A Beautiful Day è come Taken, ma sottotitolato in cecoslovacco
A Beautiful Day, in reltà, si intitola You Were Never Really Here. O forse no. Ho smesso di provare a capirci qualcosa, con questa faccenda dei titoli originali, titoli internazionali, titoli in inglese usati in Italia quando avrebbe troppo più senso tradurli, varie e derivati. Facciamo che si può scegliere a piacere, oppure anche non usare nessuno di quei titoli, tanto che ce ne frega, è un film talmente storto che in Italia uscirà in quattro sale, non andrà a vederlo nessuno e faremo tutti finta di niente. E sarà un peccato, perché è un gran bel film, ma lo capisco anche, perché è un film stortissimo, lento, difficile, e che fai, vuoi davvero intitolarlo, boh, Io vi stempierò, così poi la gente si aspetta Liam Neeson che pesta tutti grazie al montaggio e si ritrova con Joaquin Phoenix molliccio che pesta tutti fuori campo? Perché alla fin fine Lynne Ramsay ha fatto un po' quella cosa lì: il Taken da festival con l'appeal del film russo sottotitolato in cecoslovacco. Oppure un Man on Fire con il PTSD al posto della tamarraggine. Ed è bellissimo, ma come fai a venderlo?
Ruota tutto attorno alla presenza e alla possanza fisica di Joe, il protagonista, un Joaquin Phoenix morbido, ruvido, barbuto e adagiato, che si aggira caracollando fra un flashback perforante, una minestra servita alla mamma e un lavoretto di dubbia moralità per committenti dall'altrettanto dubbia provenienza. Ramsay prende la macchina da presa e la trapana nella sua capoccia, adagiandoci in una mente tormentata, devastata eppure carica di empatia, forza morale e soprattutto volontà di ferro nell'inseguire l'obiettivo che si pone. Lo fa per novanta minuti che sembrano durare centosessanta ma sono comunque talmente belli, accecanti, strazianti, perfetti nel dire tutto quel che c'è da dire senza mai divagare, che non vorresti durassero meno. Non vorresti neanche che durassero di più: durano il giusto, ti ammaliano e ti abbandonano lì, seduto in una pozza di sangue e sudore.
A Beautiful Day sembra un thriller giunto a noi da un'altra epoca e uscito strapazzato dal viaggio sulla DeLorean, con un po' di nausea e la cervicale tutta incartata. Ti sballotta di qua e di là agghiacciandoti con quel che racconta ma raccontandolo in una maniera totalmente diversa da come tanti altri avrebbero fatto. C'è un bruto che si ritrova invischiato in qualcosa di più grande di lui, che prova a salvare una giovane innocente (?) e che, quando gli fanno girare i coglioni, fa saltare tutti per aria. Ma Ramsay non si concentra mai sull'azione, punta tutto sulla mente martoriata del povero Joe, eppure riesce lo stesso a fartela sentire fortissima, l'azione, quando te ne mostra le conseguenze brutali, o quando decide di mettere in scena il massacro attorno a cui svolta il racconto mostrandolo tutto di traverso, tramite le videocamere di sorveglianza che arrivano sempre troppo presto o troppo tardi. È una scelta fuori dagli schemi e che poteva risultare insopportabilmente pretenziosa; invece funziona alla grande e detta a meraviglia la personalità storta del film, costituendo di fatto un microcosmo che riflette poi l'intera pellicola. Che bello.
L'ho visto a novembre, quando è uscito al cinema qua in Francia, quindi magari me lo ricordo malissimo ed è brutto. Ultimamente, comunque, mi capita sempre più spesso, questa cosa del "l'ho visto mesi fa". Sarà periodo.