Paperback #3 - George R. R. Martin
Paperback è la nostra rubrica quindicinale in cui parliamo di libri non strettamente legati al mondo dei videogiochi. Visto che per quelli legati al mondo dei videogiochi c’è quell’altra.
George Raymond Richard Martin è noto ai più per Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, una saga che francamente non saprei esattamente classificare come genere letterario. Non Fantasy, perché questo genere richiama troppo alla mente il mondo di Dungeons & Dragons, quell’Heroic Fantasy che francamente nulla c’entra con le Cronache. Storico? Non è nemmeno un romanzo storico, con draghi, streghe e strani esseri freddi e immortali che girano liberamente per il mondo. È un Fantasy Storico? Non lo so. Francamente inizio a pensare che nel mondo della letteratura fantastica sia meglio evitare le etichette, tanto è eclettico il panorama letterario in questione. E quindi? Anche se una classificazione risulta non propriamente semplice, i più lo definiscono come fantasy, e quindi così sia. Di certo, se fantasy dobbiamo considerarlo, beh, allora Mr. Martin ha decisamente innovato un genere da troppi anni in mano alla stanca generazione dei vari Dungeons & Dragons, Shannara, Le nebbie di Avalon e via discorrendo. E non poteva essere altrimenti, visto il suo curriculum.
Perché Martin non ha scritto solo le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, ma anche altri romanzi di altri generi, dalla fantascienza all’horror. Vediamo quindi un po’ la sua produzione letteraria.
L’attività di Martin come autore inizia negli anni Ottanta, quando ha già più di trent’anni. È nato nel 1948 nel New Jersey, USA e, sebbene contestualmente alla sua attività di insegnante abbia pubblicato racconti sparsi per tutti gli anni Settanta, è all’inizio degli anni Ottanta che abbandona l’insegnamento per dedicarsi full time alla scrittura.
Nel 1981 pubblica, assieme a Lisa Tuttle, Windhaven, una trilogia di racconti raccolta appunto nel romanzo Il Pianeta dei Venti (in Italia per l’Editrice Nord nel 1983). È un romanzo a metà tra il fantastico e il fantascientifico, molto fine anni Settanta/primi anni Ottanta, che mischia elementi fantascientifici e ipertecnologici a quelli più fantasy di una società ritornata economicamente, scientificamente e culturalmente a un passato primitivo dai valori più semplici e basilari.
La storia racconta dei sopravvissuti al naufragio di un’astronave sul pianeta di Windhaven, appunto, i quali si costruiscono, utilizzando pezzi di metallo dell’astronave, delle ali capaci di farli volare per il pianeta. Si costituisce così una casta, quella dei Volatori, gli unici dotati di una tecnologia tale da consentire di comunicare rapidamente per grandi distanze, in una società per il resto primitiva, che si tramanda le ali di padre in figlio sin quando qualcuno non tenterà di scardinare questa tradizione. Ovviamente in italiano è praticamente irreperibile, a meno di non andare a cercare tra i fondi di magazzino di qualche libreria di zona. Tuttavia, agli anglofoni consiglio di reperirlo, molto più facilmente, in lingua originale, anche in formato Kindle.
Si tratta di un Martin per certi versi ancora acerbo, influenzato dalla letteratura dell’epoca, un po’ à la Marion Zimmer Bradley se vogliamo, in bilico tra fantascienza e fantastico, tra scienza e magia, ma con elementi anche di una certa fantascienza sociologica stile anni Cinquanta. Non il miglior Martin, probabilmente, ma una lettura piacevole per gli amanti del genere.
È poi il turno di Tuf Voyaging, un ciclo di racconti, di nuovo di fantascienza, pubblicati originariamente su diverse riviste e in contesti diversi, non facenti parte cioè di un unico filone narrativo, ma che avevano tra loro in comune il protagonista, Haviland Tuf, un mercante planetario che intraprende, grazie a un’astronave particolare, l’Arca, dei viaggi nello spazio come ingegnere ecologico, utilizzando i poteri semi-divini della nave stessa. Può ricordare un po' il ciclo di Lucky Starr di Asimov, che però è privo dell’elemento ecologico-mistico.
Purtroppo in Italia non sono stati pubblicati tutti i racconti, mentre in inglese è uscita una raccolta integrale, Tuf Voyaging, appunto, per la Baen Books, nel 1987. È possibile reperirlo su Amazon attorno ai 40 dollari (!).
Ma tutti gli anni Ottanta sono prolifici per Martin. Al Pianeta dei Venti si aggiungono Il battello del delirio del 1982 e The Armageddon Rag del 1983 e poi la lunga serie di Wild Cards, iniziata nel 1986, di cui Martin è il curatore, nonché, in alcuni casi, l’autore.
In particolare Il battello del Delirio è l’unica incursione di Martin nel genere Horror, o nel dark fantasy, come preferiscono alcuni. Ambientato nel 1857 in Luisiana, sulle acque del fiume Mississippi, il romanzo parla, (caviamoci subito il dente) di vampiri. Il che un po’, dato il recente proliferare a destra e a manca, viene a noia. Ma il romanzo, non dimentichiamocelo, è dei primi anni Ottanta e potrebbe riservare qualche piacevole sorpresa. La cosa interessante è l’ambientazione, a metà Ottocento sui battelli a vapore dalle grandi ruote che in quegli anni correvano a tutto spiano sulle acque del grande fiume. Così Martin, da un lato tratteggia, con la sapienza che poi gli ritroveremo più avanti, i personaggi di questo racconto oscuro, dall’altro altrettanto sapientemente ci descrive questi giganti del fiume, trasportandoci così in un’altra epoca.
