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Viaggio nel tempo e l’inevitabilità degli eventi

Viaggio nel tempo e l’inevitabilità degli eventi

C’è una quinta dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce; è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità; è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell’immaginazione, una regione che potrebbe trovarsi Ai Confini della Realtà.

Oggi le serie televisive sono un fenomeno globale, e ogni anno ne vengono prodotte talmente tante e distribuite su così tante piattaforme diverse che, oltre ad essere complicato seguire tutto, è anche difficile capire quali e quanti prodotti televisivi meritino il nostro tempo, che in alcuni casi è sempre meno.

Tempo fa, le cose erano molto diverse: le serie televisive erano molte meno, le stagioni si assestavano spesso sui ventidue episodi e, nel caso in cui il prodotto riscuotesse particolare successo fra il pubblico e il plauso della critica specializzata, si andava avanti per diversi anni.

Fra queste, una delle tante serie a cui sono particolarmente affezionato è Ai Confini della Realtà.

Creata dal genio di Rod Serling nel 1959, Ai Confini della Realtà è una serie antologica che vede al centro uomini comuni alle prese con l’ignoto. Ciò che è assurdo e impossibile accade, e alla fine di ogni episodio (che contiene una forte morale di fondo, poiché la serie tratta tematiche tutt’oggi attuali quali razzismo e xenofobia), lo spettatore vede la propria prospettiva ribaltata a causa della tecnica dello “switching endings”, vale a dire il classico – e il più delle volte inaspettato – colpo di scena.

L’episodio al centro di quest’articolo è il tredicesimo della seconda stagione, intitolato semplicemente Viaggio nel tempo.

L’episodio vede al centro Peter Corrigan, ingegnere, intento a giocare una partita a carte con dei conoscenti all’interno di quello che sembra un club esclusivo. Tema della conversazione è la possibilità di viaggiare nel tempo e modificare il corso degli eventi. Corrigan sembra scettico non solo sulla possibilità di viaggiare nel tempo ma anche su quella di modificare il corso degli eventi. A un certo punto, Corrigan abbandona il tavolo e va via dal club salutando tutti, compreso il cameriere William, dal quale solitamente ritira il cappotto prima di andare via, ma che in quel caso ha lasciato a casa in quanto appena arrivata la stagione primaverile. È il quattordici aprile del 1969. Subito dopo essere uscito dal club, Corrigan ha un capogiro e si ritrova misteriosamente catapultato indietro nel tempo, un centinaio di anni prima. Tornando in quella che crede sia casa sua, ma che in realtà in quel tempo è un albergo, sentendo parlare una coppia che sta per recarsi a teatro, Corrigan capisce di essere tornato indietro esattamente al quindici aprile del 1865, giorno dell’assassinio del presidente Abramo Lincoln.

Il giovane ingegnere ha la possibilità di cambiare il corso della storia, salvando il presidente da morte certa. In quell’albergo nessuno gli crede, e Corrigan si reca in tutta fretta alla più vicina stazione di polizia per avvertire le autorità. Anche in quel caso, nessuno sembra credere alle sue parole, e viene preso per pazzo o ubriaco, e successivamente arrestato. Un uomo di passaggio, il signor Wellington, assistendo alla scena, decide di prendere sotto la sua custodia Corrigan. L’uomo sembra volerlo aiutare, e chiede a Corrigan tutti i dettagli sull’assassinio di Lincoln. L’ingegnere spiega a Wellington che un uomo, tale John Wilkes Booth, si recherà al teatro Ford e sparerà al presidente, senza però rivelargli che sa dell’omicidio perché viene dal futuro, credendo che la verità lo avrebbe fatto apparire pazzo. Wellington in realtà non ha nessuna intenzione di aiutare Corrigan, anzi, lo ha drogato offrendogli una bevanda, lasciando che si addormentasse sul divano. Corrigan fa il possibile per resistere agli effetti delle droghe e riesce a parlare con un poliziotto, l’unico che sembra veramente credergli. Il poliziotto dice che si è già mosso per rafforzare la sicurezza del presidente, parlando direttamente con il sindaco, il quale ha acconsentito ad assegnare una sorta di “guardia speciale” a Lincoln.

Corrigan è costretto ad arrendersi all’effetto della droga, ma quando si risveglia scopre che Lincoln, nonostante tutti gli sforzi fatti, è stato comunque assassinato, e che Wellington è in realtà Booth, il suo assassino. Corrigan, disperato, fugge via e si ritrova misteriosamente riportato nel 1969. Disorientato, l’uomo fa ritorno al club, credendo sia tutto frutto di un sogno.

