo. Il cuore sta nel rapporto con la community e puoi vederlo in modi diversi. Il tuo approccio può essere anche quello di chi sfrutta Kickstarter come strumento per far sviluppare la community, certo, ma allo stesso tempo, la prospettiva dovrebbe essere lievemente diversa: sto costruendo una community tramite cui dare vita al mio progetto. “Sviluppare questo gioco è il mio sogno e voglio che voi tutti ne facciate parte.” È un approccio molto più efficace e positivo per la crescita della community.
E tu sei qui al Reboot per incontrare e scoprire sviluppatori che potrebbero essere interessati a usare Kickstarter?
Sì. Siamo sempre interessati a incontrare gente nuova e, in generale, per me è importante incontrare faccia a faccia comunità con cui non ho occasione di confrontarmi regolarmente, vivendo negli USA. Avere l’opportunità di entrare in contatto diretto con il mercato croato o esteuropeo in generale è importante, anche perché non tutti hanno i mezzi per volare alla GDC o, in generale, alle fiere americane. E quindi, per me, è molto utile dedicare tre giornate a lavorare sui contatti con le persone. Sono qui per scoprire nuovi progetti che abbiano senso su Kickstarter ma anche per rafforzare il messaggio, comunicare, spiegare cosa facciamo in contesti che non necessariamente ci conoscono bene.
Magari ci sono sviluppatori che non sanno che dovrebbero andare su Kickstarter…
Esatto! Molti, magari, non sanno nemmeno che c’è uno staff di persone impegnato regolarmente a lavorare dietro le quinte della piattaforma. Siamo qui, vogliamo parlare, siamo sempre pronti a intervenire a conferenze e a dare più informazioni possibile su quello che facciamo. Talvolta le persone hanno paura a contattarci, sono intimorite, quindi è importante chiarire che non aspettiamo altro, vogliamo parlare coi creatori!
Chiaramente non ho accesso ai dati che puoi consultare tu ma diciamo che, “da fuori”, l’impressione è che Kickstarter abbia avuto qualche anno in cui è stata una piattaforma fondamentale per i videogiochi, anche perché svariati nomi d’alto profilo l’hanno utilizzata con grande successo, ma poi sai un po’ passata di moda. Ci sono ancora tanti progetti ma, forse, meno nomi di peso… probabilmente gli ultimi davvero di grande risonanza sono stati Shenmue III e Thimbleweed Park… sei d’accordo? E, in generale, è uno sviluppo che vi aspettavate?
Beh, innanzitutto bisogna anche vedere cosa si intende quando si parla di nomi di peso, perché è comunque una valutazione un po’ soggettiva.
Diciamo magari nomi che generano parecchio rumore mediatico…
Sì. Beh, quel genere di progetto ha avuto grande successo fra 2014 e 2015 e va anche detto che diversi di quei giochi stanno uscendo proprio in questo periodo. Inoltre, per ogni “nome grosso”, ci sono cinque giochi magari in teoria più piccoli ma che finiscono per riscuotere un grosso successo. Penso per esempio a Toejam & Earl, che è uscito da poco ed è andato benissimo, anche se Greg Johnson è a pezzi. Poi c’è un gioco come Pinstripe, che è andato bene al punto che ne faranno un film, cosa che non sarebbe accaduta senza Kickstarter. Wandersong arriva da una campagna su Kickstarter ed è stato un altro bel successo, anche di critica, molto apprezzato dalla community, è andato all’Independent Games Festival, Insomma, è complesso. Ovviamente è bello avere nomi importanti e riconoscibili sulla piattaforma ma a me piace tantissimo ospitare nuovi sviluppatori, esordienti, e vederli magari diventare essi stessi nomi di peso anche grazie a noi.
