Se c'è un anziano (classe 1948) che può fare, dire e dettare legge in fatto di (video)giochi senza che nessuno s'azzardi a interromperlo e contraddirlo, non è di certo quella birba mattacchiona di Peter Molyneux, bensì sua eminenza Ian Livingstone, amico coinquilino di Steve Jackson, co-fondatore di Games Workshop (Dungeons & Dragons), presidente a vita di Eidos, oggi personaggio chiave nelle scelte decisionali in capo a Square-Enix e nondimeno anche padrino di Lara Croft. Insomma, dopo essere stato già insignito del titolo di "Development Legend" in quel di Brighton, sua eccellenza britannica è salito su un aereo per San Francisco e ha parlato alla platea della GDC 2012 per venti – e dico venti – minuti di cose assai importanti, per non dire caritatevoli.
Sebbene totalmente superflue, il modestissimo patron Livingstone ha speso addirittura cinque o sei slide(s) per rispolverare dinanzi ai convenuti le proprie origini, le passioni coltivate negli anni e gli inarrivabili traguardi raggiunti, prima di focalizzare l'attenzione della stampa su un fatto significativo e importantissimo: i videogiochi sono cresciuti e si sono evoluti come prodotti d'avanguardia tecnologica - è vero - ma hanno fatto (o stanno facendo) qualcosa anche per il bene dell'umanità? L'interrogativo posto da Livingstone è di quelli assai intricati e pesanti, che non si sbroglia affatto tirando semplicemente in ballo l'arcinoto mantra euristico, ovvero quello secondo cui i prodotti multimediali interattivi fanno del bene perché rappresentano un modo divertente per apprendere barra imparare, o perché consentono di sviluppare capacità di problem/puzzle solving e si rivelano finanche in grado di stimolare l'intestino pigro qualora non ci piacciano granché.
Gran parte della risposta al cruccio sollevato dal paonazzo interlocutore risiede nella brevissima esemplificazione del progetto Next Gen. Report promosso dall'inglese NESTA, con Ian Livingstone e Alex Hope a muoverne le redini e trarne : introdurre la scienza dei computer all'interno dei corsi di studio delle scuole secondarie britanniche ("Lo studio del computer dobrebbe essere il nuovo latino"). Poi, ancora, nel collettivo PlayMob, che s'impegna a migliorare il mondo attraverso lo splendido unisono di gioco e beneficenza, oltre che nelle condivisibili ragioni alla base di GamesAid, affinché oblazioni e videogiochi possano svilupparsi e supportarsi di pari passo. Orsù dunque, i link ci sono tutti, l'argomento è più che serio, gli scopi assolutamente nobili e lunga vita alla regina!
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