PIxels: Columbus, Sandler, Q*Bert e cose che potevano riuscire meglio
Chi è nato negli anni Settanta difficilmente ignorerà il nome di Chris Columbus. Praticamente è quello che, insieme a Steven Spielberg, ha creato il genere del cinema per ragazzi di un certo tipo, quello tornato in auge negli ultimi anni grazie a cose come Super 8 di JJ Abrams o (soprattutto) con Stranger Things. Stiamo parlando della persona che negli anni Ottanta ha sceneggiato o diretto (o entrambe) cosette come I goonies, Gremlins (1 e 2), Tutto quella notte, Piramide di Paura e altro ancora. Gli anni Novanta, per altro, l’hanno visto dirigere campioni di incassi come Mamma ho perso l’aereo (anche il secondo) e i primi due film di Harry Potter.
Fatto il punto su una persona a cui dobbiamo solo dire grazie per la famiglia Fratelli e Gizmo, arriviamo finalmente a Pixels, che è appunto un film diretto dal buon Chris con Adam Sandler, Kevin James, una bellissima Michelle Monaghan e Peter Dinklage. Pixels nasce dall’omonimo corto di Patrick Jean, nel quale si vedono diversi personaggi dei videogiochi attaccare la terra, trasformando tutto in pixel giganti, che si può trovare senza problemi su Youtube.
Questa idea il film la dilata (il corto dura veramente una manciata di minuti), utilizzando una trama che abbiamo già visto diverse volte in passato, anche in produzioni molto più serie, come il primo film di Star Trek con una spruzzata di Ghostbusters: una videocassetta su cui sono registrate le immagini di un torneo di videogiochi del 1982 viene inviata nello spazio insieme ad altre testimonianze di quel tempo, gli alieni la intercettano, la prendono malissimo e pensano che sia una sorta di dichiarazione di guerra. Passano gli anni e, arrivati ai giorni nostri, gli alieni, sotto forma di personaggi di videogiochi anni Ottanta, piombano sulla terra sfidando il mondo a tre partite a diversi videogiochi “retro”. Il patto è questo: se gli alieni vincono, distruggono il pianeta, se invece sono gli umani a prevalere, i colorati invasori se ne vanno via senza fiatare.
So che sono in buona compagnia, ma Adam Sandler non è esattamente tra i miei attori preferiti (anche se ricordo di aver discretamente apprezzato cose come Un tipo imprevedibile). Qui, per altro, è affiancato dal suo amico del cuore, che si porta dietro spessissimo, ovvero Kevin James, che, se possibile, sopporto ancora meno.
Eppure Pixels, nonostante sia stato massacrato dalla critica e un po’ da tutti, videogiocatori compresi, a me è sempre piaciuto. È un film sicuramente senza grosse pretese a livello di trama o di personaggi, è demenziale e tutto sommato fa passare i nerd come una massa di rincoglioniti ai margini della società (anche James, che diventa Presidente degli Stati Uniti, è un perfetto idiota). Però è anche un film che fa ridere, che ha degli ottimi effetti speciali e che, a mio avviso, a causa dell’idiosincrasia mondiale verso Sandler, è stato trattato in maniera molto peggiore di altre pellicole ben più tremende ma con attori magari più quotati.
Sicuramente, nel mio apprezzamento al film non può non contare averlo visto con l’erede, che già nei primi anni di vita avevo iniziato ad istruire in maniera filologica, da Space Invaders, passando per Galaga e arrivando a Q*Bert.
Non vi nascondo che sentire il pargolo dirmi “Guarda, c’è Q*Bert” quando la maggior parte dei bambini in sala non sapeva neanche di cosa si trattasse è stato un momento di orgoglio paterno non da poco.
Comunque, tornando al film in se, credo che il tema “videogiochi che distruggono il mondo riducendolo in pixel” non è che potesse essere sviluppato in maniera particolarmente diversa da come è stato fatto. Visto il passato di Columbus, magari si poteva sperare in un coinvolgimento di Joe Dante, modellando il film con un feeling più alla Salto nel buio, ma in fondo, per poco più di un’ora e mezza di svago, per me va anche bene così.
PIxels è prodotto da Columbia Pictures (ovvero Sony) e non è un caso, quindi, se nelle prime battute del film viene citata PlayStation (Sandler è un tecnico che va nelle case a montare gli apparati), che i cellulari siano degli Xperia e soprattutto che si veda in azione The Last of Us. Curioso, però, che invece di osannarlo, lo stesso personaggio interpretato da Sandler critichi l'eccessiva violenza del titolo di Naughty Dog.
Il film di Columbus non rimarrà certo nella memoria e, visti i voti sui vari aggregatori, è proprio considerato uno fra i peggiori lungometraggi, se non il peggiore, del regista americano. Purtroppo è l’ennesima conferma che film e videogiochi sono due mondi difficilmente accostabili, soprattutto se il lato videoludico viene rappresentato in maniera così letterale.
Io però mi sono divertito e ogni tanto in casa ce lo riguardiamo così, anche solo per veder Pac-Man che corre tra le vie di New York cercando di distruggere tutto.
Questo articolo fa parte della Cover Story “Febbraio bizarro”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.