WWE2K22, o cosa resterà di questi anni hottanta voglia di farti un suplex
“Don’t try this at home”, in tutta la mia vita non ho mai trovato parole che mi stimolassero di più a prendere mio cugino e a scagliarlo sopra la testa sul divano di mia nonna con un suplex.
Eravamo ragazzini, amavamo il wrestling e forse volevamo essere omoni grandi e grossi dediti al sacrificio, prima di diventare per davvero omoni grandi e grossi dediti al sacrificio. Andavamo in giro con le magliette dei nostri beniamini, parlavamo come loro, ci atteggiavamo da duri e soprattutto amavamo i videogiochi della WWE. Penso di aver fuso una PlayStation 2 a forza di giocare WWE SmackDown! Here Comes the Pain e WWE SmackDown! vs. Raw. Non c’è una domenica della mia infanzia che non ricordi col pad in mano, la console attaccata al televisorino piccolo in cucina a casa dei nonni e tre, quattro pad attaccati contemporaneamente per darsele di santa ragione con gli amici.
Bei tempi; Shawn Michaels che si liberava da uno schienamento ci sembrava il punto più alto della nostra vita; Stone Cold che trangugiava birra gelata a canna senza farsi prendere una congestione era il nostro obiettivo di vita.
Poi siamo diventati grandi e abbiamo perso di vista questi cristoni che risolvevano tutti i loro problemi a manate sul petto. Le magliette di Rey Mysterio nell’armadio ormai troppo strette, ed era sempre più difficile trovare un’occasione in cui indossare il guanto di Kane o il polsino di The Rock. Al lavoro non ce li facevano tenere. E poi bisognava pur fare all’amore prima o poi. Come in un bizzarro scherzo del destino anche i videogiochi legati al wrestling sono andati via via peggiorando, con l’apice negativo raggiunto da WWE2K19, in breve diventato lo zimbello del wrestling virtuale, una compilation di bug che ha costretto 2K Games a prendersi un anno sabbatico per ripensare a tutto.
Salto in avanti nel tempo, fino a oggi. Frustrato da una vita che negli ultimi anni ci è andata giù abbastanza pesante con il sottoscritto, ho recentemente riscoperto la gioia di vedere due (o più) persone grosse che si menano. Li ho beccati per caso su DMAX una domenica mattina e come ipnotizzato non mi sono staccato fino alla fine. C’è da dire che la WWE oggi è molto diversa rispetto a quella che guardavo da ragazzino. Nonostante molti elementi fossero ricorrenti (la famiglia McMahon è sempre lì, così come alcuni lottatori tipo AJ Styles ed Edge, e anche i due immortali commentatori italiani Luca Franchini e Michele Posa), quell’ora e mezza è stata parecchio strana. Per esempio ho fatto caso al ruolo molto più preminente affidato alle superstar femminili, con match che finalmente non sono più solo gimmick per far vedere le mutande ma anzi sono intensi ed emozionanti tanto quanto quelli maschili. Per esempio nell’ultima edizione di Wrestlemania i due incontri per i titoli femminili sono stati tra i migliori e la cosa mi ha reso proprio contento. E poi ci ho messo pochissimo per affezionarmi ai nuovi idoli del pubblico come Drew Mcintyre, Roman Reigns e Seth Rollins.
E allora, mi son detto, perché non provare il nuovo videogioco WWE2K22? Visto che mio cugino ora pesa ottanta chili e mia nonna se le sfondo un altro divano è la volta buona che mi ammazza. Mi sembrava l’unico modo per sfogare quella voglia incontenibile di fare suplex alla gente.
Una volta comprato sono rimasto sorpreso dalla quantità di materiale in single player contenuto nel pacchetto. Ricordo che nei vecchi giochi, al di là della carriera, tutto era essenzialmente orientato al multiplayer. Nei primi momenti di WWE2K22 sei letteralmente sommerso dalle opportunità e ti aggiri incredulo nel menù iniziale: oltre alla possibilità di disputare qualsiasi tipo di match avete in mente, c’è la carriera personalizzata per una superstar custom da creare con il solito editor fuori di testa; c’è lo showcase con i match più importanti di Rey Mysterio (che è l’uomo copertina di questa edizione e sì, combatte ancora con una panza tanta); c’è il My Universe dove scegli di seguire la carriera di una delle centosessantatre superstar presenti all’interno del gioco, tra i nuovi, i vecchi (tipo Triple H e Goldberg) e i vecchissimi (come Ultimate Warrior, Andrè the Giant o Macho Man Randy Savage). C’è anche una modalità che richiama l’Ultimate Team di FIFA (ne abbiamo parlato in questo podcast), con i pacchetti di figurine, le diverse rarità e ovviamente le microtransazioni. Inoltre è tornata una delle modalità più divertenti per il sottoscritto, ovvero il My GM, uno strategico all’acqua di rose dove organizzi le card degli spettacoli, costruisci rivalità e cerchi di mettere i bastoni tra le ruote all’altro show di punta della federazione. Puoi anche disputare i match in prima persona. Insomma, c’è davvero un mucchio di roba da fare e il gioco poi viene aggiornato ogni settimana con nuove sfide, nuovi incontri e ricompense.
Il sistema di combattimento è cambiato ma non così tanto da non avermi fatto sentire a casa dopo qualche match. Sembra sia stato ibridato con un picchiaduro più classico: tanto per dirne una ci sono le combo tra i colpi, oppure la barra d’energia e delle super. C’è un’altra barra da riempire per le signature moves (sono le mosse simbolo dei vari lottatori). Il feeling è decisamente più snello che in passato, merito sicuramente delle animazioni più convincenti che legano meglio i movimenti dei lottatori, rendono le counter più realistiche e gli incontri più televisivi. E poi durante il match sono state aggiunte moltissime possibilità che il gioco non si prende nemmeno troppo la briglia di spiegarvi. Ogni lottatore ha delle mosse aggiuntive a seconda della sua personalità (può mettere a segno un colpo scorretto o resistere a uno schienamento impossibile a seconda che sia o meno un beniamino del pubblico), si può rubare la finisher al nemico e anche far saltare in aria il ring, come quella volta che Brock Lesnar fece un superplex al caro Big Show facendo esplodere le corde. Oh, sì. Si possono incendiare i tavoli, eseguire finisher sul banco dei telecronisti, tirare fuori dal cilindro mosse speciali al volo mentre l’avversario è sul paletto, caricarsi sulle spalle due avversari per stenderli con un F5. E un sacco di altre cose che in decine di ore non ho ancora scoperto.
Sono tornato un ragazzino. Sto perfino spulciando il sito WWW Euroshop per comprarmi qualche magliettazza tamarra. Chissà se Ilaria deciderà di lasciarmi. E ho interpretato come un segno del destino che uno dei migliori videogiochi di wrestling degli ultimi anni sia arrivato proprio in concomitanza con questo mio rinnovato amore per le legnate.
Dimenticavo: la cosa più sconvolgente del nuovo corso della WWE è che il “Don’t try this at home” si è trasformato in “Don’t try this at home, school or anywhere”, di fatto neutralizzando la nostra scusa principale quando ci menavamo a scuola, a casa degli altri o al parco. Se solo lo avessero scritto anche vent’anni fa, forse la mia nonnina avrebbe un divano in più.