Sono un po' confuso da Castlevania: Rondo of Blood
Io nel 1993 non avevo mica un PC Engine. Non lo ho neanche adesso, quindi non ho potuto che provare Rondo of Blood, sia in passato che oggi, grazie ai magici poteri dell’emulazione. Non è la prima volta che accompagno Richter Belmont a sconfiggere Dracula nella mia vita da “videogiocatore”, e infatti Rondo of Blood è stato uno dei primi titoli che ho provato non appena ho capito cosa è un Bios e in che cartella va per far funzionare tutto il carrozzone dell’emulatore.
E mi è sempre piaciuto. Soprattutto le prime volte, dove non avevo ben compreso lo scarto tecnologico tra il PC Engine-CD e le altre macchine del tempo, restavo profondamente colpito dalla bella intro animata, il fantastico lavoro sugli sprite e l’incredibile colonna sonora, probabilmente il più brillante dei punti di forza di questo gioco.
Eppure, dopo averlo di nuovo completato per il prossimo RetroOutcast, sono rimasto un po’ confuso.
Rondo of Blood per me è sempre stato il culmine dei Castlevania “pre-Symphony”, quelli della prima ondata. Quelli che erano insomma solo Castlevania e non Metroidvania, per dirla come piace ai giovani d’oggi.
Con il senno di oggi, invece, devo ammettere che ho sentito in Rondo of Blood la mancanza di quei guizzi un po’ pazzi per flexare il Mode7 in Super Castlevania 4 o dello stile chiassoso e a volte bombastico di Castlevania Bloodlines per Megadrive.
Akumajō Dracula X Chi no Rondo, questo il suo nome originale, è bellissimo. Non fraintendetemi. Ti cattura subito, con quei cavalli galoppanti contro una pioggia battente e un prato verdissimo che spesso lascia spazio ai diversi anfratti del castello di Dracula. La colonna sonora martella, mentre il level design alterna situazioni ricche di avversari e rari – ma salvifici – momenti di decompressione.
E se i boss di fine livello non mi hanno del tutto preso, con il senno di oggi e i 36 anni sul groppone il combattimento con Dracula prima dei titoli di coda è forse lo scontro più esaltante di tutti. Fosse anche per la sua natura di epilogo di Rondo of Blood e, ripreso e riproposto, di livello introduttivo al celeberrimo Symphony of The Night che traghetterà la serie verso una dimensione più esplorativa.
Ecco, forse oggi la grandezza di Rondo of Blood sta nel suo essere un solidissimo apostrofo rosa tra i Castlevania delle origini e i Metroidvania successivi.
Rondo of Blood intatti propone nove livelli, ma molti di questi presentano percorsi alternativi e segreti tutti da scoprire. Uno di questi porta addirittura a Maria, personaggio giocabile paradossalmente più adatto di Richter per i neofiti: compensa alla minor resistenza con un’agilità migliore, la capacità di fare un doppio salto e la possibilità di fare danni molto più ingenti – e con meno problemi – del muscoloso eroe con la frusta. E insomma, forse ci vedo troppo, forse in realtà già con Simon’s Quest e la sua non linearità c’erano i germi di quel che sarebbe stato, ma mi piace pensare che Rondo of Blood sia appunto un presagio – sia narrativo che in misura minore strutturale – di quello che sarebbe stato il futuro della serie.
Pensavo che scrivendo avrei trovato più chiarezza sul “valore” che Rondo of Blood ha per me in relazione ai suoi cugini di 8 e 16 bit. Ma in realtà sono ancora più confuso. Perché forse è proprio la ricerca di questa classificazione ad aver meno senso: un esercizio mentale, una sovrastruttura, forse superflua per un gioco che chiede soltanto di essere giocato per essere apprezzato e rigiocato più volte per essere amato.
Rondo of Blood è ancora un bel giocare: è l’unica cosa che ha davvero senso.