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Mario Is Missing! tra dieci minuti vuole vedervi tutti in acido | Racconti dall'ospizio

Mario Is Missing! tra dieci minuti vuole vedervi tutti in acido | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Fateci caso: nove volte su dieci, la roba per ragazzi, soprattutto se educativa, va di pari passo con la droga.

Prendiamo un contenitore come Bim Bum Bam. Lì, il meglio che ti poteva capitare era imbroccare un pupazzo rosa parlante, mentre il format rivale considerato più “intelligente”, L'albero azzurro, aveva un’atmosfera così perturbante che pareva di stare in una puntata de Il prigioniero.

Bypassando i Teletubbies, ché mi fanno troppa paura, ci spostiamo verso The Banana Splits, il lisergico show della Hanna-Barbera che, non a caso, andò in onda negli Stati Uniti a partire dal 1968, e dal quale di recente qualcuno ha pensato bene di ricavare un film horror. Sempre da quelle parti, o comunque sulle stesse frequenze, passava la roba più creepy tra quelle para-educative, ossia Interbang!? o le 7 torri di Pisa, acidissima serie televisiva antesignana de Il mistero dei Templari, ideata da Paul Casalini e andata in onda a metà degli anni Ottanta, basata su una caccia al tesoro misticheggiante a base di killer e ragazzini frangettoni.

Hai visto... La mia... Banana?

Con l’arrivo dei personal computer, questa stramba visione dell’edutainment è passata anche per mouse e tastiere. Durante gli anni Ottanta e Novanta, compagnie come Brøderbund Software, The Learning Company e MECC (acronimo di Minnesota Educational Computing Consortium), misero sul mercato software educativi pensati per tutte le età e relative fasce scolastiche, alcuni dei quali divennero addirittura dei blockbuster, come le serie The Logical Journey of the Zoombinis, Where in the World is Carmen Sandiego? e The Oregon Trail.

Le opportunità parevano così buone che persino Ron Gilbert, nel 1992, lasciò LucasArts assieme alla collega Shelley Day per fondare la Humongous Entertainment, specializzata in franchise educativi come Putt-Putt, Spy Fox, Pajama Sam e Freddi Fish.

La tendenza è poi andata sgonfiandosi verso la fine del millennio, e pur senza negare minimamente il valore ludico ed educativo queste esperienze, è innegabile che fossero piene zeppe di droga. L’estetica di Logical Journey of the Zoombinis, ad esempio, sembra uscita da uno sketch animato dei Monty Python, e a non saperlo, si potrebbe tranquillamente confondere con quella dei titoli di Amanita Design. Di contro, se al netto di certi picchi, Where in the World is Carmen Sandiego? ne esce complessivamente più posato, basta iniettarsi un Thinkin' Things a caso per entrare in una paranoia pop direttamente dalla porta principale.

(Comunque, anche il vecchio Ron non scherza un cazzo.)

Per anni mi sono chiesto come mai, per quale ragione esista una simile coincidenza tra sballo e vocazione pedagogica. La risposta che mi sono dato, anche a seguito di diverse esperienze dietro la cattedra, è completamente campata per aria. Il che non mi impedisce certo di esporla.

Volendo abbozzare al massimo, i campi dell’educazione, dell’edutainment, dell’insegnamento o comunque decidiate di metterla, sono popolati per buona parte da tre categorie di individui: gente di chiesa passata per momenti di attaccamento invertito; a seguire, i reduci di facoltà umanistiche dai trascorsi quantomeno controversi e che non sono riusciti a collocarsi diversamente; infine, ex-teppisti a cui la società ha deciso di dare una seconda chance, tipo Fonzie o Mike Seaver, il personaggio di Kirk Cameron in Genitori in blue jeans. O Secco, se apprezzate i fumetti di Zerocalcare.

Ah, giusto, c'è anche lui.

Ho deliberatamente disposto queste tre categorie per ordine di efficienza, sempre in base alla mia esperienza. La prima, a fronte di una formazione generalmente buona, pecca nell’entrare in empatia con i ragazzi per mancanza di terreno comune, finendo per creare macchiette in stile Flanders, o mostri di severità tipo l’infermiera de Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Il secondo gruppo, che chiamerò genericamente “studi umanistici cazzoni”, in genere, parte armato di buona volontà, ma finisce col cedere alla pigrizia, al lassismo o, peggio, all’eccessivo giovanilismo, forzando gli studenti ad ascoltare la musica, leggere i libri o guardare i film “giusti”, tutti inesorabilmente passé.

