Post Mortem #4 – Nipponiche rivelazioni su Resident Evil: Revelations
Una rubrica in cui vi raccontiamo i post mortem dei principali videogiochi, vale a dire le considerazioni a posteriori, da parte dei membri del team di sviluppo, su cosa abbia funzionato e cosa no durante il lungo processo che porta alla nascita di un videogioco.
Credo che il problema principale delle conferenze giapponesi - oltre al rischio di uscirne con l'ossessione di voler bombardare Pearl Harbor – sia per l'appunto il giapponese, nel senso di lingua. Mi spiego meglio: se queste durano un'ora (e di solito lo fanno), il computo dei minuti ripartiti tra l'inglese e il giapponese è presto detto: quindici e quaranticinque. I concetti espressi, inoltre, saranno per lo più vaghi, spesso ridondanti, quasi valevoli universalmente; brevi discorsi di buon senso generale, insomma, e tante altre cose cose che si sanno già (ad eccezione del righello di Miyamoto). Se a ciò si aggiunge un giapponese giovine&compito come Masachika Kawata (producer di Resident Evil: Revelations), l'emozione per la prima volta dinanzi alla platea della GDC di San Francisco e qualche strascico di jet lag, può benissimo uscirne fuori un post mortem come questo, che… si, mah, boh, no, ma infatti, eh. Segue la breve e inutile storia di Resident Evil: Revelations, che personalmente non so neppure se sia un gioco o una barchetta a remi.
"Che ne pensate se ambientassimo il gioco su una nave? Uno scenario del genere potrebbe farci ottenere un'atmosfera spaventosa, simile a quella del primo episodio… ", disse Jun Takeuchi (chief producer di Resident Evil 5) al team di sviluppo, quand'era ancora alla ricerca di idee, concept e soluzioni per la realizzazione dell'episodio portatile. "Abbiamo pensato che fosse un'idea incredibilmente affascinante, anche perché una nave non sta ferma, ma si muove continuamente, e in questo modo potevamo influenzare l'ambientazione e l'azione dei giocatori. È stato grazie a quel tipo di setting che abbiamo potuto realizzare ciò che volevamo", ha spiegato Kawata nel corso della Game Developers Conference.
Secondo il racconto del producer, durante la fase di creazione del gioco, Capcom ha osservato attentatamene cinque direttive fondamentali. Innanzitutto, il team di Masachika Kawata ha cercato di implementare un'interfaccia utente del tutto rinnovata rispetto agli standard della serie, con elementi chiave posti sullo schermo inferiore del 3DS, per il risultato di un'esperienza "stress-free", o all'acqua di rose che dir si voglia. La ricerca si è poi spostata sul ruolo e l'importanza del giroscopio interno alla console, per un controllo più coinvolgente della la telecamera in-game, oltre che sulla possibilità di integrare nel gioco il Circle Pad Pro, irrinunciabile nel genere degli sparatutto in prima o terza persona. La vera chicca tecnologica nascosta all'interno di Resident Evil: Revelations, invece, si chiama "Genesis" e si tratterebbe di un nuovo e sofisticatissimo sistema portatile di scansione (designed by Quint Cetcham, made by B.S.A.A.), che incoraggia i giocatori a perlustrare a fondo ogni area di gioco, nemici inclusi. In ultimo, è stato inserito un gradito bonus multiplayer – il cosiddetto Raid Mode – che espande Resident Evil: Revelations oltre la sua campagna single player. "Si tratta di cinque feature", ha spiegato Kawata, "che non solo rinfrescano la serie, ma rappresentano soprattutto un banco di prova per nuove idee di sviluppo su Nintendo 3DS".
Alla domanda del perché un nuovo Resident Evil sulla console stereoscopica di Nintendo – domanda cruciale! - il producer del gioco ha fornito addirittura tre motivi validi, zittendo ogni perplessità a riguardo: "Abbiamo ritenuto che le specifiche grafiche di questo portatile fossero notevolmente aumentate rispetto agli hardware precedenti; inoltre stavamo cercando di coltivare nuovi mercati, per creare nuovi tipi di intrattenimento." Resident Evil: Revelations, così, finisce per essere paragonato dal suo creatore all'arte nipponica dei Makunouchi Bentou, ovvero i cestini (sempre curati, raffinati e coloratissimi) per il pranzo, tipicamente venduti presso le stazioni ferroviarie giapponesi. Il piccolo survival horror stereoscopico, dunque, possiede le stesse caratteristiche di questi pasti da viaggio, sapientemente realizzati nell'imballaggio, con moltissime varietà di cibo in uno spazio più che compatto. "Siamo orgogliosi del fatto che abbiamo una certa abilità - o almeno crediamo di averla - nel riuscire a confezionare questa gran varietà di elementi in così poco spazio." Ma Revelations, secondo Kawata, possiede anche una certa affinità con quella tecnica di coltivazione dei campi che in Giappone prende il nome di Nimousaku (o double cropping), ovvero la coltivazione di due differenti colture sul medesimo terreno, in due diversi momenti dell'anno. Capcom ha utilizzato tale tecnica per sviluppare Resident Evil: The Mercenaries 3D (che ha spianato la strada e il lavoro) e Resident Evil: Revelations, utilizzando lo stesso pool di talenti, oltre che la stessa tecnologia di base.
"Così, ho sentito dire che sta per uscire Resident Evil 6, ma, in aggiunta a ciò, spero che potremo continuare a realizzare questo genere di titoli, questi piccoli spin-off come Resident Evil: Revelations, così da espandere ancor più l'IP. Ci auguriamo che, andando avanti, saremo in grado di fare nuovi giochi della serie di Resident Evil sempre più ricchi di novità in grado di stupire i giocatori, così come nuovi capitoli della serie che la gente vuole veramente giocare", ha concluso il suo ovvio e giapponesissimo post mortem Kawata-san.