Lo zappa-relaxo a volte ansiogeno di My Time At Portia
Uno degli indie game che più mi hanno catturato negli ultimi anni è Stardew Valley. Erede perfetto di Harvest Moon, il gioco ormai celeberrimo di Chucklefish mi ha davvero rapito all’uscita, al punto da spingermi al disinstallarlo, perché altrimenti col cavolo che trovavo un lavoro più stabile.
Il che fa un po’ ridere, perché fa parte di quella lunga schiera di giochi in cui “si lavora”. E, anzi, riconosco che Stardew Valley può anche apparire piuttosto stressante, con tutto il suo micromanagement e i minuti davvero risicati tra una giornata “simulata” e l’altra.
Per questo ho accolto benevolmente l’assegnazione di My Time At Portia, che pesca a piene mani da Stardew Valley (e Rune Factory, ma ci arriviamo) per proporre, nelle intenzioni dello sviluppatore, un’esperienza più rilassata ma non per questo meno soddisfacente. E in gran parte c’è riuscito.
Senza alcun preambolo gustosamente anticapitalista, questa volta si vestono i panni tridimensionali di un aspirante fattore che viene catapultato, a mo’ di Animal Crossing, in una nuova città. Bucolica, certamente, ma ben sviluppata, con una sua burocrazia, le sue strutture anche imponenti e tanto, tanto da esplorare.
La veste tridimensionale, infatti, dona a My Time At Portia una componente esplorativa di tutto rispetto e una spazialità che, ad alcuni, può ricordare il girovagare di Gothic. O per lo meno dei suoi episodi migliori. I campi apertissimi, le numerose bestie (sia amichevoli che nemiche) e i tanti negozi e uffici di Portia sono fonte sia di scorci piuttosto affascinanti che di momenti simpatici o avventurosi.
Peccato, però, che, a mio parere, la struttura tridimensionale finisca a volte per appesantire un po’ il tutto. Posizionare i nuovi strumenti da lavoro, dedicarsi all’agricoltura o alla raccolta dei minerali, è tutto un po’ macchinoso, specialmente se siete amanti delle geometrie e dell’ordine più puri. Durante l’esplorazione degli spazi aperti, inoltre, ho notato anche qualche fastidioso stutter o rallentamento: nulla, immagino, che qualche patch o correzione non possa sistemare, ma comunque a tratti fastidioso.
Così come a volte risulta fastidioso il sistema delle missioni di gioco, che, pur garantendo una - flebile - main quest e dando tante attività da fare, a volte risultano quasi ansiogene nel limite di tempo davvero esiguo. Anche qui, infatti, è presente molto micromanagement, specialmente all’inizio, quando tanti strumenti che automatizzano alcune funzioni non sono ancora sbloccati. Ed ecco quindi che, per alimentare la fornace in grado di dare tanti ottimi lingotti di metallo, non solo è necessaria la legna, ma bisogna anche aspettare le ore (sì, ore) necessarie alla fusione del metallo e controllare che, nel frattempo, tale combustibile non vada esaurito: abbastanza fastidioso, quanto tali lingotti sono solo uno dei numerosi passaggi per costruire una macchina più complessa.
Così come a volte è frustrante il sistema sociale del gioco, le cui numerose opzioni non sono ben introdotte all’inizio, con conseguenti grattacapi da parte del giocatore, che magari ha bisogno di un tale NPC per proseguire in una missione. Ed è un peccato, perché tra attività sociali (appuntamenti galanti e non compresi), relazioni da approfondire, sfidoni di morra cinese (o duelli!) da compiere e persino alcune storyline che fanno presagire buone evoluzioni di gente da incontrare a Portia, le cose da fare non mancano. Certo, non tutte sembrano davvero interessanti, ma non c’è da lamentarsi troppo, data la loro abbondanza.
Ecco, “abbondanza” è la parola chiave di My Time At Portia. Davvero, ha una quantità di cose gargantuesca, una mappa davvero estesa e così tante attività collaterali che, forse, definirlo come l’ennesimo “farming game” è riduttivo. Il focus è infatti sul crafting e, soprattutto, l’esplorazione: ciò è tanto evidente nelle sue mappe aperte quanto nei dungeon, dove ho trovato molto simpatico - seppur nella sua ripetitività estrema - il mining. Con la piccozza, infatti, è possibile distruggere intere sezioni di muro, rivelando così non solo preziosi minerali, ma soprattutto nuove zone e anfratti, lasciando quindi al giocatore la totale libertà di costruire i propri cunicoli in qualsiasi direzione desideri. Certo, è un gimmick che si esaurisce dopo un paio di giri ma resta sempre simpatico.
Insomma, My Time At Portia è davvero, e sorprendentemente, un ottimo gioco per gli amanti del genere. Ha un po’ di tutto, tantissimo da fare e, nonostante sia un po’ sbilenco in certe parti, alla fine riesce ad essere così modulare nell’esperienza da risultare godibilissimo sotto molti aspetti. Manca un po’ del fascino del classico Harvest Moon o del recente Stardew Valley (che avrà un posto speciale nel mio cuoricino forever), a volte si arrovella sulle sue stesse ambizioni ed è incredibilmente cerchiobottista. Ma oh, come sandbox relax funziona benone, a patto di non intraprendere troppe missioni contemporaneamente.
Ho giocato alla versione definitiva di My Time at Portia, che esce oggi dall’Accesso Anticipato su Steam, grazie a un codice per il download ricevuto da Team17. Non so dirvi quanto ci ho giocato perché mi sono dimenticato di scrivere questo paragrafo e l’ha scritto giopep al posto mio. My Time at Portia è disponibile solo tramite download su PC. Le versioni PlayStation 4, Switch e Xbox One sono previste per i prossimi mesi. Ah, se lo acquistate su Epic Games Store tramite questo link, il 5% di quello che spendete va a noi, senza sovrapprezzi per noi.