Paperino e il Tempio delle Pere Cotte: storia di paperi, Indiana Jones e videogame
Non sono mai stato un grande appassionato di fumetti, e quando sento parlare di mostri sacri come il compianto Stan Lee, Jack Kirby, Bob Kane o mangaka come Kentaro Miura e Go Nagai ammetto di provare una sottile invidia per chi invece sa vita, morte e miracoli dei sopra citati autori e delle loro opere.
Però, per un certo periodo della mia vita che va dalle elementari fino ai primi anni delle superiori, ho avuto una costante che si chiamava Topolino, e più in generale le pubblicazioni Disney basate sui loro celebri personaggi.
Devo dire che ho sempre avuto una predilezione maggiore per l’universo dei paperi, e in particolar modo per il personaggio di Paperino. Pigro, irascibile, mega sfortunato come e più del ragionier Ugo Fantozzi, in perenne attesa di ereditare una fortuna miliardaria che non avrà mai, ma generoso e con un cuore grande così, molte volte mi sono rivisto un po' nel papero con la giubba alla marinara, salvo il fatto che non ho – purtroppo – uno zio miliardario e nemmeno un’identità segreta da supereroe. Ho sempre letto con grande interesse le tante storie nelle quali è stato protagonista, e ogni volta che terminava con un lieto fine per lui, un sorriso mi si stampava sul volto, perché sì, ogni tanto qualche piccola vittoria deve averla anche lui, e che diamine!
Quando ho pensato a cosa poter scrivere in occasione della Cover Story a tema Indiana Jones, dai meandri della memoria è rispuntata una vecchia storia che ho sempre adorato, Paperino e il Tempio delle Pere Cotte.
Pubblicata sul numero di Luglio del 1997 del mensile Paperino, venduto al modico prezzo di 4.500 lire, la storia vede Paperino diventare – quando ancora non esisteva neanche lontanamente il concetto di esport – una sorta di giocatore professionista di videogame. In sala giochi tutti lo ammirano perché vince ad occhi chiusi a qualsiasi gioco, cammina per strada giocando con una sorta di Game Boy per battere il suo record e, una volta tornato a casa, trova un invito per partecipare al campionato nazionale di videogame con in palio ben diecimila dollari.
Paperino – noto squattrinato cronico – non vuole certo perdere l’occasione per un guadagno tanto ghiotto quanto facile, e si mette subito davanti alla televisione per allenarsi con il videogioco oggetto del torneo, vale a dire Paper Jones e il Tempio delle Pere Cotte, chiaro riferimento a Indiana Jones e il Tempio Maledetto.
I nipotini Qui, Quo e Qua attendono con ansia di andare al campeggio delle Giovani Marmotte, e al rifiuto dello zio di accompagnarli, staccano la console dalla presa di corrente. Paperino, mentre riconnette il cavo alla presa, viene fulminato a causa di un temporale e insieme ai nipotini viene risucchiato all’interno del videogioco. Non avranno altre possibilità di tornare a casa se non quella di finire il gioco stesso, arrivando ai titoli di coda.
Dopo aver affrontato gorilla, coccodrilli, serpenti, api, sabbie mobili e ogni tipo di ostacolo possibile nella giungla, i paperi arrivano finalmente al famoso Tempio delle Pere Cotte, dove Paperino dovrà vivere una situazione simile a quanto fatto da Homer in una puntata de I Simpson, ovvero dover mangiare forzatamente una quantità spropositata di Pere Cotte (mentre Homer doveva invece mangiare delle ciambelle dopo essere finito all’inferno).
Dopo quest’ultima, bizzarra prova finale, scatta il tanto agognato “Game Over” e i paperi tornano finalmente a casa loro, abbandonando per sempre il videogioco. Paperino, ovviamente, non ne esce tutto intero e la storia si conclude con lui in ospedale e i nipotini che gli regalano il nuovissimo Paper Jones e l’ultima crostata in vista di un nuovo torneo. Paperino, con la grande calma e pazienza che lo contraddistingue, tira dietro la cartuccia del gioco e altri oggetti all’indirizzo dei nipotini, segno che per un po' ne avrà abbastanza dei videogiochi.
Paperino e il Tempio delle Pere Cotte è una storia alla quale sono particolarmente affezionato, perché oltre a ricordarmi tempi in cui le vacanze estive duravano tre mesi e non c’era la benché minima preoccupazione, è una storia con protagonisti i videogiochi, in un’epoca in cui non erano ancora un fenomeno di massa, e tra l’altro mi ha ricordato vagamente il mitico Quackshot, in cui Paperino diventava effettivamente l’alter ego disneyano di Indiana Jones, oltre ad altri classici come Pitfall e Jungle Hunt, che hanno sicuramente ispirato alcuni aspetti della storia.
Nel corso degli anni sono state pubblicate altre storie dedicate ai videogiochi così come altre storie dal sapore epico tipico delle avventure di Indiana Jones (non dimentichiamoci che nell’universo Disney esiste un certo Indiana Pipps, palesemente ispirato al celebre archeologo cinematografico), ma nessuna di loro, a mio parere, coinvolgente come questa, pur essendo una storia abbastanza breve e tutto sommato molto semplice.
Concludo riportando qui sotto un dubbio esistenziale sulla figura di Paperino, saggiamente espresso da Chandler in una puntata di Friends.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Indiana Jones, che trovate riassunta a questo indirizzo.