Ritornerò in 3D - Metroid Prime | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
La più grande lacuna come periodo storico della mia “carriera” videoludica coincide con l’ascesa del Super Nintendo e il suo declino, della guerra tra Nintendo e Sony nell’epoca dei bit a cifra doppia e dell’avvento del 3D. Mi sono perso tantissimo di quell’era, recuperando poi come potevo le glorie del passato superati da un bel po’ i vent’anni. Il ricordo che ho più a cuore della generazione a 128 bit (l’ultima misurata così) risale al 2003, anno in cui tornai a giocare regolarmente con le console fisse attaccate ai tubi catodici.
Metroid era ancora, nei miei ricordi, quel gioco tutto buio, incasinato e incomprensibile, che provai da qualche amico alle medie. Avendo saltato a piè pari le sue incarnazioni successive, non avevo idea di quanto mi sarei innamorato della saga da lì a poco.
Perché se Metroid Prime festeggia i suoi 20 anni in questi giorni, in Europa arrivò con qualche mese di ritardo com’era consuetudine all’epoca. Questo permise ad un giovane me di recuperare un DVD allegato ad una rivista inglese che conteneva la prima ora di gameplay e di impratichirmi con i comandi semplicemente guardando quello che veniva suggerito a schermo. Mossa piuttosto inutile, visto che nell’arco della mia prima “vera” ora con Samus nella sua incarnazione 3D, mi resi conto che molto era il non detto di quel tutorial, a partire dal movimento e della gestione della telecamera.
Lo schema di controllo è tanto strano ora quanto lo era allora. Il movimento è affidato all’analogico sinistro, ma non ci si può guardare liberamente in giro mentre si viaggia: bisogna tenere premuto un analogico e fermarsi a controllare quello che si ha intorno.
In Metroid Prime si spara, sì, ma l’enfasi è più sulla ricerca di indizi, sull’esplorazione di un mondo sconosciuto e in totale solitudine circondati dalle rovine di una civiltà ormai estinta. Navigare nell’intricata mappa di Tallon IV, tra le caverne di Magmoor e le piane ghiacciate di Phendrana, fermarsi a scansionare le scritture Chozo o qualche creatura è sempre soddisfacente e rispecchia la giusta evoluzione della serie.
Il silenzio che circonda Samus, eccezion fatta per i versi delle bestiacce che si incontrano sul percorso, è frutto della volontà di ricreare l’atmosfera di Super Metroid, riuscendoci alla perfezione. Solo la voce del computer di bordo che vi annuncia l’aggiornamento del Log book romperà questa mancanza, ma è una voce robotica e fredda che presto diventa così abitudinaria da passare inosservata.
L’apparente tranquillità del pianeta è controbilanciata dalla colonna sonora che riesce a trasmettere sia la sensazione di essere effettivamente su un mondo alieno e pericoloso, sia la sicurezza di essere dentro una tuta super tecnologica che ci permetterà di affrontare qualunque avversità. A tutt’oggi, le musiche di Metroid Prime stanno nella mia top ten quando si tratta di avere un sottofondo musicale e concentrarmi su qualcosa (sì, questo articolo è stato scritto proprio su quelle note).
L’atmosfera dei vari pezzi riesce a enfatizzare ancora di più ora la natura che ha riconquistato buona parte delle strutture artificiali, ora la tecnologia che fa da padrona nella base dei Pirati Spaziali.
Tutti questi ingredienti risultano in un piatto che è quasi scontato, oggi, dato il successo che Retro Studios ha acquisito negli anni, ma nel 2002 erano la scommessa su cui Nintendo puntava forte e di cui tutti avevano paura. Erano i nuovi arrivati, con nessuna esperienza di titoli pubblicati e (eresia!) erano addirittura americani. Come avrebbero potuto riprendere una serie così amata senza la sensibilità dello studio giapponese? Otto anni non sono pochi, specie nel mondo videoludico, e l’attesa per un ritorno di Metroid era quasi insopportabile per i fan.
Per fortuna la serie ha sempre avuto un seguito enorme negli States, e Retro era composta da appassionati che avevano evidentemente parecchie cose da dire sulla cacciatrice di taglie più famosa della galassia; di conseguenza - e per quanto all’epoca non fosse scontato - Metrod Prime si trasformò nel cavallo di battaglia dello studio.
Oggi ll destino delle avventure in 3D di Samus Aran appare legato indissolubilmente a quello del team che ha originariamente compiuto il grande passo, un passo che neanche Nintendo sapeva come affrontare e che altri hanno avuto paura di compiere per non dover competere con Super Metroid.
La squadra texana non solo è riuscita nella non semplice impresa, ma ha sviluppato anche due sequel, uno dei quali su Wii. Quest’ultimo integrava così bene il sistema di controllo dei titoli GameCube con i motion control che Nintendo pubblicò l’intera trilogia con i controlli aggiornati. A proposito, se vi interessa Metroid Prime Trilogy ed avete una Wii U, correte ad acquistarlo prima che chiuda lo store.
La domanda che rimane da porci è: a vent’anni di distanza possiamo dire, con una certa sicurezza, che Metroid Prime ha superato la prova? Assolutamente sì, ma ora dateci Metroid Prime 4.