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Breve storia dell’odio elettronico

Breve storia dell’odio elettronico

Gli esseri umani si combattono fin dagli albori dei tempi, ma perché lo fanno? Da dove nasce l’odio?

Non tutti gli studiosi sono concordi, ma taluni accademici ritengono credibile che il primo omicidio della storia, quello di Caino, abbia avuto luogo solo in seguito alla pessima abitudine di Abele di mostrare ancora e ancora i replay dei suoi stupidi goal. Interrompere a lungo l’azione per esibire ogni angolazione del più fortunato dei rimpalli casuali, infatti, genera nell’avversario frustrazione, stitichezza, e voglia di picchiare cuccioli di panda su cui persino la medicina moderna è incapace di intervenire.

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In seguito, fu l’analisi delle statistiche di fine primo tempo a esasperare gli animi fino all’organizzazione di diverse Crociate con le quali non si riuscì, però, a dimostrare come “possesso palla” e “tiri in porta”, dati in apparenza piuttosto chiari e leggibili, possano assumere significati tanto diversi a seconda delle convenienze. Fu solo grazie alla Stele di Rosetta che si riuscì ad interpretarli, seppure parzialmente, e a utilizzarne gli schemi per le analisi elettorali dove tutti possono dichiararsi vincitori (tranne il PD, ovviamente).

Sappiamo invece per certo che Gavrilo Princip non poteva immaginare che quel fallo da ultimo uomo ai danni dell’Austria di Francesco Ferdinando, usato con tanta leggerezza grazie a terne arbitrali inadeguate e complici, avrebbe portato alla distruzione di un pad prima, e alla rapida escalation che venne poi. Inoltre, gli alleati non si dimostrarono buoni vincitori e, esultando in modo scomposto in faccia alla Germania, non fecero altro che generare quel risentimento che fu la causa principale del Secondo conflitto mondiale.

Fortunatamente, qualche volta ha prevalso anche il buon senso, ed è stato grazie all’oculata scelta di limitare a pochi secondi il settaggio delle formazioni e della tattica, se la crisi dei missili di Cuba non si è risolta con la distruzione della razza umana. Purtroppo non tutti hanno avuto la stessa fortuna, e si narra di partite ferme dal ‘97 su PlayStation per la difficoltà di uno dei due partecipanti a scegliere tra un pratico 4-4-2 e un più rischioso 4-3-3.

Ma l’odio non è solo una creatura del campo. Palestina e Israele devono i loro primi attriti alla folle idea di affrontarsi con squadre diverse lasciando allo sconfitto la possibilità di attribuire al team selezionato, e non alla sua incapacità di venire a patti con gli indici opponibili, ogni demerito calcistico. La matematica che ne consegue è lungi dall’essere davvero compresa dalla scienza se, solo in questo ambito, un ottantacinque contro un ottantasei può diventare così drammaticamente determinante per il risultato finale.

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Ma niente ha infervorato gli animi più della religione. I credenti (quelli in vantaggio) e i non credenti (sotto di almeno un goal) si sono affrontati per millenni con la consapevolezza di avere sempre qualcosa di più grande, e lontano dalla comprensione umana, da incolpare per i propri errori. L’esistenza del momentum non potrà forse essere mai dimostrata, ma quanto è salutare poter sminuire ogni rimonta avversaria semplicemente insinuandone il dubbio?

Questo articolo fa parte della Cover Story pallonara, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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