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VVVVVV, il platform che non lo era | Racconti dall'Ospizio

VVVVVV, il platform che non lo era | Racconti dall'Ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Cari amici, care amiche, oggi parliamo di platform.

Che cos'è un platform? Un genere di videogiochi, OK. Ma che cosa lo distingue dagli altri? Qual è l'elemento centrale e irrinunciabile, il cardine, il fulcro, la chiave di volta di un buon platform?

"Un platform" sento una voce dal fondo dell'aula "è un percorso lineare dal punto A al punto Traguardo". OK, benissimo, quindi Formula 1 Simulator XP Pro 2020 Turbo è un platform? Capisco il tuo ragionamento, ma non ci siamo ancora.

Sorry Mario but your answer is in another paragraph.

"Certo che no", fa un'altra voce. "Non è il percorso, sono gli ostacoli: un platform ti sfida ad arrivare dal punto A al punto Traguardo evitando una serie di ostacoli". Fantastico, abbiamo quindi stabilito che il gioco dell'oca è un platform? Scusa, scusa il sarcasmo fuori luogo, ma non ti pare che "ostacoli" sia fin troppo generico? Anche Baldur's Gate è un gioco pieno di ostacoli, ma lo definiresti un platform?

"Ovviamente no, perché il discorso è un po' diverso: un platform è tale non per la presenza di ostacoli ma per la natura degli stessi, che hanno sempre a che fare in un modo o nell'altro con uno spostamento in verticale. Lo dice il nome stesso: un platform è tale perché ci sono le piattaforme, alcune più in alto, alcune più in basso, alcune raggiungibili solo saltando sopra un pozzo senza fondo". Ullallà, ma quanto intellettualismo! Ci siamo quasi, cara la mia terza voce, ti sei avvicinata parecchio al mio punto.

E il mio punto è: è vero, nei platform si va più o meno dritti da un punto A a un punto Traguardo, ed è vero, lo si fa evitando ostacoli che nella maggior parte dei casi sono collocati a un'altezza diversa rispetto a dove si trova il nostro protagonista, e che costringono quindi a spostarsi non solo in orizzontale ma anche in verticale, temporaneamente. In altre parole, un platform è tale perché nei platform si salta.

Te lo ricordi, signo’? Saltare?

È tutto lì, il cuore del genere: il salto, quest'attività che un normale essere umano svolge raramente nella sua vita di tutti i giorni e che nei videogiochi è diventata, grazie in parte ma non esclusivamente a Super Mario, parte della grammatica elementare di tutto il medium, e la base di tutti i platform. Salti, salti lunghi, salti corti, doppi salti, salti nel buio, salti nel vuoto, salti in alto, salti in lungo: nei platform si salta, e tutto il resto, la struttura dei livelli, le sfide proposte, è conseguenza di questa azione apparentemente banale.

Dieci anni fa, in questi giorni, il pazzo sperimentatore Terry Cavanagh mise in commercio il suo allora nuovo gioco, intitolato VVVVVV. VVVVVV è un plaftorm nel quale il protagonista non salta.

AH! Allora non è un platform!

Un giorno vi spiegherò perché questa immagine mi fa particolarmente ridere.

Invece lo è, e uno fra i migliori degli ultimi anni, proprio in virtù di quest'idea semplice (e già usata negli anni Ottanta da un gioco del quale non ricordo il titolo e che non ho voglia di cercare su Google) ma dagli effetti dirompenti.

Strutturato vagamente come un Metroid, graficamente semplicissimo e uscito dagli anni dell'Atari, VVVVVV è la storia di Viridian, capitano di un'astronave che rimane intrappolata in una dimensione parallela; al poveraccio tocca girare per la nave per cercare di riunire il suo equipaggio, e magari scappare da questa dimensione. Per farlo, per esplorare, dico, Viridian ha a disposizione solo due cose: la possibilità di spostarsi a destra e a sinistra (e OK) e quella di cambiare la sua gravità personale, per cui basta la pressione di un tasto per trasformare il soffitto in pavimento e appendersi a testa in giù come fanno i pipistrelli e gli australiani.

In superficie, VVVVVV non sembra sostanzialmente diverso da un normale platform nel quale si va in giro e si saltella, ma la realtà è che l'idea di trasformare il salto in un'inversione di gravità rivoluziona il modo in cui il giocatore (ma anche il designer) guarda alla classica struttura dei livelli di un gioco del genere.