Hai menzionato la nascita di un film legato a un progetto, mi viene in mente anche il documentario creato da Double Fine… Quanto è importante fare in modo che la gente capisca come funzionano le cose, si renda conto che sta finanziando lo sviluppo di un gioco ed è normale aspettarsi ritardi, problemi…
Il problema è che lo sviluppo di videogiochi, nella realtà, non è accessibile, non è fico, non è esaltante. È un sacco di duro lavoro! In passato lavoravo per Nickelodeon, quindi con un pubblico di bambini, e forse il lavoro che in assoluto, più di tutti, viene indicato come desiderato è quello di game designer. Pensano che sviluppare un videogioco significhi starsene lì tutto il giorno a ideare giochi, ma quello è solo un pezzo del puzzle. È così in qualsiasi settore dell’intrattenimento: anche se sei un creativo, passi solo metà del tempo effettivamente a creare e per il resto ti devi occupare di gestire gli affari. Se sei un musicista, non passi tutto il tempo a comporre, devi gestire la tua carriera, cercare accordi, lavori. Se lavori nel cinema, sei costantemente alla ricerca di finanziatori. E nei videogiochi funziona in maniera simile: metà del processo è ideare meccaniche, creare la grafica, la musica, dare spazio alla creatività, ma c’è anche l’altro 50%, gestire il lato economico, pianificare, decidere di rinviare l’uscita, Non è una parte divertente di quel lavoro e quindi, per il pubblico, non è divertente entrarvi in contatto. E il fatto che la gente, su una piattaforma come Kickstarter, paga in anticipo, certo, apre le porte a reazioni molto negative quando ci sono problemi. D’altro canto, è un sintomo di come funziona il settore dei videogiochi in senso ampio e di quanto i videogiochi sono popolari.
E in fondo, il rovescio della medaglia è tutta la parte positiva del coinvolgere la community, i suggerimenti, le richieste, il far partecipare le persone al processo di sviluppo…
Certo! Ed è del resto una cosa figlia di questa epoca bizzarra in cui viviamo, coi social network, l’accesso costante e pressoché diretto alle persone. Il problema è che talvolta ci si dimentica che le persone con cui comunichi al di là dello schermo sono anche loro, appunto, persone! A volte può essere difficile assorbire certi atteggiamenti e anche se magari il 90% dei commenti è positivo, quel 10% che ti urla addosso, tipicamente, è la parte più rumorosa. A quel punto, è facile finire per concentrarsi sulla parte negativa e perdere di vista il resto. Quindi la community ha una responsabilità e, allo stesso tempo, è importante capire come moderare la comunicazione. E non credo sia stato ancora scoperto un modo per gestire davvero questo aspetto fino in fondo.
Ultima domanda: qual è l’ultimo gran gioco a cui hai giocato e perché lo ritieni un gran gioco?
In questo periodo sto giocando a Dragon Age: Origins e devo dire che, da persona che non si è mai appassionata al genere, mi sembra un’ottima introduzione al mondo dei giochi di ruolo. Mi espongo alla berlina dicendo anche di aver provato Assassin’s Creed e non essere proprio riuscita ad entrare in sintonia col gioco. Ed è frustrante, perché so che c’è un mondo di persone che lo apprezza, vorrei riuscirci anch’io ma proprio non fa per me!
Ho lo stesso problema, non sei sola.
Certo, e va bene, così, non è un problema! Poi gioco anche parecchio a boardgame, Dungeons & Dragons… e di recente mi sono divertita molto con un gioco di carte che si chiama TomatoTomato, creato da Oink Games, un team che lavora su giochi molto piccoli. Non voglio sbagliarmi ma credo che “to” in giapponese significhi porta e “mato” stia per maschera. Nel gioco ci sono carte con scritto “to”, altre con scritto “mato”, e poi c’è effettivamente un pomodoro (tomato in inglese): devi mettere le carte in fila sulla base dei tiri di dado e poi leggere le parole che ne vengono fuori il più velocemente possibile, magari con modificatori che cambiano l’ordine… è un design piccolo, semplice, ma mi piacciono molto questi giochi semplici ed essenziali.