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ECHO: la fantascienza dura che non fa sconti

ECHO: la fantascienza dura che non fa sconti

Per un vegliardo come me, che bazzica poco il panorama dei giochi PC, ECHO è arrivato come un fulmine a ciel sereno. In luogo del solito anno (e più) che normalmente separa la pubblicazione di titoli simili da computer a console, l'intrigante creatura degli Ultra Ultra è giunta su PlayStation 4 a poco meno di un mese dall'uscita originale. Facendo man bassa di elementi e spunti narrativi presi con avidità da un certo tipo di fantascienza, ECHO si presenta come un classico stealth, con un'attitudine del tutto peculiare nel tenere sempre desto l'interesse del giocatore.

L'interfaccia è un po' invasiva ma decisamente utile.

La narrazione non prende scorciatoie mettendoci nei panni di En, una misteriosa ragazza dai tratti albini che si risveglia all'interno di un'enorme astronave. Ad accompagnarla, un'intelligenza artificiale pedante e caustica, London, sempre pronta a pungolare la protagonista con malcelato astio. En intende utilizzare una sorta di cubo energetico per riportare in vita una persona a lei cara, Foster, la cui anima pare risiedere all'interno del cubo stesso.

La fantascienza che sorregge le tematiche di ECHO è di quelle vecchio stampo, con l'insofferenza, il pessimismo e l'utopia tipiche delle opere di Philip K. Dick e il rigore scientifico, la bioetica visionaria e il valore assoluto della vita visti più volte nei capolavori letterari di Isaac Asimov. Temi toccati senza indugiarvi troppo, vagamente sottintesi, spesso solo suggeriti, in un canovaccio criptico che non si preoccupa di snocciolare pedanti spiegazioni, mettendosi al servizio dell'atmosfera e della credibilità degli eventi, non del videogiocatore.

Nel buio possiamo agire senza che il Palace registri le nostre mosse.

Premesse assai coraggiose, che si concretizzano ancora di più nella lunghissima prefazione, in cui la protagonista atterra su un gigantesco pianeta e, proprio tramite l'insperata guida del cubo, riesce a raggiungere una bizzarra struttura. Caratterizzata da un sontuoso stile barocco, la costruzione si estende lungo la superficie dell'intero pianeta. Il senso di alienazione e sorpresa di En va di pari passo con il nostro stupore, che si trasforma lentamente in inquietudine quando cominciamo ad osservare le dinamiche del palazzo. Quest'ultimo, infatti, sembra soggiacere a regole ben precise, alternando fasi di luce a brevi blackout. Circondata da masse informi che ad ogni "ciclo" assumono sembianze sempre più concrete, En si rende presto conto che quel processo serve a generare delle copie di sé stessa. Sempre più perfezionati a ogni fase, questi esseri si rivelano presto dei perfetti cloni della protagonista.

Sparare dovrebbe essere sempre l'ultima opzione: i cloni imparano proprio tutto.

L'impianto ludico prende vita proprio da queste premesse, mettendoci contro un esercito di cloni, da superare preferibilmente in maniera silenziosa. ECHO comincia a stabilire le proprie regole lanciando qualche fugace indizio: le varie copie disseminate nel palazzo non si limitano a inseguire la protagonista, lo fanno utilizzando le sue mosse. Il tutto avviene in maniera ciclica e straniante: durante le fasi di luce, la magione registra i movimenti di EN, così, dopo ogni blackout, i cloni ne imitano le movenze. Per contrastare l'inquietante minaccia, abbiamo a disposizione una misera pistola laser, da ricaricare spessissimo tramite fonti energetiche sparse un po' ovunque, e una sorta di sonar, che ci permette di sondare l'ambiente circostante e abbozzarne un accenno di mappa. Il tutto è legato a delle celle di energia, anch'esse da ricaricare, che ci serviranno anche per produrci in salti da grosse altezze.

Il gameplay si rivela estremamente severo, ma al tempo stesso ci dona un'impressionante numero si possibilità. Se in un passaggio ci siamo acquattati di continuo, i nemici faranno altrettanto nella fase successiva. La stessa cosa avviene con l'uso della pistola o della corsa. Per fortuna, nei brevi momenti di oscurità, potremo dare sfogo alla nostra frustrazione repressa, sparando, strattonando e correndo, senza che nulla venga captato. Di fatto, i vari cloni usano le nostre movenze, ma questo si limita solo al ciclo precedente. Non hanno una memoria cumulativa e ciò rappresenta l'arma più efficace per sconfiggerli. 

Nascondiamoci spesso e le nostre nemesi faranno altrettanto.

In uno o più passaggi possiamo usare la riluttanza dei cloni a passare sull'acqua (eccetto nei cicli nei quali hanno imparato a farlo). Idem riguardo l'apertura delle porte, le uccisioni silenziose o gli spintoni. Se in un ciclo di luce abbiamo sparato come forsennati e attraversato superfici bagnate, in quello successivo le nostre copie non avranno alcuna paura a toccare l'acqua e useranno la pistola senza indugio. Almeno fino al successivo blackout. E così, in una ciclica giostra fatta di oscurità e luce, ECHO ci trascina in ogni angolo del palazzo, il cui design è splendidamente asservito alle dinamiche ludiche di cui vi ho parlato.

Realizzata con un gusto architettonico barocco ed elegante, la grafica di ECHO è purtroppo fiaccata da diversi cali di frame rate e una scarsa varietà degli scenari. Questo non inficia un art design livido e ricercato, che si distende lungo un budello di algidi corridoi, avvolti da pregevoli effetti di luce e rifrazione. La protagonista, leggermente legnosa nelle movenze, è comunque rappresentata con una notevole stilizzazione anatomica, dalle lunghe e affusolatissime gambe, al pallore cinereo del volto. La gigantesca struttura che fa da teatro alle vicende rifulge come un palazzo ottocentesco, in una visione anacronistica di indubbio fascino.

ECHO sa essere estremamente difficile, in molti punti persino frustrante. A peggiorare la situazione concorrono dei checkpoint poco indulgenti e dei caricamenti piuttosto lunghi. Tuttavia, il fascino spietato delle nostre nemesi, il loro incedere implacabile, la consapevolezza di dover agire sempre pensando alla fase successiva rendono ECHO una produzione unica. Un'esperienza claustrofobica e affascinante, sorretta da una narrazione solo in apparenza intellegibile e da uno scheletro di gioco che ci avviluppa impietosamente, trascinandoci nelle spirali della nostra psiche.

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Ho giocato a ECHO su PlayStation 4 grazie a un codice fornitomi direttamente dal distributore. Ho registrato oltre otto ore di gioco, il tutto senza calcolare le numerose dipartite (e gli infiniti caricamenti). In caso di grande frustrazione, si può tranquillamente abbassare la difficoltà a "facile" - che poi facile non lo è affatto - senza sentirsi degli inetti. ECHO è disponibile anche su PC e Xbox One.

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