Tuttavia, una volta sedutosi al tavolo da gioco con i suoi amici, Corrigan scopre che William, il cameriere del club che conosceva è ora seduto al tavolo dei soci. Ha ereditato una considerevole fortuna da un suo lontano parente, diventato famoso per aver tentato di sventare l’omicidio di Abramo Lincoln. Nonostante non sia riuscito nel suo intento, la fama ottenuta grazie a quel gesto gli consentì di diventare prima capo della polizia e successivamente di avviare una carriera politica di successo, cosa che poi gli consentì di accumulare terreni e denaro, ereditati poi da William. Quell’uomo era il poliziotto incontrato da Corrigan nel passato. Corrigan, ancora incredulo, si ricorda di avere in tasca il fazzoletto con ricamate le iniziali di John Wilkes Booth, l’assassino di Lincoln, che l’uomo aveva dato all’ingegnere durante il loro incontro, per asciugarsi la fronte, bagnata di sudore a causa degli effetti della droga.

L’episodio si chiude con la voce fuori campo di Rod Serling che recita: “Peter Corrigan è appena tornato da un viaggio nel tempo, che ha dimostrato da una parte che il tessuto della storia è troppo solido e compatto, e che gli avvenimenti non possono essere cambiati, ma che d’altra parte, a volte, qualche piccolo filo di quel tessuto, può venire alterato. Naturalmente, sono cose che avvengono solo… Ai Confini della Realtà”.

Come da tradizione, l’episodio si chiude con il famoso colpo di scena che ribalta le carte in tavola e la conseguente spiegazione da parte di Serling. Come recita l’autore, pur ipotizzando la possibilità di viaggiare nel tempo, la solidità di determinati ed importanti eventi storici (in questo caso l’assassinio di un Presidente degli Stati Uniti, ma ancor prima, al tavolo dei soci, si ipotizzava di poter prevenire la crisi economica del 1929) non può essere minata, tuttavia alcune alterazioni durante il corso degli eventi possono cambiare determinate situazioni. Insomma, ciò che di importante deve avvenire, avverrà comunque.

Ciò che ho sempre adorato della serie di Serling, è la grande intelligenza nella costruzione degli episodi (dove spesso venivano messe al centro le paure più profonde e radicate dell’essere umano, a volte trattando tematiche sociali di una certa importanza, senza disdegnare qualche leggerissima e innocua venatura horror), la solidità narrazione (salvo qualche eccezione), la profondità dei temi trattati e soprattutto il fatto che, pur essendo di base una serie di fantascienza, riusciva ad essere assolutamente credibile senza utilizzare particolari effetti speciali.

Ai Confini della Realtà è un assoluto cult non solo della serialità fantascientifica ma della serialità televisiva in generale, e dopo la serie classica, terminata nel 1964, sono seguite ben tre serie revival, che comprendevano dei remake degli episodi più famosi e alcuni episodi assolutamente inediti. Purtroppo, nessuno dei revival è riuscito a replicare il successo della serie originale (nonostante il coinvolgimento di nomi importanti sia come attori che come registi, quali Steven Spielberg, Wes Craven, Bruce Willis e Morgan Freeman), compreso l’ultimo reboot del 2019, targato Jordan Peele. L’eredità spirituale della serie di Serling sarebbe stata poi ripresa, almeno in parte, in Black Mirror.

La serie classica degli anni Sessanta è una di quelle opere che andrebbero viste almeno una volta nella vita, non solo per la sua qualità intrinseca ma per capire quanto fosse in anticipo sui tempi, soprattutto se paragonata alle odierne serie di fantascienza. L’impatto culturale della creazione di Serling è stato incredibile, tant’è che la serie è stata omaggiata con diverse citazioni ne I Simpson, Futurama, Alan Wake e in molti altri media.

Nel caso qualcuno sia interessato a dare un’occhiata, segnalo, fra gli episodi migliori, Tempo di Leggere (1x08), È bello quel che piace (2x06), Un Piccolo Mostro (3x08) e Incubo a 20000 piedi (5x03).

Diversi episodi della serie classica sono disponibili, con audio italiano, su Youtube, anche se spero sempre in una nuova (ma alquanto improbabile) edizione home video.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a viaggi nel tempo e paradossi temporali, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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