Super Pixel Racers - Bastardo senza glottide
Al di là dell’adorabile grafica in pixel art, della sua puccettosa retro-apparenza e dell’estasi suprema che è propria di ogni racing game con visuale dall’alto, Super Pixel Racers compie una scelta ben precisa: essere un gioco stronzo, legnoso, convulso e bastardo.
In qualche modo anche divertente e appagante, eh. Ma il compiacimento videoludico del guidare delle macchinine così belle e dal sapor mediorientale è qui celato sotto la fitta coltre di un gameplay spaccaculo. Nel senso che, prima di capirci/tirarci fuori qualcosa di buono, ti spacca letteralmente il didietro.
Anzi, a dirla tutta, Super Pixel Racers non si guida e non è neppure un vero proprio racing game (cioè, lo è, ma capisc’a me... ). Il gioco di PQube e H2 Interactive è un arcade pixel perfect, avido di precisione, rapidissime frustate di frustrazione e pollici dotati di riflessi da zanzara... che solo incidentalmente ha la forma, l’estetica e tutto un corollario di garette automobilistiche a 16-bit.
Dalla Korea con furore, Super Pixel Racer ha tutto quel che serve allo scopo proposto: modalità carriera, gara libera, multiplayer locale e online, per sfidare altri pazzi furiosi nel world wild web. Manca, purtroppo, una modalità contro il tempo (presente solo come sfida sui generis nel mezzo della carriera), a mio avviso fondamentale per un gioco con una visuale così endemica, progettata da che mondo è mondo per valorizzare la bravura del pilota nel tracciare/anticipare delle bellissime traiettorie.
Ma, come i mercati, ce ne faremo una ragione.
Le competizioni da affrontare nel corso della carriera sono molteplici e simpatiche: Rally Cross (gara classica contro altri sette piloti: chi arriva primo è fregno ma per proseguire nella carriera è sufficiente il terzo posto), Rally (tosto come non so che, bisogna raggiungere i punti di controllo su un tracciato generato in modo procedurale), Land Rush (gara a tempo, nel senso che vince chi allo scoccare dell’ora X è primo), Takedown (un solo scopo: distruggere gli altri, schiantandovicisici contro), Hunt (una classica battuta di caccia, in cui il prescelto prima o poi morirà) e Drift Show (a punti: vince chi derapa di più).
Okay, però adesso andiamo al sodo. Vi starete chiedendo perché “bastardo senza glottide”. Innanzitutto, perché l’ho buttato lì a cazzo di cane - in attesa della giusta ispirazione - e nel frattempo mi ha fatto molto ridere (sono una persona semplice). E ha fatto ridere anche Myriam, che in questo momento è preda di ridolera lacrimosa e non riesce a smettere.
Eppure, al di là della sbilenca comicità che si respira a casa Fotone, questo titolo fuori focus ha anche un certo senso: la guida (o quel che è… ) di Super Pixel Racers non “parla”, non “comunica” e non “trasmette”.
Non c’è nulla di burroso o di scioglievole. Non c’è abbrivio, inerzia o morbido dinamismo. I suoi ampi curvoni e gli angusti tornantini (per quanto la conformazione dei tredici tracciati sia intrigante e ben fatta) non si lasciano pennellare amabilmente. Non si riesce neppure a sterzare senza fare manovra in due o tre tempi. Qui, o si fanno una, cento, mille derapate o si perde, carambolando in perenne ritardo sulle traiettorie e sugli avversari.
Ecco, si guida un po’ come nel vecchio Ironman Ivan Stewart's Super Off-Road, con quel suo driving system grossolano eppur piacente, che si tagliava con lo scalpello.
Approfondisco un attimo il discorso “modello di guida”, che poi è ciò che conta. L’accelerazione è automatica. L’avrei preferita discrezionale, ma in fondo - dato il caos che anima il gameplay - può starci. Il freno c’è, ma non serve mai, come da tradizione. E veniamo al clou: per curvare, bisogna ineluttabilmente derapare, imprimendo una certa direzionalità (talvolta millimetrica, talaltra grossolana, dipende un po’ dal tracciato) con lo stick analogico, per stringere la curva ed evitare di restare impantanati nei pixel di erba/neve/terriccio a bordo pista. Ogni derapata, che sia microscopica o una sboronata totale, attiva a sua volta il nitrometro (che bella parola!).
Il risultato è un necessario e rapidissimo gioco di pollici: destra-sinistra-derapata-turbo da ripetere un milione di volte al secondo, moltiplicato per il numero di curve di ogni circuito e per il numero di giri, diviso STOCAZZO. Il tutto diventa una questione di memoria, riflessi e apnee, immersi in una scompigliata fog of war pixellosa che non lascia spazio a manierismi o strategie.
Anzi, spesso e volentieri, se si perde il flow, si rischia di non raccapezzarsi più con il muso e il posteriore della vettura, girando (pachidermicamente) su se stessi per rimettersi correttamente in carreggiata e ripartire con ormai troppi secondi di ritardo.
C’è da dire che la curva di difficoltà è abbastanza graduale, non si parte subito a mille bestemmie orarie... ma superate le prime garucce con Fiat 500 o Mini (lente e ben gestibili anche dagli esseri umani), tutto si trasforma in un altro gioco, in un altro sport, in un arcadone d’altri tempi, che non ammette mezze misure o performance così così.
Super Pixel Racers è un racing game atipico, iperfrenetico, adatto più ai performer digitali dal pollice d’ebano che ai semplici appassionati di quattro ruote. E questa, forse, è la sua forza. O il suo più grande difetto. Vai a sapere.
Ho ricevuto dagli sviluppatori un codice per il download su PlayStation 4 e l’ho giocato fino al riacutizzarsi della mia adorata tendinopatia. All’inizio, non lo nascondo, con una certa delusione/difficoltà, perché m’aspettavo tutt’altro. Poi, solo dopo innumerevoli batoste, sono entrato nell’atipico mood del gioco… che non cancellerò subito. Magari tornerà utile per qualche partitina in multiplayer locale con Cicalini, Ficurilli e Alessio il fruttivendolo. Ciao! Super Pixel Racers è disponibile da oggi, solo tramite download, su PlayStation 4 e su Xbox One.