Non un libro imprescindibile, sia chiaro, ma per gli amanti del genere sicuramente da recuperare. E questa volta anche abbastanza agevolmente in Italiano, visto che la versione paperback è del gennaio 2012.
E veniamo a Wild Cards. Questa serie di romanzi di fantascienza nacque in seguito a delle sessioni di gioco di ruolo di ambientazione supereroica, Superworld, in cui Martin faceva da Master. Non si tratta di una vera e propria saga, quanto piuttosto di una raccolta di racconti, pubblicata in più volumi, ambientati in una versione alternativa del nostro presente, in una sorta di ucronia spuria dove un virus alieno, denominato appunto Wild Card, ha colpito il pianeta uccidendo la quasi totalità della popolazione. Gli infettati sopravvissuti subiscono delle mutazioni genetiche che li portano ad assumere le sembianze di esseri mostruosi (i Joker). In mezzo a tali mostruosità, alcuni individui (a cui, apparentemente, è riuscito il tiro salvezza) sviluppano invece una sorta di superpotere (gli Assi).
Questa serie, ripubblicata recentemente sull’onda del successo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, facilmente reperibile in Italia, vede Martin coinvolto, specie dopo i primi volumi, soprattutto nella veste di curatore. Diciamo che Wild Cards è un tentativo rischioso, trattandosi di racconti di autori diversi. Di sicuro l’ambientazione è originale, di sicuro alcuni dei racconti meritano quanto meno un passaggio, ma insomma, l’intera produzione rasenta la mediocrità, senza contare che, appunto, in molti casi Martin ne è solo il curatore, quando spesso campeggia in copertina (specie nella versione Italiana di Rizzoli) in bella vista il suo nome in primo piano rispetto agli effettivi autori coinvolti. Non proprio un esempio di trasparenza.
La piena consacrazione tra gli autori del genere fantastico arriva nella seconda metà degli anni Novanta, quando pubblica nel 1996 A Game of Thrones primo romanzo della serie delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, in Italia pubblicato in due volumi da Mondadori tra il 1999 e il 2000 con i titoli del Il Trono di Spade e Grande Inverno. Da allora ha pubblicato altri cinque romanzi della saga, in media uno ogni tre anni (per la gioia dei fan), che in Italia sono diventati ben dodici. Grazie Mondadori.
La particolarità delle Cronache sta nella costruzione stessa della narrazione, che invece di scorrere in maniera lineare, data la grande varietà di personaggi, trame e sotto trame di cui sarebbe quasi impossibile seguire lo svolgersi in maniera cronologica, è affidata ai punti di vista dei diversi personaggi. Ogni capitolo del romanzo, infatti, racconta gli avvenimenti che accadono ad uno dei protagonisti. Questo rende complicato capire quali eventi siano contemporanei ad altri, tuttavia fornisce una maggiore coerenza e compiutezza ad ogni ciclo di eventi dedicati a un personaggio. Considerando che ad oggi quelli principali sono una ventina, più decine di comprimari, sparsi per tutti i Sette Regni e la Barriera e qualcuno anche tra le Città Libere e la Baia degli Schiavisti al di là del mare, quello di Martin è uno stratagemma quanto meno ingegnoso per evitare grossi mal di testa al lettore, e per gestire con agilità degli intrecci di trama tutt’altro che banali. Eppure Martin ci riesce. Tiene in piedi una marea di filoni narrativi diversamente intrecciati tra di loro e fa danzare al ritmo delle proprie parole le vite di tutti i personaggi, amati e meno amati, senza lasciarne nessuna indietro. E non fa sconti. Se per la storia qualcuno deve morire, che muoia e tanti saluti. Non ci sono ripensamenti, non c’è pietà. Non a caso da questa saga è stata tratta la serie TV fantasy più seguita e apprezzata da critica e pubblico degli ultimi anni.
Scusate, correggo. Da questa saga è stata tratta l’unica serie Fantasy seguita e apprezzata degli ultimi anni.
Ma Martin non è solo scrittore. Martin è anche sceneggiatore insospettato delle serie Ai Confini della Realtà e La Bella e la Bestia (dove finirà per ricoprire il ruolo di produttore). E difatti gran parte dei sette anni trascorsi tra la pubblicazione del quarto e del quinto romanzo della saga (A Feast for Crows e A Dance with Dragons) sono stati dedicata alla serie TV Game of Thrones (In Italia il Trono di Spade), alla ricerca di produttori, sponsor e sceneggiatori prima e alla cura dell’adattamento TV fino alle prime riprese poi.
Un autore sicuramente eclettico, con una feconda vena narrativa, tuttavia non proprio costante, come più volte i suoi ammiratori gli anno fatto notare nelle pagine del suo blog (in maniera più o meno educata).
Se non avete mai letto nessuno dei suoi romanzi, consiglio vivamente di cominciare a farlo, magari proprio dalle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, accompagnate dalla visione serale di una delle serie TV meglio realizzate degli ultimi anni.