PlayStation 2 e l'ultimo giro di catodico | Racconti dall’ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
La cosa buffa di questo pezzo pensato per celebrare l’ultimo giro di catodico eccetera eccetera, è che ho appena passato l’ultima mezz’ora a pasticciare con eBay e Subito.it alla ricerca di un televisore CRT, per rimpiazzare il Trinitron da 14 pollici comprato da meno di nove mesi causa PC Engine.
Tra l’altro, spero che questa premessa basti a mettere le mani avanti nei confronti di tutti i possibili sopraccigli alzati e “’zzodici?” dei precisetta in ascolto, anche perché sono perfettamente conscio che un sacco di gente ha continuato a usare televisori a tubo anche dopo PlayStation 2. Per il retrogaming, ma anche per attaccarci quel Wii lanciato da una Nintendo che non credeva nell’alta definizione (e per quanto mi scappi da ridere ogni volta che ci penso, con tutti i soldi che hanno fatto, è evidente che avessero ragione loro).
Il giro di PlayStation 2 è stato tuttavia l’ultimo che mi ha spinto a comprare un CRT nuovo di zecca mentre quella tecnologia era ancora in corso, nonostante - come ho già raccontato ai tempi della Cover Story dedicata a Kojima - non sia saltato a bordo in anticipo come ai tempi del Nintendo 64. E non saltai a bordo neppure nel novembre del 2000, quando la distribuzione regolare permise a un sacco di italiani di spendere poco meno di un palo per l’upgrade della console che, solo qualche anno prima, aveva fondamentalmente trasformato Sony da ultimo degli stronzi a pezzo più grosso sulla piazza.
Ricordo bene l’attesa fomentata dalla stampa di settore e persino dai media generalisti per quel monolito nero che prometteva di cambiare, ancora una volta, il mondo dei videogiochi, conservando ed eventualmente potenziando lo scarto accumulato nei confronti della concorrenza vecchia e nuova (ciao, Microsoft). E questo nonostante una lineup che, per quanto interessante, dalle nostre parti si manifestò nettamente meno polposa di quella che Sony aveva riservato agli Stati Uniti poco meno di un mese prima.
Eppure il botto mi esplose di fianco senza scalfirmi. Stavo attraversando un periodo di scazzo nei confronti dei videogiochi e di scazzo in generale: avevo da poco terminato il servizio civile e stavo cercando di capire se rimettermi a studiare o fare altro. Nel dubbio, passavo parecchio tempo sull’internet fornitomi dalla prima ADSL, dove tra anime, film, emulatori, siti complottari su Neon Genesis Evangelion e pornini, trovavo tutto l’intrattenimento di cui credevo d’aver bisogno.
- A margine: immagino che se il me stesso del passato avesse la possibilità di dare una sbirciata a tutte le liste inevase che ho attualmente su Netflix/Prime Video/Crunchyroll, probabilmente farebbe la fine di certi nativi americani presi in contropiede dal bourbon.
Ogni tanto passavo a trovare il mio vicino tutto impegnato a smanettare con Metal Gear Solid 2, e in quei casi finivo a tanto così dal vacillare. Eppure, rimanda oggi che rimanda domani, ci volle addirittura il 2005, per convincermi a comprare una PlayStation 2 nella seducente versione Slim.
E lì sì che feci davvero la fine dei pellerossa con l’alcol: di botto, avevo accesso a una lineup già bella matura che, incidentalmente, era anche una fra le più potenti viste fino a quel momento. Non ci fu scazzo che tenne, anche perché più della metà della roba che desideravo giocare, tra budget e usato, me la potevo portare a casa con due picci.
Nel giro di qualche mese, divorai senza ritegno dozzine di giochi. Roba come ICO, Shadow of the Colossus e i tre Devil May Cry, ma anche Silent Hill 2 e 3, God of War, Forbidden Siren e, naturalmente, Metal Gear Solid 2 e Metal Gear Solid 3, clamorosamente in ordine inverso perché tanto, oh, chissenefrega.
Giocai come un bastardo, anche in via del fatto che avevo terminato gli esami. Quel periodo fu così infuocato che, più o meno verso la metà di Kingdom Hearts, finii per brasare la mia vecchia - e fascistissima, ma chi lo sapeva? - Mivar da 14 pollici, acquistata qualche anno prima apposta per Final Fantasy VII.
Madonne a destra e a manca, ma nel giro di un’ora, già lì che attaccavo un modello della Inno-Hit da ventotto pollici, relativamente economico. Roba da ridere, rispetto agli standard di oggi, ma a me pareva gigantesco, e lo inaugurai subito con Resident Evil 4. Mi ci affezionai molto, per quanto ci si possa affezionare a un televisore e nonostante il mio cane dell’epoca (si chiamava Rebel, nomen omen) lo avesse eletto a pisciatoio preferenziale. Su quello schermo, si consumarono i miei primi tentativi smanettari attraverso i menù di servizio e le istruzioni recuperate su internet, e in generale, ci passai davanti un sacco di serate con gli amici, tra film e sfidoni in locale.
Qualche tempo dopo arrivò Wii, che si portò appresso anche Wii Sports, The Legend of Zelda: Twilight Princess e un Super Mario Galaxy al meglio della sua forma. E non tanto perché lo consideri migliore del seguito, ma per il semplice fatto che nel 2010 ero già passato a uno schermo piatto in alta definizione che, con tutto l’impegno del component, non era fatto per quel giro di console.
Si trattava di un Samsung da 32 pollici, acquistato per battezzare l’arrivo di PlayStation 3 e durato relativamente poco, in via di un guasto irreversibile alla scheda logica. Fu tuttavia più che sufficiente per iniettarmi in vena l’alta definizione e procurarmi una botta pazzesca, di quelle da cui non si può tornate indietro.
O almeno così credevo fino all’anno scorso, quando non mi sono timidamente dato al retrogaming non emulato attraverso un PC Engine. Ma questa è un’altra storia.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vent'anni di PlayStation 2, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.