Prendete uno fra gli elementi base di ogni buon platform: il gradino ad altezza personaggio; è l'ostacolo più semplice da superare, basta saltare, tanto che in otto platform su dieci, il tutorial inizia esattamente così, con un gradino e la sempiterna scritta "Press X to jump". In VVVVVV, tutto ciò è impossibile: per superare un semplice gradino, bisogna invertire la gravità, appendersi al soffitto, camminare fino a oltre l'ostacolo e poi farsi cadere di nuovo a terra. E se il soffitto non c'è? E se sul soffitto ci sono dei grossi spuntoni cattivi? L'ostacolo più semplice diventa all'improvviso insormontabile.

E se io decidessi di invertire la gravità per cascare verso l'alto e poi re-inventirla a metà strada così da simulare l'arco di parabola di un salto classico? Certo, si può fare, ma ancora: non è la stessa cosa. Il salto, nei videogiochi, è un'azione in due fasi, la prima attiva (rincorsa, pressione del tasto, aggiustamenti in volo: la fase ascendente della parabola) e la seconda passiva (la fase discendente della parabola: pochi platform permettono al giocatore di controllarla e pochissimi di stravolgerla, per esempio cambiando completamente direzione alla faccia dell'inerzia: solitamente il punto di atterraggio è funzione della fase 1). In VVVVVV, entrambe le fasi sono attive e richiedono input e aggiustamenti in corsa per funzionare: Cavanagh affida al giocatore il compito di decidere quando la parabola smette di salire e comincia a scendere, per cui, più che di "salto", forse bisognerebbe parlare di "decollo e atterraggio".

E VVVVVV è tutto così, una continua esplorazione delle convenzioni del platform riletta sotto l'ottica di un personaggio che non può fare quello che il 99,9% dei personaggi di platform considerano la loro azione più semplice, basilare e primigenia. Per cui, oltre ad essere un grosso mondo aperto ed esplorabile, è anche una raccolta di challenge room, di sfide autoconclusive che raramente superano i confini del singolo schermo e che si possono completare in pochi secondi, se si sa cosa fare e se si sa come eseguire la cosa da fare.

Perché sì, c'è anche questo: VVVVVV è un gioco difficile, a tratti (soprattutto nei segmenti opzionali) anche frustrante, fatto di ripetizione su ripetizione su ripetizione finché non si azzecca il pixel giusto; nell'eterna diatriba tra le due anime dei videogiochi (prendere decisioni vs. eseguire quelle decisioni), VVVVVV pende decisamente verso la seconda; raramente ci si blocca di fronte a un puzzle indecifrabile ma spesso si perdono intere mezz'ore nel tentativo di mettere in pratica quello che il cervello ci sta dicendo essere l'azione corretta.

La sua natura potentemente meta- rende VVVVVV un'opera che con gli anni è rimasta al 100% rilevante ma anche un esperimento un po' fine a se stesso, rivolto a chi i videogiochi li crea e a chi ama ragionarci sopra: una riflessione tutta interna al mondo del game design, una specie di manuale di rottura delle convenzioni, un "what if" in cui la seconda parte della domanda è "Mario couldn't jump?". È un prodotto autoconsapevole, che sa perfettamente quello che è e quello che sta dicendo, una provocazione intellettuale grossa così; ma anche un gioco estremamente divertente e soddisfacente, nel quale nulla è ridondante, superfluo o ripetitivo – un pacchetto sintetico e completo, una torta a strati nella quale ogni strato aggiunge un po' di senso al ragionamento complessivo ma che funziona anche mangiando solo la glassa che sta in superficie (in altre parole, è possibile finire VVVVVV ignorando gran parte del contenuto e concentrandosi solo sulla storia, perdendosi così una caterva di idee geniali ma risparmiandosi anche bestemmie e frustrazioni varie).

E questa era la parte seria del pezzo.

La parte importante viene ora: se non siete riusciti a fare questo (video non mio) siete peggio di me e vivrete il resto della vita nella consapevolezza della vostra inferiorità.

Vi ringrazio del complimento, se volete mandare immaginette votive, soldi o birre fatelo pure a questo indirizzo: [redacted]

Buon compleanno, Capitan Viridian, possa tu continuare a ignorare la gravità e possa l'elefante nella stanza un giorno tornare a sorridere.

L’ascesa di Stella Solitaria

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Gennaio 1980: Fra conversioni e cloni | Old!

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