Ottobre 1990: Voglio diventare un pirata, voglio diventare una console | Old!
Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".
A ottobre del 1990, Namco lancia in sala giochi un gioco che può vantarsi di essere la sua ultima produzione originale a proporre un multiplayer basato sull'alternanza, invece che sulla contemporaneità. Si tratta del bizzarro Pistol Daimyo no Bōken, uno sparatutto a scorrimento orizzontale ambientato nel Giappone medievale, il cui protagonista è fra l'altro già apparso come boss nel precedente Bravoman. Il nostro amico Pistol Daimyo (!) se ne va in giro con una pistola incollata alla fronte abbattendo le creature più bizzarre. E quando viene ucciso finisce nudo. Così, a caso.
Più o meno negli stessi giorni, vediamo l'uscita di un gioco per certi versi altrettanto bizzarro, nonostante la sua comicità surreale sia inevitabilmente lontana anni luce, perché di stampo occidentale. Il 15 ottobre 1990 esce infatti The Secret of Monkey Island, nella sua edizione primordiale a 16 colori per PC. Da lì alla fine dell'anno verranno pubblicate anche le versioni Amiga e Atari ST, oltre alla riedizione a 256 colori per PC. E verrà fatta la storia, con un gioco non necessariamente dal successo clamoroso (ma comunque sufficiente a generare una serie piuttosto longeva) ma con una pietra miliare che porta avanti il genere a colpi di scrittura, personalità, game design e innovazione, soldificando definitivamente la carriera di tre pilastri di Lucasfilm Games come Ron Gilbert, Tim Schafer e Dave Grossman. Ne riparleremo nelle prossime settimane, tipo qui e qui.
Passa una decina di giorni e arriva sui NES europei Bionic Commando, gioco di piattaforme e d'azione pubblicato da Capcom che rielabora in formato casalingo un coin-op di tre anni prima (ma va detto che l'edizione giapponese per Famicom risale al 1988). Il protagonista è un soldato armato di braccio cibernetico allungabile, che usa per ciondolarsi in giro in stile Tarzan, e la meccanica in questione è talmente al centro del gameplay che stiamo parlando di un gioco di piattaforme in cui non è possibile saltare. A margine, va segnalato che in Giappone il gioco è originariamente uscito come Hitler's Resurrection: Top Secret e che i cattivi sono dei neo-nazi guidati da un resuscitato Adolf Hitler, ma per l'uscita in occidente si è deciso di apportare qualche modifica. Fra l'altro, Bionic Commando si inserisce nel club dei titoli che, nella transizione da arcade a salotto, compensano il gap tecnologico che un aumento sensibile di profondità. Dal semplice gioco d'azione a scorrimento visto in sala giochi si passa infatti a un arcade adventure ben più complesso e ne viene fuori un capolavoro ricordato nei secoli nei secoli, inspiegabilmente poi poco sfruttato da Capcom.
Chiudiamo con una menzione d'onore all’inglorioso destino del Konix Multisystem, un’ambiziosa console che nell'autunno del 1990 è in lavorazione da poco più di un anno, con fra l’altro la partecipazione di Jeff Minter, ed è stata presentata alla stampa da qualche mese, ma ha già visto il lancio rinviato per due volte rispetto a quello inizialmente previsto per inizio anno. Concepito sulle prime come linea di periferiche e poi evolutosi in progetto di macchina da gioco, il Konix Multisystem prevede una pistola ottica con rinculo, una sedia motorizzata in grado di riprodurre l’esperienza arcade e l’opzione per collegare due console in rete locale. A fronte di queste caratteristiche super interessanti, però, si segnalano una certa scarsità di memoria e l'utilizzo di chip custom sì molto potenti, ma anche difficili da programmare. Potrà avere successo? La questione diventa accademica quando è ormai evidente che Konix sta avendo enormi problemi di fondi, salta anche il lancio autunnale e va tutto a catafascio. Il gruppo di progettisti alla base del progetto ci riproverà con una macchina dal nome in codice Flare Two, che successivamente verrà acquistata da Atari e utilizzata come base per il Jaguar. Anche in quel caso, non andrà benissimo.