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Old! #119 – Luglio 1985

Old! #119 – Luglio 1985

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

A luglio del 1985 Namco ci regala un platform/sparatutto 2D a scorrimento orizzontale dal titolo, diciamocelo, fenomenale: Baraduke. Il gioco anticipa di un annetto Metroid nel proporre protagoniste femminili bardate di tutto punto per l'esplorazione di un mondo alieno, ma che svelano il proprio volto solo sul finale. Kissy e la sua amica Takky (controllata dal secondo giocatore in cooperativa) devono esplorare otto mondi popolati da mostri di vario tipo e scatenare il genocidio delle schifose creature che minacciano la loro vita.

Sviluppato sul solito hardware Namco Pac-Land, seppur con qualche aggiunta e modifica ad hoc, Baraduke si rivelerà un discreto successo in patria, al punto di meritarsi una conversione casalinga su Sharp X68000 e l'inclusione, parecchi anni dopo, nel quinto volume di Namco Museum su PlayStation. Nel 1988 arriverà anche un seguito, Bakutotsu Kijūtei, distribuito però appunto solo in Giappone. La protagonista rimarrà comunque nel cuore dei vari team interni a Namco e farà quindi svariate apparizioni in altri giochi, soprattutto come personaggio secondario di Mr. Driller. Il protagonista di quella serie, infatti, è figlio dell'amore tra Kissy e Dig Dug. E non aggiungiamo altro.

Sempre a luglio del 1985 fa il suo esordio Hang-On. E qui mi sento in dovere di cedere la parola a Fotone.

Nel luglio del 1985 avevo appena compiuto otto anni, avevo i capelli con la riga da un lato e mille lire nella tasca del montgomery. Vivevo prevalentemente “Da Marisa”, la sala giochi teatina frequentata da brutti ceffi e bimbetti di otto anni, con i capelli con la riga da un lato e mille lire nella tasca del montgomery da scemo.

Amavo le moto: il coito, allora come oggi e come domani, si chiamava Hang-On. Meglio ancora era Super Hang-On, però, che il cabinato era di gran lunga più fascinoso e corsaiolo del primo, con quel suo numero 1 e i colori tipo Honda/SEGA HRC. Ma arrivò due anni più tardi, mentre oggi bisogna parlare del primo, quindi niente. A essere onesti, credo di non essere mai salito sul primo cabinato, quello rosso, ma ho senz’altro giocato tantissimo col primo Hang-On nella sua versione più povera, ossia il coin-op standard, dotato solo di manubrio e posacenere.

In qualsiasi sua forma, il moto-game di Yu Suzuki sapeva dispensare adrenalina a fiotti e gettoni. Si trattava, senza se e senza ma, della più gratificante e accurata simulazione motociclistica a portata di ragazzino. Bisognava anticipare la discesa in piega con il corretto tempismo, memorizzare la successione di curve, dossi e lunghi rettifili, oltre che scansare con rapidissimi riflessi i piloti avversari in strada o brutti ceffi che si appoggiavano troppo insistentemente ai bordi del cabinato. Che velocissimi tempi (di merda).

A differenza del montgomery, Hang-On è stato, è e sarà per sempre il miglior gioco di moto della storia del tecnoludico e del frechetimpetto.

L'arrivo in sala giochi di Hang-On segna anche l'esordio dell'hardware su cui è basato, creato dal mitico Yu Suzuki e noto come Sega Space Harrier e/o Sega Hang-On. Dal che si dovrebbe intuire il suo essere pensato per far girare, appunto, Space Harrier e Hang-On. Ma verrà successivamente utilizzato anche per Enduro Racer. Primo nella serie battezzata Super Scaler, è in larga misura il sistema da sala più potente sulla piazza, quantomeno al momento della sua uscita, e sfrutta un sistema di calcolo tridimensionale per posizione, scala e zoom degli elementi grafici, che vengono poi convertiti alle due dimensioni per la visualizzazione finale. Insomma, è una bomba, e del resto i giochi che ospita, in una certa misura, fanno la loro porca figura ancora oggi.

Infine, il 23 luglio 1985 è il giorno in cui, un mesetto dopo l'uscita del primo Atari ST, vede la luce l'Amiga 1000, primo computer nella famosa linea targata Commodore che tante soddisfazioni donerà al nostro Pocoto. Tante sono le caratteristiche che distinguono questo modello dai successivi: l'utilizzo del primissimo logo Amiga, per altro poi abbandonato piuttosto in fretta, la forma e posizione del case, la quantità di RAM (appena 256k, espandibili a 512)... Fra l'altro, fino all'uscita, nel 1987, di Amiga 500 e Amiga 2000, l'Amiga 1000 verrà semplicemente chiamata Amiga. Amiga. No, niente, volevo solo scrivere un'altra volta Amiga. Ah, fun fact: al gala organizzato per il lancio presso il Vivian Beaumont Theater del Lincoln Center di New York City, c'era Andy Warhol. Così, per dire. Amiga.

Videopep #108 – I miei giochi di giugno 2015

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Subject 13: avventura grafica o no?