La terza categoria, di contro, nonostante una preparazione didattica spesso al limite della decenza, si rivela quasi sempre quella più portata. Nel corso degli anni, ho visto i personaggi più irragionevoli diventare ottimi educatori, insegnanti in grado di gestire gli studenti con la giusta misura, di cazzeggiare quando serve, ma sufficientemente autorevoli – non autoritari – da zittire la classe con un leggero colpo sulla cattedra. Purtroppo per il sistema educativo, questa terza fascia è anche la più sparuta, dal momento che parte sfavorita nelle classifiche, in via del CV e della cattiva presenza ai colloqui. Peccato!

Ora, cosa accomuna tra loro categorie di persone così diverse? Ma la droga, naturalmente. Che sia quella figurata della religione o in versione letterale, cosa che in parte giustifica l’appeal lisergico di un certo tipo di prodotti educativi, compresi i videogiochi di cui sopra. E sicuramente è compreso l’imperscrutabile Mario Is Missing!, sviluppato nel 1992 da The Software Toolworks originariamente in versione MS-DOS, addirittura su floppy, e seguito l’anno successivo dai port per SNES, Mac e NES curati dallo studio canadese Radical Entertainment (lo stesso dei due Prototype).

Il gioco faceva capo a una serie di progetti collaterali al mondo di Mario, licenziati ma non curati letteralmente da Nintendo che, giustamente, preferiva starsene in fondo alla classe a contare i soldi. Tra questi, Mario Is Missing! rientrava nel sottoinsieme “discovery”, dal momento che il protagonista, Luigi, è chiamato a girare per il mondo (il nostro, bada bene, non il Regno dei funghi) città dopo città, per recuperare il fratello rapito da Bowser, a sua volta impegnato nell’attualissimo piano di sciogliere i ghiacci del Polo sud!

WTF!

Vale la pena di notare come ogni versione del gioco sia differente dall’altra, in leggerezza o sensibilmente. Tipo che quella per computer è più un’avventura punta e clicca, mentre su NES e SNES si è spinto sulla componente platform, con tutto che in entrambi i casi siamo davanti a dinamiche esplorative proposte in visuale laterale.

Allo stesso modo, vale pure la pena di notare che Mario Is Missing! è la prima avventura standalone “grossa” dedicata a Luigi, visto che Luigi’s Mansion è del 2001, anche se il puntalcazzismo mi impone di precisare che non rappresenta la prima volta in assoluto del baffone verde, dal momento che quel titolo spetta a un altro titolo (ahah!). Mi riferisco a Luigi's Hammer Toss, del 1991, un “Nelsonic Game Watch” prodotto dall’omonima azienda newyorkese, che all’epoca era riuscita a strappare a Nintendo il diritto di ricavare dai suoi personaggi sette minigiochi visualizzati su display LCD e montati su un bracciale a mo’ di orologi da polso.

Le istruzioni giapponesi di Luigi's Hammer Toss, piacevolmente brandizzate McDonald's.

Tornando a Mario Is Missing!, le differenze tra le varie versioni non contemplavano soltanto il gameplay, ma anche la grafica e le musiche, laddove quella per MS-DOS era senza dubbio la più pacchiana, con le proporzioni sballate e tutto il resto, e quell’altra su Super Nintendo, pur mescolando asset grafici e sonori provenienti da Super Mario World con fondali dall’impostazione differente, ne usciva incredibilmente un pochino meglio, a dimostrazione che certe cose non riescono a fare davvero schifo in qualunque modo le metti.

In ciascuno di questi casi, comunque, e senza entrare nei meriti del gioco (che mi passano dalla regia come un apprezzabile prodotto educativo, pare) il risultato è così retro kitsch da fare il giro. L’estetica un po’ “Pepperland” del Regno dei funghi, già drogatissima di suo, trova in questa miscela una nuova declinazione che in parte ci è, ma soprattutto ci fa - e ci fa tantissimo - generando un artefatto perfettamente equidistante da Chelsea Girls, dal film Super Mario Bros. del 1993, e da I nostri eroi alla riscossa, quel cartone animato con le tartarughe ninja in versione narcona. Un artefatto che potrebbe persino stare in un museo di arte contemporanea, o alla brutta appeso nella cucina di Matteo Bittanti.

WTF (2)

Questo articolo fa nettamente parte della Cover Story dedicata a Luigi e ai fantasmi, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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