La morte fa di vertice Risk of Rain
Scrivere una recensione che non sa cosa sia la vergogna mi pone in una posizione piuttosto delicata: il rischio è quello di imbrattare lo schermo con pennellate di concetti risaputi, più corollari che teoremi. Forse il mio è solo un puerile pretesto, un modo per utilizzare a sproposito il nuovo lato critico di Outcast, pescando a piene mani nella trina gamma di valutazione.
Risk of Rain è un gioco di merda!
Lo odio con tutte le mie forze, perché ancora oggi mi fa venire i sensi di colpa. Ho comprato il gioco rigorosamente in saldo – sono un istrionico barbone – e al solo osservarlo nella lista di Steam mi sento sporco. 45 ore di gioco, spalmate nell'arco di nemmeno diciotto mesi e il tutto al prezzo di due caffè. Faccio veramente schifo. E dire che solitamente mi piazzo sulla riva del fiume e attendo, senza provare un pizzico di rimorso, il cadavere del prezzo di listino. Sono una stupida e inutile contraddizione in termini.
Nonostante sia un gioco di merda, grazie a Risk of Rain ho visto la luce e ho compreso il significato intrinseco del termine roguelike, un sostantivo usato spesso a sproposito dalla scena indie. “Procedurale” è una parola talmente abusata che ha quasi perso la sua ragion d'essere; un algoritmo matematico non può da solo sostenere l'intero peso di una struttura ludica, a meno che una mano invisibile non vigili dall'alto e provveda a porre ordine nel caos. Per l'appunto, Risk of Rain si sviluppa sempre con una precisa coerenza e un certo grado di prevedibilità.
Risk of Rain cela sua vera identità sotto una maschera di action bidimensionale, un'estrema e vacua sintesi che non rende minimamente giustizia alla sua poliedrica personalità. Alba e tramonto del viaggio verso gli inferi non mutano fra una tornata e l'altra, al contrario dei livelli posti fra alfa e omega, che invece si alternano seguendo un pattern (quasi) ricorsivo. Le sezioni sono interconnesse da un portale dimensionale, bocca che prima di spalancarsi vomita letteralmente sullo schermo intere legioni di carnefici, capitanate dall'immancabile boss. All'attivazione del cancello scatta un perfido conto alla rovescia, un meccanismo diabolico che pone l'avatar (e in misura minore chi lo controlla) al vertice della tensione. Concluso il ticchettio, l'avventuriero può infine varcare la soglia, a patto che non vi sia più traccia di satanasso e sgherri. Nel tragitto che lo separa dal potenziale oblio, l'utente può affrettarsi verso l'uscita o esplorare l'ambiente circostante, alla ricerca di bonus e nell'ottica di rimpolpare le statistiche del suo portacolori. Sfortuna vuole che il tasso di sfida cresca di pari passo con lo scorrere del tempo, in un incubo scandito dal cronometro in sovrimpressione e dalla barra d'energia posta al suo fianco.
Ogni partita in Risk of Rain è un vai a sapere…
... perché i perk conquistati con il sudore della fronte e con il beneplacito del fato non fanno poi questa grande differenza, almeno nelle prime battute. L'accumulo compulsivo di bonus crea, sulla lunga distanza, una gioiosa macchina da guerra che riesce a piegarne uno, se ne beffa di nessuno, ma iniziare a sudare freddo al cospetto dei centomila. Lo spettro della morte è una perenne costante e la nera consolatrice strizza l'occhio alla volontà di potenza, perfida tentazione. In un punto specifico Risk of Rain pone l'utente di fronte a un bivio: a sinistra il mastodontico livello finale (un crescendo da applausi a scena aperta), a destra la possibilità di ripercorrere il tragitto, tanto per non arrivare impreparati al punto di non ritorno. Alla fine il guardarsi alle spalle è in realtà una scelta quasi obbligata e il tutto si traduce – in assenza di una qualsiasi forma di salvataggio – in una lunghissima maratona di fronte allo schermo. Il mio massimo è stato una sessione da 114 minuti e 10 secondi, spalmati lungo un viaggio di ben undici livelli, che si traducono in almeno un paio di loop.
Nonostante la sua vena di sadismo, Risk of Rain è un gioco di rara generosità e dal cuore puro, è un titolo austero e sincero. Estro, inventiva e tanta coerenza sono gli elementi di spicco di un circolo sempre virtuoso e mai vizioso. È un attore volutamente incastratosi in un loop di repliche, felice di ripetere all'infinito lo stesso copione: senza preavviso alcuno, ogni sera effettua una variazione sul tema, cogliendo l'attimo e lasciandosi guidare dall'istinto. E così l'ordinario si trasforma nell'imprevedibile immaginario.
Alla fine ne esco sconfitto, perché non ho veramente nulla da obiettare nei confronti di Risk of Rain. Ma è un meraviglioso deporre le armi, lasciatemelo dire.
Ho comprato diversi mesi fa Risk of Rain su Steam, pagandolo un'inezia rispetto al suo valore. I requisiti di sistema sono talmente modesti che mi sembra persino superfluo citarli. In caso di allergia ai DRM, lo trovate pure su GOG, perché è giusto che sia così.