The Long Journey Home è un Mario Party (brutto) nello spazio
Non faccio fatica ad ammettere che sono molto contento del ritorno dello spazio nei videogiochi. Dopo che l'esplorazione stellare era stata uno fra i primi grandi generi ad essere esplorato, c'è stato un lungo periodo di silenzio, durante le precedenti generazioni di console e PC, in cui questo tipo di contenuti è misteriosamente scomparso dai radar. I fasti di FreeSpace e Wing Commander sono stati abbandonati in favore di titoli che probabilmente vendevano di più e rispondevano meglio alle esigenze commerciali dell’epoca. O semplicemente perché l’esplorazione spaziale non è semplice nemmeno quando simulata e per qualche anno si è preferito puntare su titoli più immediati. Il bello di quest’era sta anche nel poter vedere la risurrezione di questo genere fra No Man's Sky, Elite: Dangerous e così via, e non ho fatto fatica a immergermi anche in questo The Long Journey Home, un titolo a cui le ambizioni non mancano.
A guardare il trailer, pare il fratello 2D e a basso budget di No Man's Sky ma in realtà l'approccio è molto diverso e non sono certo i limiti di budget a ostacolare il successo di questo gioco. La storia ci mette nei panni del capitano della prima astronave umana ad uscire dal nostro sistema solare. Poiché nello spazio niente va mai per il verso giusto, ci si ritrova bloccati a migliaia e migliaia di parsec di distanza dalla nostra amata Terra. È imbarazzantemente banale spiegarvi che è necessario cercare di ritornare a casa, affrontando i pericoli della galassia e cercando di mantenere l'astronave integra, possibilmente senza ammazzare nessuno dei membri dell’equipaggio. Ci si può muovere di pianeta in pianeta all’interno di un certo sistema in tempo reale, utilizzando i motori dell'astronave, con una buona simulazione delle forze gravitazionali. Dosando a modo i razzi, si può entrare nell’orbita dei pianeti e delle stelle di sistemi stellari lontani e impervi. La parte più difficile sta però nell’atterrare su questi pianeti, visto che si ha a disposizione solo un piccolo lander, che utilizza un sistema di controllo molto simile a quello di Lunar Lander, famoso gioco Atari di fine anni Settanta. Inoltre, le battaglie nello spazio, così come l'attraversamento di determinati settori della mappa, vanno completate utilizzando una visuale bidimensionale dall'alto, in cui è possibile sparare utilizzando i cannoni di babordo e tribordo e comandare la nave utilizzando vari razzi e retrorazzi. Un sistema di controllo che comunque funziona nel dare quella sensazione di inerzia propria di un combattimento quantomeno realistico all'interno dello spazio. Per sopravvivere alla lunga traversata, è ovviamente necessario raccogliere risorse quali cibo, ossigeno, carburante e materiali vari per riparare la nave. La creazione dei pianeti e della mappa stellare è del tutto procedurale. Esistono varie classi di pianeti, ognuna con materiali diversi e anche pericolosità del tutto diverse.
Il problema è che, nonostante tutto, The Long Journey Home assomiglia molto più ad una accozzaglia di minigiochi che a un titolo coeso e omogeneo. Ognuna delle tre modalità, esplorazione dei sistemi stellari, atterraggio sui pianeti e battaglie nello spazio, ha meccaniche e funzionamenti molto semplici e poco interessanti dopo le prime volte. Considerando che il viaggio verso casa è lungo, come dice appunto il titolo, si è costretti a affrontare questi minigiochi una quantità assurda di volte, consci anche del fatto che il più piccolo degli sbagli possa portare a grosse penalità. Anche l'interazione con le razze aliene sparse per la galassia è molto superficiale e si riduce a una serie di voci di un menù in cui è possibile chiedere informazioni, missioni oppure offendere gratuitamente, e il tutto avviene con una certa superficialità. Piccola nota personale: non c'è alcuna forma di eccitazione nell'equipaggio, quando viene in contatto per la prima volta nella storia dell'umanità con degli alieni. È una piccola cosa, che probabilmente esula del tutto dagli scopi del gioco, ma contribuisce a rendere del tutto semplicistica l'esperienza.
Anche l’interessante premessa iniziale di poter accedere ad artefatti alieni e conoscenze dimenticate dal tempo viene presto disattesa: nelle svariate ore in cui ho giocato a The Long Journey Home, non sono mai più venuto in contatto con qualsivoglia artefatto, come invece faceva intendere la trionfale introduzione di ogni partita.
Nonostante una buona idea e una realizzazione tecnica tutto sommato solida, The Long Journey Home non riesce a liberarsi dei suoi limiti intrinseci, dettati da un gameplay troppo semplice, riduttivo e ripetitivo, senza considerare una difficoltà punitiva anche per un roguelike. Si becca un “Vai a sapere” anche solo per l'idea tutto sommato originale e la buona sensazione nelle prime ore, che però poi si schianta di fronte all'estrema ripetitività del tutto.
Ho giocato a The Long Journey Home su Nintendo Switch per un totale di cinque/sei ore, distribuite su diverse run fallimentari, nel vano tentativo di raggiungere la Terra. Il codice per il Nintendo eShop ci è stato gentilmente fornito dall’agenzia di PR che segue il gioco. The Long Journey Home è disponibile da due anni abbondanti su PC ma è arrivato solo questo mese su Switch.